domenica 29 gennaio 2017

Il presidente Usa,  per contrastare il pericolo jihadista,  
blocca  gli ingressi   da sette  paesi islamici

La scommessa di Trump



Oggi in Italia, ma un po’ ovunque in Europa,  sembra essere  il giorno ufficiale dell’indignazione contro Trump.  Fino a ieri, in Europa,  nei circoli liberal e catto-socialsiti,  ci si sentiva  tutti messicani (ma questa è un’altra storia…),  oggi gli stessi sono diventati  tutti siriani, libici, iraniani, eccetera.   Per scoprirlo  basta scorrere i titoli dei giornali che contano.
In effetti,  il giro di vite, c’è.   Ma negli Usa  ci sono anche gli  avvocati, le organizzazioni per i diritti civili, giudici sensibili alle questioni sociali: gli Stati Uniti sono un paese libero e democratico.  Perciò  si dovrà  attendere per capire se  Trump perservererà e soprattutto se otterrà dei risultati. E a che prezzo.
Indubbiamente, per dirla con Robert Kagan,  la Presidenza Trump sembra essere iniziata sotto il segno ferrigno di Marte. Il che pare  mettere in imbarazzo un’ Europa  e un’Italia, che ormai da  tempo ( almeno dal 1945 e di sicuro dopo il 1989-1991), giacciono addormentate  tra le voluttuose braccia di Venere. A dire il vero,  in Europa si critica Trump   propugnando gli stessi valori  universalisti, che furono, ideologicamente,  alla  base della vittoria contro Hitler.  Tradotto:  Europa e Italia sarebbero coerenti, gli  Stati Uniti  no.
Ma coerenti fino a che punto?  Un principio, soprattutto in politica, ha sempre un valore relativo, o comunque va rapportato alla realtà e alle sue conseguenze effettuali. In questo caso, chi osteggia le misure anti-Isis  di Trump, ritiene  non così grave questo fenomeno al punto di derogare ai valori universalistici, eccetera, eccetera.  Per contro, chi  difende le misure  ritiene la situazione così grave, o in via di diventarlo, fino  al punto di dover  derogare, eccetera, eccetera. 
Chi ha ragione? Chi torto? Il problema  non  è  morale, come vedremo. Crediamo che, al di là dei giudizi sui fatti (sulla  pericolosità del  nemico jihadista, che però nemico resta), giudizi che possono essere i più differenti,  la diversità  di approccio, per così dire,   sia legata al fatto che gli Stati Uniti sono un paese democratico ma  anche una grande potenza, mentre  l’ Europa è sicuramente democratica ma non  una grande potenza (per non parlare dell’Italia…). Ciò  significa che gli Stati Uniti  possono ricorrere all’uso della spada per difendere la libertà, l’Europa, no.
Giusto? Sbagliato?  Nulla di tutto questo: è  logica politica:  logica  guidata della forza.  Forza che  c’è o non c’è.  E quando c’è, chiunque sia  al potere  si  può  trovare  davanti alla più classica delle decisioni politiche:  se  usarla o meno. Ad esempio, Trump, a differenza di Obama,  sembra disposto a farne uso.  E solo il tempo dirà se il blocco degli ingressi, per ora  da sette  paesi islamici,   è l’inizio di una escalation.
L’Europa per contro, politicamente disunita e militarmente debole,  è costretta a fare di necessità virtù.  Perciò,  non disponendo di alcuna spada, si nasconde dietro il ramoscello d’ulivo.  Il che è moralmente nobile e  motivo  di belle figure nelle varie sedi internazionali,  ma resta molto pericoloso  sul piano politico e dei rapporti di forza: perché  se l’equazione jihadismo uguale nazismo risultasse vera,  come sembra  sostenere il falco Trump,  l’Europa rischierebbe  di fare la fine di tutti i profeti disarmati. E di conseguenza, il  depositario del  vincolo di coerenza di cui sopra,  risulterebbe essere Trump.
Ironie della storia?  Fino a un certo punto.  In fondo, come altre volte nel passato  si  tratta di una scommessa.  Trump,  che,  dalla sua,  ha la forza,  ha accettato di sedersi al tavolo da gioco della storia,  mentre la  debole e disunita Europa, no. Il vero  punto della questione è  tutto qui.                                                          
 Carlo Gambescia           


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