Marcello Veneziani, il nemico della “buona destra”
Oggi
sulla “Verità”, fogliaccio razzista, Veneziani sostiene che l’idea della “buona destra” è messa in giro
dalla sinistra, ogni volta che la destra potrebbe vincere le elezioni. In
effetti, all’interno della dialettica tra destra e sinistra, può rilevarsi, con
finalità polemiche, il
ricorrente tentativo di delegittimazione
reciproca. Per capirsi, la destra accusa la sinistra di comunismo, la sinistra
accusa la destra di fascismo, e così via.
Però,
ecco il punto, Veneziani, da sempre profondamente legato alla cultura del Ventennio e al filone reazionario nemico
della modernità, non ha gli strumenti per comprendere la società aperta. Si
potrebbe dire che neppure è colpa sua. È culturalmente fatto così. Fin da giovane non si è mai posto la preoccupazione di studiare e conoscere il pensiero liberale, se non
attraverso la lente dei nemici del liberalismo. Come del resto la maggior parte
degli intellettuali che provengono dalla destra neofascista.
Pertanto,
se è vero che la sinistra, soprattutto certa sinistra, ancora prigioniera del passato di un illusione (comunista, neocomunista, postcomunista), fenomeno ben ricostruito da
Furet, usa strumentalmente l’idea di “buona destra”, è altrettanto vero che una “buona destra” non
può non che essere liberale, con tutto
quello che di positivo ne segue: difesa dei diritti civili (sposo chi dico io); della libertà di mercato (faccio impresa come e quando desidero); della tolleranza verso l’altro, soprattutto se
“diverso” (per razza, preferenza
sessuale, eccetera).
Chi,
come Veneziani, sia tuttora prigioniero
della mitologia culturale della “tentazione fascista”, ben studiata da Kunnas, non può che fermarsi a metà del cammino (forse
pure a meno della metà), nel senso che nell’idea di “buona destra” egli scorge solo
( e in parte è vero), un marchingegno ideologico della sinistra per
penalizzare la destra. Ignorando invece le potenzialità racchiuse nell'idea di società aperta.
Come
insegna Sternhell, in molti
intellettuali antimoderni, prigionieri invece dell' illusione del passato, il duplice rifiuto, peraltro scontato, del
marxismo e del liberalismo rischia
di spianare la strada all’avventurismo politico e fascistoide.
Di qui la pericolosità delle tesi di Marcello Veneziani.
Di qui la pericolosità delle tesi di Marcello Veneziani.
Carlo Gambescia