Benetton e Autostrade, la lezione di Pareto
Capitalismo coraggioso
Chi
abbia tempo e voglia deve leggere le Cronache, rubrica che
Vilfredo Pareto scriveva più di un secolo fa per il “ Giornale degli Economisti”.
Per quale ragione? Per capire meglio il
senso del “caso” Benetton e di Autostrade.
Maggioranza
e Opposizione si accapigliano in modo ridicolo sulla revoca, tesi condivisa a
grandi linee da destra a sinistra. E per quale motivo? Per compiacere quelle masse di imbecilli che come il famigerato marito autolesionista si illudono, infierendo sui Benetton, di fare un dispetto al capitalismo, la gallina dalle uova d'oro...
Se
si dà uno sguardo ai giornali si parla erroneamente di esproprio (ma una concessione può essere revocata,
non espropriata), di fantastici guadagni in borsa dei titoli Atlantia (può
darsi, ma i Benetton devono ancora
recuperare soldi per le precedenti cadute…), nonché di altre amenità, per placare, come
scrivevamo ieri, la tersitea bestia populista, anticapitalista e antiliberale. Tutta "gente" che alla gallina dalle uova d'oro tirerebbe il collo...
E
qui torniamo alle Cronache di Pareto,
in cui il grande economista e sociologo quasi godeva nel prendere in giro certi finti liberali italiani
che si proclamavano tali, senza però rinunciare al protezionismo doganale, alle
lucrose concessioni pubbliche, eccetera, eccetera. Alle pastette con stato e governo insomma.
Oggi,
nella rete polemica di un Pareto
redivivo non potrebbe non incorrere la
famiglia Benetton, che a dire il vero, tanto ha dato all’Italia fin quando ha
privilegiato il suo core business, quello tessile. Dopo
di che ha però diversificato, affiancando investimenti in altre attività, scivolando così sul pericoloso terreno del pubblico-privato,
come nel caso delle concessioni autostradali. Comportandosi esattamente come quei
capitalisti fine Ottocento crocifissi da Pareto: pochi (si fa per dire), maledetti
(dallo stato) e subito (nel senso di sicuri).
Difendere
la famiglia Benetton, come scrivevamo
alcuni giorni fa, significa però anche difendere
i Benetton Atto Primo: l’eroica e
creativa impresa che ha reso l’Italia economicamente importante nel mondo. Sull’Atto Secondo sospendiamo invece il giudizio, anche perché,
se è vero, come sostengono i suoi avvocati, che sul crollo del ponte di Genova esistono precise responsabilità dello Stato, è altrettanto vero, che la famiglia
Benetton, avrebbe dovuto rifiutare qualsiasi trattativa, per andare fino in fondo cercando di ottenere giustizia.
Accettando
la transazione si è invece arresa al mondo
degli imbrogli ermeneutici (a voler essere buoni) tra pubblico e privato. E soprattutto, cosa importantissima, ha perso l’occasione per
intraprendere una sana battaglia liberale gradita a un gigante del pensiero come Pareto. E che tanto farebbe bene all'economia italiana.
Il
vero problema è il sistema delle concessioni, cosa che destra e sinistra - vero e indiviso concentrato di populismo e statalismo - non vogliono, anzi non possono comprendere. Sicché la famiglia Benetton, accettando
la transazione si rende complice - ora sì - quantomeno
moralmente di un sistema statalista corrotto e illiberale.
Quali
sono in sintesi le proposte del Governo
e dell’Opposizione? La gestione
pubblica, via Cassa Depositi e
Prestiti o qualche pastetta con altri
concessionari privati. Capito? Stato o nuove clausole a gogò, artatamente confuse quanto le precedenti. Roba da pazzi. In un sistema liberale si privatizzerebbe l’intera rete, costi quel che costi, aprendo se necessario a
imprese estere. E invece sembrano essere tutti d’accordo sulla
spartizione delle spoglie, magari lasciando qualche briciola ai Benetton Atto Secondo.
Ciò che è peggio è che sono a rischio i soldi degli italiani. Solo per dirne una: Poste Italiane - o detto
altrimenti la casa madre dei depositi
degli italiani, dalla nonnina al commerciante - possiede una quota di controllo non indifferente della Cassa Depositi e Prestiti.
Di
sicuro, la campagna di stampa contro la
famiglia Benetton ha raggiunto livelli inauditi. Il che spiega un nostro precedente articolo in sua difesa. Che rivendichiamo.
Però,
ecco il punto, a torto o ragione, quando si è aggrediti con tale veemenza, ci si deve battere in tribunale fino in fondo. E cosa,
fondamentale, cercando di mettere in
luce, politicamente parlando, la natura giuridicamente imbrogliata e cripto-corruttiva del sistema delle
concessioni.
Ecco l’unico vero mea culpa che i Benetton dovrebbero fare: quello di essersi
mescolati alle burocrazie governative e statali. Insomma, mai accontentarsi, fatte le debite
proporzioni, del famigerato piatto di lenticchie. Il capitalismo ha necessità, a torto o ragione, di
coraggiosi capitani d’industria, anche a
rischio di essere impopolari.
Vendere cara la pelle. Sempre. Il che, ripetiamo, fa bene al liberalismo, alle imprese e al capitalismo. Pareto docet.
Carlo Gambescia
Vendere cara la pelle. Sempre. Il che, ripetiamo, fa bene al liberalismo, alle imprese e al capitalismo. Pareto docet.
Carlo Gambescia