I
neofascisti giustificano tuttora la
scelta di Mussolini
10 giugno 1940, trionfo del bellicismo fascista
Nel mese di giugno la
stampa neofascista (pardon, sovranista), digitale e non, ha ricordato, arrampicandosi sulle giustificazioni,
gli ottant’anni dell’entrata in guerra di Mussolini (10 giugno 1940). Guerra fascista, attenzione, non guerra italiana, come invece tentano di presentarla i nostalgici del Duce che oggi portano all'occhiello la coccardina sovranista.
Certo,
dal punto di vista della storia degli eventi, in particolare politici, poiché
nessun dittatore governa mai da solo (esistono burocrazie e apparati), resta
sempre possibile ridefinire, a livello
di microstorie, le cause efficienti politiche di una decisione, come quella di entrare in guerra. Magari
individuando le continuità e discontinuità nella catena di comando, eccetera,
eccetera. Braudel, grande storico francese,
distingueva però tra storia degli eventi
(di regola politici) e storia delle strutture (economiche e ambientali),
mai dimenticando, sul piano delle
mentalità, l’importante ruolo storico delle ideologie.
Ora,
sotto questo profilo l’ideologia fascista, a differenza di quella liberale
e socialista, fu di nome e di fatto bellicista. Certo, sono esistiti anche un imperialismo liberale e socialista, ma come
appendici sociologiche ( o meglio metapolitiche) di una volontà, discutibile o
meno, di miglioramento delle sorti dell’umanità
nel suo complesso. Che poi, nella realtà, gli ideali liberali e socialisti si
siano scontrati con le regolarità della politica, ad esempio il concetto di
egemonia, è un fatto che non inficia,
per così dire, le buone intenzioni liberali e socialiste.
Il
fascismo - come pure il nazismo - fu
invece bellicista allo stato puro: in ciò esso
fu erede dell’ubriacatura
nazionalista, votatasi a saldare nazione e reazione, ubriacatura che si prolungò ben oltre la Prima guerra mondiale, traducendosi nella guerra fascista del "sangue contro l'oro, che nulla aveva in comune con l'umanitarismo del socialismo risorgimentale. Un'ideologia, apertamente bellicista che oggi fa di nuovo capolino sotto il nome,
più light, di sovranismo, che per ora combatte Unione Europea e immigrazione, usando però lo stesso vocabolario, antiliberale e antisocialista, dei movimenti nazionalisti e fascisti.
Nonostante ciò, alcuni
storici revisionisti ritengono che all'ideologia fascista e nazista, per colpevole spirito di fazione, non venga riconosciuta alcuna “buona intenzione”, cosa che invece accadrebbe nei riguardi delle correnti liberali e socialiste.
Si
rifletta però. Al netto di certo spirito propagandistico, all’insegna come si
dice oggi, criticandolo (soprattutto a
destra) del “politicamente corretto”, dove
sono, anzi dove erano le buone intenzioni? Se, ad esempio, nel
suo Preludio a Machiavelli (1924 *),
Mussolini, teorizzò la forza, in chiave nazionalista e statolatrica, come mezzo esclusivo e risolutivo del conflitto politico interno ed esterno? Altro che discorso pubblico liberale…
Certo,
le tesi “umanitaristiche” di liberalismo
e socialismo possono essere criticate, però, cosa che non si può negare, e che
comunque rappresenta un notevole presupposto etico-politico ( assente nel
fascismo e nel nazismo e che in politica gioca comunque un ruolo
frenante), liberali e socialisti
non teorizzano il bellicismo puro e l’uso della forza come normale
strumento di governo esterno e interno.
Il che, invece, per il realismo politico
criminogeno neofascista resta segno di grave debolezza… (**).
Perciò
fu guerra fascista, assolutamente fascista,
che può essere giustificata solo da coloro che condividono tuttora, magari nascondendosi
dietro la foglia di fico del sovranismo, i presupposti bellicisti del fascismo.
Un
Paese liberale, sarebbe entrato in guerra contro Hitler, ma tirato per i
capelli, come fu per la Gran Bretagna.
E mai avrebbe invaso a freddo la
Francia , che tanta parte ebbe nel nostro Risorgimento.
Quindi,
ripetiamo, fu guerra fascista, assolutamente fascista. Che c’è da giustificare?
Carlo Gambescia
(*) Benito Mussolini, Opera Omnia, edizione a cura di Edoardo. e Duilio Susmel, La Fenice, Firenze, vol. XX, pp. 251-254. Abbiamo approfondito il punto nella nostra introduzione a Gaetano Mosca, Il Principe di Machiavelli quattro secoli dopo la morte del suo autore, Edizioni il Foglio, Piombino (LI) 2017, pp. 19-21, 25-26.
(**) Sul realismo politico criminogeno si veda Carlo Gambescia, Il grattacielo e il formichiere. Sociologia del realismo politico, Edizioni Il Foglio 2019, Pimbino (LI), pp. 41-64.