Unione Europea, l’errore della mancata
parlamentarizzazione
Perché si parla solo di fondi?
Giuseppe Conte non solo prova di non avere alcuna cultura politica, quindi visione. Ma non riesce neppure a ragionare da avvocato civilista, capace di dare il giusto
valore ai denari, soprattutto quando ricevuti in prestito.
Insomma, economicamente parlando, nessun pasto è gratis, quindi l’Italia, che tra
l’altro ha sempre mostrato di sprecare i soldi pubblici non avrebbe, innanzitutto, alcun diritto morale a
soldi extra.
Cari
lettori, prestereste soldi a un parente
che in precedenza ha mostrato che con i denari ricevuti, invece di
pagare i creditori e restituirli, si è concesso un bel giro del mondo in ottanta giorni? Vantandosi, al ritorno, delle bellezze ammirate a spese vostre?
Piaccia o meno, la
situazione è questa. E Conte sembra non voler intendere... Tuttavia, il vero punto è un altro. Storico. E rinvia alla mancata
parlamentarizzazione delle istituzioni europee.
Nel 1979, l’Europa votò per il Parlamento: un’istituzione vista però all'epoca come una specie di ripiego. O peggio ancora, come è avvenuto, una cassa di risonanza dei periodici libretti dei sogni
politico-sociali in chiave welfarista ed ecologista. Il potere di veto, diciamo il potere finale su
tutto, rimase agli stati. Se l’Europa avesse seguito la grandissima
lezione dell’Ottocento liberale, dei Guizot, dei Cavour, dei Peel, dei
Gladstone, il Parlamento europeo sarebbe divenuto, come fu allora, il
fulcro di una magnifica trasformazione politica, certamente conflittuale, non idolore,
ma, attenzione dentro un parlamento capace si esprimere
partiti transnazionali.
Ciò significa che la belva nazionalista, oggi risvegliatasi proprio in seno alle istituzione europee, sarebbe stata addomesticata.
Ciò significa che la belva nazionalista, oggi risvegliatasi proprio in seno alle istituzione europee, sarebbe stata addomesticata.
Di più: il Governo europeo - ora rappresentato da istituzioni come i due Consigli e la Commissione che ricordano come funzionamento la costituzione magnatizia polacca - sarebbe invece divenuto espressione di maggioranze politiche, ovviamente, all’inizio segnate da divisioni regionali, superabili però con il tempo, come insegna l’interessante storia del parlamenti nazionali, oggi dimenticata persino dai liberali, affascinati purtroppo da progetti centralisti o economicisti di stampo socialdemocratico o verde...
A differenza di quel che accade oggi intorno a noi, avremmo avuto un “centralismo” buono, quello del Parlamento Europeo. Invece si scelse la strada, non tanto degli spontanei movimenti economici di mercato, ma di una costruzione dall’alto attraverso istituzioni giustamente impolitiche come la Banca Centrale , che però si sono ritrovate, loro malgrado, a svolgere un ruolo politico. E i risultati non proprio convincenti, sono sotto gli occhi di tutti. Attenzione, in sé l’idea della moneta unica resta ottima, ma doveva essere attuata, dopo la parlamentarizzazione o comunque in parallelo. Comunque sia, la "regola" era ed è di cominciare prima dalla politica, ma in chiave liberale secondo la grande tradizione europea, per poi affrontare le questioni economiche.
Un altro gravissimo errore è stato quello di aprire alle nazioni dell’Est prive di solide tradizioni parlamentari e liberali. Di allargare l’Europa anzitempo ai nemici dell’idea della democrazia rappresentativa. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Oggi le prime pagine dei quotidiani italiani più importanti si diffondono sul confronto tra Italia e Olanda circa il ruolo della Commissione in materia di fondi straordinari. Cioè si continua a discutere non di politica ma di economia. Come però? Rispolverando, da un lato, i vecchi e pericolosi luoghi comuni del nazionalismo, e dall’altro, evocando una solidarietà politica che avrebbe avuto senso solo nell’ambito di una Costituzione Europea con al centro il Parlamento Europeo. Purtroppo siamo davanti a un’idea ormai abbandonata. E cosa peggiore, lasciata andare in nome di una democrazia diretta che ha ucciso, con i referendum confermativi, applauditi dalle belve nazionaliste, la democrazia rappresentativa.
Altra prova che la democrazia diretta non funziona perché prigioniera dell’emotività xenofoba. I parlamenti sono le uniche sedi in cui popoli possono essere rappresentati. Anzi vi “devono” essere rappresentati. E per il bene di tutti, a cominciare dai popoli stessi, spesso portatori inconsapevoli del tremendo virus della democrazia emotiva.
Siamo partiti troppo da lontano? Diciamo pure che discutere di bilanci e fondi senza sapere perché si discuta solo di bilanci e fondi non aiuta a capire gli errori, in primis quello della mancata parlamentarizzazione, di cui è costellata la storia della pseudo-unificazione europea. E non usiamo il termine a caso.
Carlo Gambescia