Ora la dittatura sanitaria non piace più
alla destra populista
Appello ai liberali coraggiosi
Che
brutto ritrovarsi in cattiva compagnia. Chi scrive fin dall’inizio ha avversato
la pandemia psico-politica che ha
condotto l’Italia a passi da gigante
verso una crisi economica e sociale che nei prossimi mesi rischia di farsi
ancora più dura. In marzo, con Carlo Pompei, sulle pagine di “Linea”
ci siamo trovati da soli a contestare la svolta autoritaria imposta da
un governo populista di sinistra, in perfetto accordo
con l’opposizione populista di destra, che pretendeva addirittura misure
sociali ancora più restrittive.
Ora
però la destra populista ha ripreso fiato, e facendo finta di nulla, parla, accusando la sinistra, di dittatura sanitaria. E così, con Carlo
Pompei, per così dire, ci ritroviamo, in compagnia di questi buffoni, finti difensori della
libertà. Per non parlare dell’inquietante
arcipelago complottista, che va da destra a sinistra, per il quale ogni occasione
è buona per buttarla in caciara
(come si dice a Roma).
Qual
è il punto di discrimine tra “Linea” e
tutti gli altri? Che sulle pagine di “Linea” si ragiona e si argomenta e soprattutto si ritiene che la libertà, in
tutte le sue forme, sia un valore fondamentale,
non negoziabile. Come, altra questione di regola ignorata dai populisti
ma discussa su “Linea”, che lo stato sia
una cosa il governo un’altra. Ovviamente parliamo di uno stato non oppressivo che
non va assolutamente visto come
terra di conquista, puntando furbamente sul voto di scambio e finanziamenti pubblici a
questo e quello per rafforzare il controllo statal-governativo sulla gente. Detto in breve: i governi passano lo stato resta. Ecco cosa significa terzietà dello stato. Insomma, amministrazione indipendente dalla politica.
E invece i populisti (tutti) vedono nello stato una specie di randello da usare contro le opposizioni per relegarle nell’angolo in nome
del popolo e così imbrigliare l’elettorato ricorrendo alla patriarcale politica del
bastone e della carota. Siamo davanti alla classica e pericolosa confusione totalitaria tra stato e partito.
Lo stato invece deve essere terzo e deve avere vita propria, modesta ma vita propria, non al servizio di questa o quella maggioranza oppressiva. Quindi lo stato deve occuparsi, come teorizzava Adam Smith, di poche cose, (difesa, infrastrutture, lotta al crimine) senza invadere la sfera della libertà individuale. Ad esempio, in Svezia, dove stato e governo da sempre sono tenuti distinti (anche durante il lungo predominio socialdemocratico), in Svezia dicevamo, come ha mostrato Carlo Pompei su “Linea”, il governo in qualche misura non ha potuto (e anche voluto) adottare misure restrittive contro l’epidemia come in Italia. Risultato? Senza distruggere l’economia la Svezia ha avuto più o meno il nostro stesso numero di morti.
Lo stato invece deve essere terzo e deve avere vita propria, modesta ma vita propria, non al servizio di questa o quella maggioranza oppressiva. Quindi lo stato deve occuparsi, come teorizzava Adam Smith, di poche cose, (difesa, infrastrutture, lotta al crimine) senza invadere la sfera della libertà individuale. Ad esempio, in Svezia, dove stato e governo da sempre sono tenuti distinti (anche durante il lungo predominio socialdemocratico), in Svezia dicevamo, come ha mostrato Carlo Pompei su “Linea”, il governo in qualche misura non ha potuto (e anche voluto) adottare misure restrittive contro l’epidemia come in Italia. Risultato? Senza distruggere l’economia la Svezia ha avuto più o meno il nostro stesso numero di morti.
Per
contro, populisti di sinistra e di
destra scorgono nello stato il proseguimento del governo. L’idea di dittatura sanitaria, idea costruttivista per eccellenza, fortemente limitatrice della libertà
individuale, in questi giorni occasionalmente avversata dai populisti di destra (leghisti,
postfascisti e neofascisti), non è altro che il prolungamento di una specie di
oppressivo socialismo di stato, di
natura welfarista, che non distingue tra
stato e governo: socialismo che a sinistra è internazionalista a destra
nazionalista.
Per
uscire dall' impasse politica, che vede il populismo statalista dominare a destra e sinistra l’agenda politica, andrebbe riscoperta l’ idea liberale (non liberalsocialista o “liberal”,
approccio anch’esso populista-statalista ).
Ma dove sono i veri
liberali italiani? A noi piacerebbe, che
insieme ad altri profughi della libertà, i refrattari al welfare dolciastro dei populisti si
raccogliessero tutti intorno a “Linea”. Sarebbe una buona battaglia contro la dittatura sanitaria, in nome non di
una visione altrettanto illiberale come quella dei populisti di destra, che ora
protestano, per agguantare il potere, ma in nome della libertà, che è libertà anche
di scegliere, paradossalmente, anche di che morte morire. E per fare una scelta del genere ci vuole coraggio. Sicché non solo si deve essere liberali, ma
anche coraggiosi. Il nostro perciò, se non fosse ancora chiaro, è un appello ai liberali coraggiosi.
Carlo Gambescia