giovedì 19 gennaio 2017

La slavina che ha investito l'Hotel Rigopiano sul Gran Sasso
Turisti, non per caso


Questa mattina,   molto presto, pensavamo ai  turisti bloccati, si parla anche di numerosi morti,  dalla neve  e dal terremoto  nell’albergo sul Gran Sasso.  Quale figura sociale, ci siamo chiesti,  potrebbe oggi rappresentare  l’Italia, e più in generale il  mondo occidentale, se non quella del turista? Si criticano sempre più spesso le élites “globalizzate”, e “nemiche di popolo”, quando in realtà, come mostrano le cifre sui flussi turistici,  anche la gente comune, "il popolo",  appena può viaggia moltissimo. Come del resto provano le stesse variegate tipologie turistiche in voga: turismo culturale, religioso, culinario, sessuale, della memoria, della fitness, eccetera. Sicché  il turista  oggi  è al centro della vita sociale, nel bene e nel male. Si pensi ai  “turisti della neve”  di cui sopra, ai turisti uccisi dai terroristi,  in costume sulla spiaggia, con il gelato sulla promenade,  con  i pacchettini regalo davanti al mercatini di Natale.
Pertanto, il turista di oggi  non è assolutamente turista per caso. Ma è  il prodotto di uno stile di vita vario, indipendente, globalizzato, che può piacere o meno, ma che  è il nostro, perché discende da una cultura delle mobilità, in tutti i sensi: sociale, culturale, economica, professionale, pienamente moderna.
Il lettore però potrebbe pensare:   se è vero quanto fin qui detto, perché una società della mobilità, come la nostra, che va in vacanza in Africa e divora montagne di kebab,  è così diffidente verso gli immigrati?
Perché purtroppo le culture (della mobilità o meno) non sono mai accettate  in tutte le  conseguenze. Sul piano individuale,  il consenso verso  un modello culturale  è  sempre selettivo, nel senso della compatibilità ( o meno) con i modelli di socializzazione ereditati, dominanti, alternativi, nonché vincolato alle previsioni sulle risorse future.  Inoltre, per quel che riguarda il turismo, dal punto di vista dell'antropologia sociale,  si viaggia sempre per tornare:  per tornare dall'ignoto al noto, quindi alle certezze  di sempre.  E cosa turba di più, in senso metaforico,  del pericolo di  ritrovarsi, al ritorno,  in un mondo popolato da alieni e diversi?
Ciò significa che la globalizzazione, anche turistica, non comporta automaticamente, l’apertura incondizionata  verso l’altro.  Implica invece la “coazione” al viaggio e al turismo, fenomeno sociologico, anzi specificatamente sociologico,  che spinge i singoli, attraverso la mediazione dei processi collettivi di formazione delle abitudini,  a  sfidare  il terrorismo o come sul Gran Sasso, persino  i  pericoli della neve e del  terremoto, come un tempo si sfidava il nemico al grido di battaglia.
In fondo, a modo loro, i turisti  sono piccoli eroi, eroi di oggi.  E non per caso.          

Carlo Gambescia                                  


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