La riflessione
Al di là della destra e della sinistra?
Quando
si studia la politica, l’attenzione deve
sempre concentrarsi sui fatti,
non sulle retoriche (o narrazioni, come oggi è di
moda dire…). Si prenda
ad esempio, la retorica sulla fine della destra e della sinistra tornata in voga, nonostante i danni provocati
dai totalitarismi dei partiti unici, sorti nel burrascoso clima anti-parlamentare di fine Ottocento: temperie, per dirla all'antica, che, a guardare bene, risaliva, paradossalmente, al pensiero controrivoluzionario post-1789. Danni che
oggi tutti sembrano aver dimenticato.
La
lezione della storia
Certo,
è vero che destra e sinistra (partitiche) sono due razionalizzazioni di tipo
politico-parlamentare, sorte durante la Rivoluzione Francese ,
ma è altrettanto vero, che le categorie della conservazione e del progresso
(che vanno modernamente e identificarsi con i concetti di destra e sinistra), attraversano tutte le epoche storiche.
Roma,
si divise, praticamente sino alla fine, tra i sostenitori delle antiche virtù repubblicane e quelli di un monarchia militare e
orientalizzante più consona, si riteneva, alle necessità di un Impero, che guardasse
avanti.
Nella
lotta, tra Impero e Papato, l’Impero, guardava al passato, a Roma, il Papato al futuro, al mondo post-romano, anche in
senso oltremondano ("la Città di Dio"). All’interno delle
monarchie nazionali, dei primi secoli dell’età moderna, i difensori dello stato
assoluto, guardavano al futuro, in termini dii sviluppo, già moderno, della potenza economica e militare, mentre i
difensori del Parlamenti (isole politico-giudiziarie di antica inosservanza monarchica), ai passati privilegi
medievali. Le borghesie di toga e
roba, infatti si appoggiarono allo stato assoluto, perché forza
modernizzante, e centralizzatrice dei mercati. Uno stato assoluto che i borghesi prima cercarono di cambiare dall’interno, contro
le aristocrazie feudalizzanti, poi
dall’esterno con le rivoluzioni costituzionali e dei diritti politici.
Particolarmente rappresentativa di quest’ultimo processo è la trasformazione degli Stati Generali, di origine medievale, in assemblea prima rivoluzionaria e poi
costituzionale durante la Rivoluzione francese. Come lo sono del resto le
trasformazioni, però dall’interno (benché dopo una fase rivoluzionaria), della
Monarchia britannica. Si tratta di un fenomeno, in chiave anche di confronto intellettuale tra democrazia degli antichi e dei moderni, che durante l’Ottocento,
riguarderà tutte le monarchie post-assolutistiche.
Le
costanti psicologiche, istituzionali e
politiche
Pertanto
parliamo di categorie - destra, sinistra, conservazione, progresso - esito di costanti psicologiche, istituzionali e politiche. Psicologiche, nel senso
della divisione socio-mentale (pensiamo alla forma mentis), tra chi guardi sempre avanti, e chi si aggrappi al presente
rimpiangendo il passato; Istituzionali, dal momento che le società, a prescindere dalle
retoriche “staticistiche”, sono entità dinamiche (a partire, da quella che
sembra la società più statica della storia: l’Egitto dei Faraoni), nel senso della continua competizione tra gli interessi in gioco, esistenti e in gestazione.
Insomma, siamo davanti a una realtà in continuo movimento, dove valori psicologici e interessi, entrambi istituzionalizzati, finiscono inevitabilmente, nella pratica, per mescolarsi, confliggere, cooperare. Pertanto,
per venire all’oggi, anche all’interno di
un movimento populista, dove si negano le appartenenze classiche a destra e
sinistra, i dirigenti tenderanno sempre a dividersi, proprio partendo da un programma comune anti-parlamentare, in un' ala progressista, nel senso delle
riforme radicali, e in una conservatrice, nel senso del procedere per piccoli
passi o di venire a patti con gruppi e istituzioni
esistenti.
Quanto alle costanti Politiche , rappresentate dal rapporto con il potere, esse mostrano come negli
stessi partiti unici anti-destra e anti-sinistra (fascisti, nazionalsocialisti, comunisti), ci si divida,
regolarmente, tra una parte (quella che detiene il potere), che punta sugli "antichi" ideali politici, e un'altra parte (quella che non detiene il potere), che
propugna, per conquistarlo, gli stessi ideali, ma chiave "modernizzante".
Conclusioni
Riassumendo,
l’esistenza di costanti psicologiche, istituzionali e politiche insegna che la divisione tra destra e sinistra (e tra conservatori e progressisti), ricorre storicamente in ogni schieramento politico. Che poi tale
divisione venga negata è questione puramente retorica. Dal momento, che nei fatti, da un parte essa riflette, la volontà "di non mollare", di una parte politica, quella di coloro che sono al potere, e che
per questo sono liquidati come
conservatori, proprio da coloro ( quando si dice il caso...) che non lo sono ancora. Tuttavia, la stessa sorte toccherà, ai “progressisti”, una volta agguantato
il potere, perché a loro volta verranno attaccati come "conservatori". Si chiama legge di circolazione delle élites politiche. E si tratta di una regolarità metapolitica.
Merito
del liberalismo e del costituzionalismo è quello di aver depotenziato (se si vuole, "civilizzato") in chiave
parlamentare il conflitto tra destra e sinistra, tra conservatori e progressisti,
passando dal conflitto militare a quello
dibattimentale. E questo è stato un piccolo progresso, reale, nei fatti. Non ci si scanna più o comunque di meno. Ovviamente parliamo dell’esperienza dell’Occidente liberale.
Coloro
che negano tutto ciò, desiderano solo abbattere le istituzioni liberali, per
tornare al conflitto militare: ai rapporti di forza, nudi e crudi. Salvo, poi dividersi, nuovamente, in destra e
sinistra (magari con altri nomi, occasionali, legati all’interpretazione della
dottrina “ufficiale”), all’interno però di un regime di tipo assolutista. Senza alcuna
garanzia di tipo liberale e costituzionale.
Carlo
Gambescia
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