martedì 14 marzo 2017

La crisi della democrazia
Dove sono i nuovi  Roosevelt,  Churchill, de Gaulle?
       
           

Gli analisti seri  sanno bene  che il principale problema delle democrazie moderne è  la difficoltà di formare classi politiche capaci. Sembra incredibile, ma  in un sistema, dove la circolazione delle élites  è favorita  in linea di principio e in buona  misura anche di fatto, si assiste,  a parte qualche eccezione,  alla selezione se non proprio dei peggiori, sicuramente dei meno capaci.
Il punto è che non basta la preparazione tecnica, anch’essa, nonostante tutto, inadeguata, e che comunque, come vedremo, rinvia alla routine burocratica. La "decisione politica" impone finezza, visione, senso del compromesso, ma anche, quando necessario, volontà di forzare gli eventi, quale capacità di rompere gli schemi.
Ora, che tali doti non possano appartenere a tutti e che la burocrazia debba essere fondata sulla reiterazione è un dato di fatto.  Quel che però non può essere accettato, perché pericoloso, è l'estensione, come fosse la norma,  del comportamento burocratico a  livello politico. Nel senso - precisiamo -  di una applicazione routinaria del noto all’ignoto, vincolata alla  ripetizione di comportamenti standardizzati,  in attesa che il noto,  sotto le forme della tempesta politica,  passi, permettendo alle acque della vita sociale di  tornare calme.
Il burocrate è  ripetitivo, il vero politico,  creativo; il burocrate, guarda al passato, il politico al futuro; il burocrate teme l’ignoto, il politico lo sfida.  Ciò non significa che il vero politico  debba perseguire il nuovo per se stesso  e rifiutare la lezione del passato. Tutt'altro,  si tratta di individuare il giusto equilibrio, tra i due aspetti:  il che non può non  implicare, quando necessaria, la rottura di  vischiose convenzioni.  Ecco perché servono visione e senso politico. In qualche misura, il gusto della sfida. Che però  impone coraggio, talvolta temerarietà.  Dote, quest'ultima,  sconosciuta al burocrate.
A destra, si imputa l' incapacità  selettiva della democrazia moderna al rifiuto della tradizione e del principio di autorità; a sinistra, al capitalismo e all’antiegualitarismo. Al centro (per semplificare), invece, si finge di ignorare la crisi della classe politica e, come dicevamo, si attende, ogni volta, che la tempesta passi da sola.  In realtà, è la natura burocratica della democrazia, che quanto più si sforza di parlare a tutti, e perciò di mantenere le sue promesse, tanto più necessita di burocrazie, comportamenti prevedibili, regolamentazioni. In qualche modo, la democrazia si risolve in un tremendo sforzo di sostituire -  quindi non di lottare - l’ignoto con il noto. Lottare, vuole dire accettare l’ignoto, invece pretendere di  sostituirlo, e addirittura per sempre,  con il noto, implica, in attesa del “sempre meglio”, la nascita di burocrazie e di comportamenti burocratici, anche a livello politico; comportamenti che gestiscono il noto, come del resto avviene in  ogni gruppo sociale, per auto-perpetuarsi, abbarbicandosi al potere di cui  si dispone.  Il che, privilegia, sul piano della circolazione delle élites, semplificando, il burocrate al creativo, oppure, dal punto di vista del carattere sociale l'etero-diretto rispetto all'auto-diretto, per usare una terminologia sociologica classica. Pertanto, riteniamo sia difficile  per  la democrazia moderna  superare l' impasse. 
Difficile, non impossibile. Infatti, se si esce dall'ambito della riflessione sociologica,  per ripercorrere la storia della democrazia moderna, si scopre, che nel suo momento di maggior crisi (1914-1945), nonostante l’inadeguatezza, come dire, “media” delle classi politiche, la democrazia  riuscì a risollevarsi, grazie alla presenza di uomini eccezionali, come Roosevelt, Churchill, de Gaulle, per fare solo i nomi dei più famosi. La crisi della democrazia, venne superata, in chiave volontaristica, grazie ad alcune grandi personalità, due politici di professione e un tecnico di grandissimo valore, che in qualche misura  erano parte, se si vuole prodotte dal  sistema  stesso. E che seppero circondarsi di  persone capaci.
Quindi, ecco il punto, la democrazia burocratica, può esprimere grandi personalità, come qualsiasi altro sistema.  Ciò però  significa che non esiste  un miracoloso  orologio storico in grado di  fissare l’ora  precisa di nascita del grande politico. E che di conseguenza,  il  “messia” può anche  non essere tale. Insomma, che ci si può sbagliare.  Del resto non c’è regola precisa per distinguere i buoni dai cattivi, soprattutto nelle democrazie  dove, confidando nei miracoli (quando e se in buona fede...), ci si appella alle virtù popolo (a parte forse i liberali, neppure tutti, ma questa è un'altra storia... ). In definitiva,  l’unico modo,  democratico,  è quello di far governare il “messia” che si dichiari tale. Ricetta che tuttavia può rivelarsi letale per la democrazia. O comunque ad alto rischio.
Così però va il mondo.  Roosevelt, Churchill, de Gaulle, si rivelarono tali, nel confronto politico e bellico con Hitler. Per tornare ad apprezzare la democrazia, pur con tutti i suoi difetti, l’Europa dovette  lanciarsi, suo malgrado, nel cerchio di fuoco della Seconda guerra mondiale. Oggi potremmo essere sull’orlo di una nuova crisi.  Ma ancora  non si scorgono i nuovi  Roosevelt, Churchill, de Gaulle. E questo è un problema.                 
                               Carlo Gambescia