domenica 26 luglio 2020

Marcello Veneziani, il nemico della  “buona destra”


Oggi sulla “Verità”, fogliaccio razzista, Veneziani sostiene che  l’idea della “buona destra” è messa in giro dalla sinistra, ogni volta che la destra potrebbe vincere le elezioni. In effetti, all’interno della dialettica tra destra e sinistra, può rilevarsi, con finalità  polemiche,   il ricorrente  tentativo di delegittimazione reciproca. Per capirsi, la destra accusa la sinistra di comunismo, la sinistra accusa la destra di fascismo, e così via.
Però, ecco il punto, Veneziani, da sempre  profondamente  legato alla cultura  del Ventennio e al filone reazionario nemico della modernità, non ha gli strumenti per comprendere la società aperta. Si potrebbe dire che neppure è colpa sua. È culturalmente fatto così.  Fin da giovane  non si è mai  posto la preoccupazione di studiare e conoscere  il pensiero liberale, se non attraverso la lente dei nemici del liberalismo.  Come del resto la maggior parte degli intellettuali che provengono dalla destra neofascista.
Pertanto, se è vero che la sinistra, soprattutto certa sinistra, ancora prigioniera del  passato di un  illusione (comunista, neocomunista, postcomunista), fenomeno ben ricostruito da Furet,  usa strumentalmente l’idea di  “buona destra”,  è altrettanto vero che una “buona destra” non può non che essere  liberale, con tutto quello che di positivo ne segue: difesa dei diritti civili (sposo chi dico io); della libertà di mercato (faccio impresa come e quando desidero);  della tolleranza verso l’altro, soprattutto se “diverso” (per razza,  preferenza sessuale, eccetera).
Chi, come Veneziani,  sia tuttora prigioniero della mitologia culturale della “tentazione fascista”,  ben studiata da Kunnas,  non può che fermarsi a metà del cammino (forse pure a meno della metà), nel senso che nell’idea di  “buona destra” egli  scorge solo  ( e in parte è vero), un marchingegno ideologico della sinistra per penalizzare la destra. Ignorando invece le potenzialità racchiuse nell'idea di società aperta.  
Come insegna Sternhell, in  molti intellettuali antimoderni,  prigionieri invece dell' illusione del passato, il duplice rifiuto, peraltro scontato,  del  marxismo  e del liberalismo  rischia di spianare la strada all’avventurismo politico e fascistoide.
Di qui la pericolosità delle tesi di Marcello Veneziani. 

Carlo Gambescia