mercoledì 4 gennaio 2017

Grillo  vuole “una giuria popolare per smascherare i media”
Guai a  scherzare con la storia...



Ci sono dei momenti,  in seguito divenuti storici,  in cui nessuno dei contemporanei  si rende conto di quel che sta realmente accadendo.  E soprattutto si  continua a interpretare gli eventi, che portano al precipizio, secondo le  categorie  politiche della normalità sociale, quasi con gaiezza: tanto le cose poi andranno a posto da sole, la ragione prevarrà, eccetera, eccetera.   E invece no. Guai a scherzare con la storia. Perché poi si vendica    
Nel 1922, i fascisti marciarono su Roma: per carità, per molti osservatori, non c'era di che preoccuparsi. I fascisti?  Liberali dalle mani lunghe. Mussolini avrebbe restaurato lo stato di diritto. E tutto  sarebbe andato posto...  E invece gli italiani si sciropparono venti anni di dittatura.
Nel 1940, dopo essersi alleato con i nazisti, Mussolini, entrò in guerra:  pochi morti, poche battaglie,  e, si diceva,  tutto sarebbe tornato come prima, anzi meglio di prima. Inutile ricordare come andò a finire. Alla guerra mondiale seguì la guerra civile. 
Nel 1968, tutti  ad applaudire, felici e contenti, le università illegalmente occupate, i professori picchiati e insultati  nel nome dell’immaginazione al potere.  E invece, di lì a breve, furono “Anni di Piombo”.  Inutile ricordare   la scia di sangue lasciata dietro di sé dal terrorismo.    
Due cose impressionano: 1) leggere che Grillo vuole "una giuria popolare" (tradotto: tribunali del popolo)  per mettere sotto processo,  dopo i politici, gli imprenditori, i sindacalisti, anche  i giornalisti; 2)  che  nessuno reagisca politicamente,  neppure gli interessati, dal momento che reazioni come  evocare  le  querele e il qualunquismo  non  sono  politiche,  per non parlare dei cretini politici che brindano alla "svolta garantista" del M5S...
Tutto ciò  significa che stiamo entrando in una fase storica tumultuosa, come nel 1922 e nel 1968.  E, cosa più grave,   che nessuno capisce  o vuole capire la gravità dei segnali lanciati, come dire, dal nostro tempo.  Insomma, la storia si sta ripetendo.  Nessuno però sembra accorgersene. 
Si crede, erroneamente,  che  a Grillo,  spalleggiato da  una  ferrea macchina politica e da un elettorato ferocemente antipolitico (un mix sociologicamente esplosivo), si possano applicare le normali categorie del discorso pubblico liberale, quelle  della mediazione e dell’accordo. Un film già visto:  liberali mancati, compagni che sbagliano, onesti che alzano la voce... In realtà,  Grillo, come prova appunto la totalitaria,  semplicistica,  ricorrente  opposizione  tra la sua verità e quella di tutti gli altri (ovviamente, sempre falsa in linea di principio),  si comporta da  nemico della liberal-democrazia: roba da manuale del perfetto dittatore.  E come tale andrebbe trattato.  
Eppure si dovrebbe sapere che le aperture di credito verso i portatori del virus totalitario sono pericolose: i fascisti  celebrati come  eroi del Piave, edificarono la dittatura,  gli studenti, vezzeggiati da politici e mass media nonostante gli atti di vandalismo,  impugnarono la P38  non il ramoscello d’ulivo.  Quindi, attenzione, un movimento politico di invasati, capeggiato da un invasato, anche quando predica l'onestà, resta un movimento di  invasati pronto a  odiare e cancellare tutti coloro che  si opporranno alla sua verità.
Un solo esempio:  in questi  giorni,  si parla tanto, troppo delle fake news, di come regolamentare, eccetera, eccetera, portando così acqua al mulino di un movimento estremista, anticostituzionale e illegale nella sua struttura politica e organizzativa, che non cerca altro che la rissa per guadagnare voti e afferrare il potere in perfetta solitudine (*). Il M5S non vuole nessun accordo, vuole solo screditare il suo nemico politico: il nostro sistema politico, economico e sociale di vita. Inutile perciò evidenziare le contraddizioni mediatiche puntando sulla  retorica da talk show  del tipo “ Cinque stelle pensate alle bufale vostre”.  Quella è normale dialettica politica, che in un partito-setta di invasati, che ha come riferimento un elettorato giustizialista, l’unico risultato a cui può condurre  è la riaffermazione tanto orgogliosa quanto autarchica della propria diversità.  I Cinque Stelle sono, per così dire,  degli Hobbit prepotenti:  chiusi nella loro valle, vogliono ignorare ma non essere ignorati,  puntando  sul  valore presuntivo della  propria diversità. E più si proclamano diversi, più si rafforzano;  più si rafforzano più si isolano, perché si sentono forti, e isolandosi divengono incapaci di governare una società aperta, perché chiusi agli apporti  del mondo esterno.  Si potrebbe parlare di corto circuito totalitario. Che nella migliore delle ipotesi conduce al disastro sociale ed economico, nella peggiore alla dittatura politica. Le due  ipotesi potrebbero anche realizzarsi insieme.     
Di conseguenza,   contro il movimento  pentastellato,   prima che sia troppo tardi (e qualora non si riuscisse  ad approvare una legge elettorale in  grado di renderlo  inoffensivo), si dovrebbero promuovere indagini giudiziarie a tappeto sulla sua struttura organizzativa,  come preludio all’ auspicabile scioglimento. Proprio  come si deve fare con le  forze politiche eversive. Altro che normalità... Qui siamo in pieno stato d' eccezione.   
Ma chi decide?  Perché questo è il bello, anzi il brutto dello stato d'eccezione (che decide o designa , proprio attraverso l'assunzione della decisione, anche il soggetto politico capace di comandare in ultima istanza). Chi decide allora?   Se la magistratura sembra  guardare altrove?   Le forze dell’ordine  attendere ordini che non arrivano mai?  Il  Governo ingrigire  nella routine?  E  partiti e mass media  far finta di nulla? O al contrario, prestarsi al gioco  di Grillo?
Non è retorica.  Il momento  è storico. Anche  per il pericolo del terrorismo jihadista, sottovalutato e talvolta giustificato -  quando si dice il caso -  proprio dal  M5S.  Gli estremi insomma si toccano.  E anche questo è  un brutto segnale. Inavvertito. Purtroppo.                         
                            Carlo Gambescia






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