La scomparsa del padre (musicale) del
western spaghetti
Il successo di Ennio Morricone, una spiegazione
Che
cos’è il successo? Nella società di
massa è “popolarità”, cioè notorietà
diffusa, nel senso che un artista è conosciuto capillarmente da tutti, al di là quindi delle naturali barriere culturali e sociali. Il "successo è democratico", si dice.
Ennio Morricone godeva di una grande popolarità, non solo in Italia, per aver
legato la sua fortuna musicale al cinema, potentissimo veicolo di notorietà
diffusa.
Si
dirà, come mai lui e non altri?
Morricone, stando al giudizio degli specialisti, aveva il dono della
facilità e versatilità espressiva, che gli consentiva di comporre musiche capaci - per capirsi - di essere fischiettate da tutti. Di qui, la sua fama, inizialmente
legata, al “ western spaghetti ”, un genere popolarissimo che grazie a Sergio Leone finì
per riconquistare anche agli americani, i quali cominciarono a guardare con
interesse a un compositore, che, con le sue colonne sonore più
che accompagnare sovrastava i film, come imponeva ( e impone) il modello drammaturgico-musicale
di Hollywood, storicamente sopra le righe.
Per
fare un esempio, in Italia, Nino Rota accompagnava, Morricone invece sovrastava,
talvolta incidendo perfino sul parlato. La colonna sonora di Mission, una specie di western retrodatato, quella
alla quale egli teneva di più, resta un
esempio di sovrabbondanza musicale dal fondo tardo romantico, con venature
arcaiche e naturalistiche riprodotte al sintetizzatore. Un pastiche musicale, una specie di gigantesco panettone ripieno di troppi canditi e uvetta passita, per
alcuni critici, indigeribile, e nel caso neppure così orecchiabile. Eppure, Morricone con quel film non
vinse l’Oscar per un soffio, che invece
fece suo nel 2016 con un altro panettone western di Tarantino, ridondante in tutto,
dalle musiche alla sceneggiatura (l’altro Oscar fu alla Carriera, onorario, nel
2007).
Per
compendiare il senso dell' opera di Morricone ( e della conseguente popolarità) è come se gli fosse
riuscito di comporre per quattrocento volte, la colonna sonora del Ponte sul fiume Kwai , in particolare la “Colonel Bogey March”, scritta invece da
altri, pezzo musicalmente mediocre, da dopolavoro, ma ancora oggi molto fischiettato.
Quando si sente, come ieri, la gente comune giulivamente ripetere che Morricone rappresenta una specie di colonna sonora esistenziale, ciò prova per un verso la popolarità del Maestro, per l'altro la natura dozzinale, priva di finezza della sua musica, o se si preferisce la natura "democratica" del suo successo... Tuttavia la democrazia con l'arte, la vera arte, non c'entra nulla.
Insomma, Morricone con Bach, Mozart e Beethoven non ha nulla in comune, come
invece vuole far credere la televisione
pubblica italiana nelle mani di sovranisti
e populisti. Queste cose vanno dette, tacendo si permette alla "gente", vezzeggiata da critici altrettanto impreparati e interessati, di continuare a crogiolarsi nella crassa ignoranza musicale.
Per carità, Morricone, un bravo
artigiano, ci mancherà. Ma la sua, resta musica da cinema. Popolare, democratica, tutto quello si vuole... Ma, sta di fatto, che l’arte è una cosa, il western spaghetti un'altra.
Carlo Gambescia