Henry Kissinger ci ricorda i pericoli di un’ agenda politica digitalizzata
A.A.A. Cercasi capitani coraggiosi
Nell’ultima
fatica di Henry Kissinger, ottimo distillato di scienza politica, Ordine Mondiale, si affronta nell’ultimo capitolo la
ricaduta politica del rapporto
tra la tempistica veloce, anzi velocissima, della comunicazione sui Social
Network e i tempi, molto più lenti, necessariamente lenti, della decisione
politica.
Kissinger,
evidenzia il pericolo di una politica a colpi di tweet, incapace di fissare un' agenda stabile, per rincorrere un' instabile popolarità da
spendere in consenso tanto immediato quanto pronto a volatilizzarsi. A suo avviso, si tratterebbe di una tendenza
strutturale, già incoraggiata, dai mass media classici, che ora però, con
l’avvento dei Social, ha raggiunti livelli un tempo impensabili.
Questa
fissazione dell’agenda dal basso, un basso profondo e oscuro attraversato da
tensioni emotive , temende e inquietanti, implica il rischio di appiattire la politica a
scambio di emozioni estemporanee, come
nei fenomeni di folla. Scrive Kissinger, con un occhio, naturalmente, alla politica estera
“Ciò
che si cerca è l’approvazione (…). Soltanto personalità molto forti sono in
grado di resistere ai giudizi sfavorevoli dei lori pari, aggregati e
amplificati per digitale. La ricerca è quella del consenso, non tanto mediante
scambio di idee, quanto per condivisione di emozioni. E i partecipanti non
possono sottrarsi al senso esaltante di
realizzazione derivante dall’appartenenza a una folla di persone che la pensano
apparentemente nello stesso modo.”
Sicché,
oggi
“L’essenza
della leadership (…) rischia di essere ridotta a una serie di slogan volti a
catturare l’approvazione immediata a breve termine. La politica estera, corre
il rischio di trasformarsi in una sezione della politica interna, invece di
essere un esercizio di costruzione del futuro.”
E
qui si pensi ai tweet di Trump e al ruolo devastante dei populismi politico-digitali. Fenomeni che
possono essere ricondotti all’interno delle coordinate concettuali delineate da
Kissinger. Il quale sembra essere piuttosto pessimista sull’evoluzione del
fenomeno:
“Alla
ricerca di prospettive potrebbe benissimo sostituirsi un inasprimento delle
differenze, il governo mediante esibizione di atteggiamenti studiati. Quando la
diplomazie si tramuta in gesti conformati alle passioni, la ricerca dell’equilibrio
rischia di cedere il passo a una sperimentazioni dei limiti.”
(H.
Kissinger, Ordine Mondiale,
Mondadori, Milano, pp. 356-357)
Tradotto:
il ciclo politico, interno alle democrazie, che proprio perché tali non possono non essere fondate sul consenso,
rischia di trovarsi a subire il peso devastante di un’agenda politica sempre più digitalizzata, a breve termine, e incoerente
con il ciclo diplomatico, economico e
culturale, dai tempi lunghi, la kissingeriana "prospettiva", che rinvia: 1) all’uso della forza come deterrente realistico, e non come fattore fine a se stesso ; 2) all’ economia di
mercato, come motore principale della
crescita economica; 3) ai processi di
modernizzazione, come creazione di un’area franca: una specie di metodo comune,
per così dire “moderno”, - fondato sulla
relativizzazione dei rispettivi valori - grazie al quale le culture possano liberamente continuare a confrontarsi. Quindi forza, economia, cultura, come mezzi e non fini.
Pertanto, andando oltre Kissinger, abbiamo, da un lato i tempi lunghi, fondati sulla comprensione dell’importanza di un ordine aperto,
ragionato e ragionevole, basato sui mezzi, dall’altro i
tempi brevi, legati alla digitalizzazione emotiva delle paure, che conducono
a un ordine chiuso, in qualche misura "finalistico". Per farla breve: potere (della modernità) vs legittimità (democratica), regno dei mezzi contro regno dei fini.
La ricerca del consenso a breve spinge i politici ad assecondare la politica della paura, presentandola come democratica, quindi finalisticamente. I Social non aiutano. Anzi. E, per ora, mancano politici coraggiosi, anche un poco folli, come il mitico capitano Achab, ma dalla parte della modernità e dei suoi "mezzi", in grado di contrastare i pericoli di un' agenda digitalizzata, "democratica" quanto si voglia, ma dalla deriva, nei fini, anti-moderna.
La ricerca del consenso a breve spinge i politici ad assecondare la politica della paura, presentandola come democratica, quindi finalisticamente. I Social non aiutano. Anzi. E, per ora, mancano politici coraggiosi, anche un poco folli, come il mitico capitano Achab, ma dalla parte della modernità e dei suoi "mezzi", in grado di contrastare i pericoli di un' agenda digitalizzata, "democratica" quanto si voglia, ma dalla deriva, nei fini, anti-moderna.
Sicché, perfino il colossale Achab, come Melville insegna, potrebbe non bastare. Probabilmente, i populismi digitali, e di massa, sono il prezzo che si deve pagare alla democrazia. E in qualche misura alle contraddizioni di una modernità, paurosamente sospesa, e da sempre, sul crinale mezzi-fini. In fondo, è la sua caratteristica epocale.
Un prezzo che però potrebbe essere molto elevato. Troppo. D'altronde, Moby Dick non finisce in tragedia?
Un prezzo che però potrebbe essere molto elevato. Troppo. D'altronde, Moby Dick non finisce in tragedia?
Carlo Gambescia