Un caso di infantilismo politico
Si leggano prima
i contenuti di una polemica, che sembra di scarso interesse, ma che in realtà
riassume bene l’infantilismo politico che purtroppo contraddistingue ciò che resta del discorso pubblico
italiano.
«"I valori di
una certa sinistra che fu, quella di Berlinguer, del lavoro, degli artigiani,
sono stati raccolti dalla Lega: se il Pd chiude Botteghe oscure e la Lega riapre io sono contento,
è un bel segnale". Così Matteo Salvini, parlando all''Aria che tira' su La7, a
proposito della nuova sede della Lega a Roma, in via delle Botteghe Oscure, di
fronte alla ex sede del Pci. Parole, quelle del leader della Lega, che provocano la
reazione del Pd, a cominciare dal segretario, Nicola Zingaretti. "Mi
dicono che Salvini si sia paragonato a Berlinguer. Che pena...
#chiamateil118"., scrive su Facebook. Il post su Fb di Zingaretti. "Non sono mai stato un militante del Pci ma pensare
che Salvini paragoni la Lega
al partito di Berlinguer mi fa indignare", scrive su Twitter il presidente
dei senatori dem, Andrea Marcucci. "È la seconda volta in pochi mesi che Salvini parla del Pci e di Berlinguer. Questa volta addirittura ipotizza un passaggio di testimone alla Lega. Lasci perdere. Non conosce i valori, non conosce la storia e il senso delle istituzioni di Berlinguer se lo sogna", scrive su Twitter la senatrice del Pd, Anna Rossomando. Attacca anche Leu: "A Matteo Salvini il caldo dà alla testa. Paragonarsi a Berlinguer e accostare la sua Lega, un partito xenofobo e infarcito di ex fascisti e riciclati al PCI è semplicemente ridicolo", afferma il portavoce nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. "Oltre che offensivo - prosegue l'esponente di Leu - nei confronti della storia e della memoria di questo Paese. Torni al Papeete a bersi un moijto- conclude Fratoianni - e lasci in pace Berlinguer"».
Qual è il succo ? Un partito
che si dichiara liberale, o comunque anticomunista, come la Lega ,
contende al Pd, partito post comunista, l’eredità politica di Enrico
Berlinguer: uno scandaloso lascito ideologico che rimanda, nella migliore delle ipotesi, a una
visione, che oggi si potrebbe chiamare cinese, segnata da un illiberale capitalismo di stato.
Da
notare, infatti, come i dirigenti del
Pd, non entrino nel merito: le repliche, al di là del richiamo impolitico all’onestà, sono generiche. Per quale ragione? Perché Berlinguer
non aveva mai fatto pace con il capitalismo, o se si vuole con la società aperta. Un sistema iniquo, così lo vedeva, che a suo avviso doveva essere
superato attraverso una serie di riforme di struttura che
gradualmente avrebbero sostituito al capitalismo privato il capitalismo di stato, via espansione del settore pubblico e
delle imprese controllate, al quale
sarebbe seguito il socialismo di stato, che infine avrebbe lasciato il posto
al comunismo vero e proprio. Un programmino politico non proprio hayekiano...
Berlinguer,
evitò sempre, e accuratamente, la trasformazione del Pci in partito socialdemocratico. Egli rimase fieramente anticapitalista per tutta la sua
esistenza: libero mercato e liberi consumi non erano nelle sue corde. L’austerità, scaturita dalla crisi
petrolifera degli anni Settanta per Berlinguer doveva rappresentare la splendida occasione per
introdurre elementi di socialismo in Italia, addirittura secondo il modello
sociale del Vietnam unificato sotto la bandiera rossa del comunismo (*).
Ideali
(per così dire), alla luce della storia, indifendibili. Il che spiega il silenzio interessato, se
non furbo, dei dirigenti del Pd, tesi a tenere ben nascosti i famigerati scheletri ideologici nell'armadio. Salvo qualche puntatina sul santino di Berlinguer come Padre Pio.
E invece Salvini sguazza nella cosa. Si atteggia "a sociale", come non pochi fascisti di sinistra. E qui dovrebbe accendersi la spia rossa. E spieghiamo subito perché.
Ora,
che il leader di un partito, come la Lega, che si professa liberale e anticomunista, che vuole catturare i voti delle cosiddette partite Iva, designi
Berlinguer tra i suoi referenti ideologici è sicuramente indice di assoluta ignoranza politica, frutto di
una mentalità politicamente infantile, distinta da scarsa maturità intellettuale. O comunque, cosa non meno preoccupante, Salvini, rivendicando l'eredità berlingueriana, prova di essere prigioniero, più o meno consapevole, di una visione arcaica della politica, non meno infantile, segnata dal peggiore populismo criptofascista di caccia al voto del minus habens politico.
Tutto chiaro? Pare di no. Perché di questo si discute: della "preziosa" eredità del dinosauro politico Enrico Berlinguer. E su questo ci si divide. Che malinconia.
Carlo Gambescia
(*)
Sul punto si veda qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/archeopolitica-italiana-salvini.html .