Nonnina prega un Elfo invece di un Santo
Sociologia di Elrond, di Sant’Antonio ( e
della decadenza)
La
notizia, come riportano i media, è curiosa. Una vecchina brasiliana prega per
anni davanti a una statuina di
Elrond, personaggio del tolkieniano Signore degli Anelli, credendo
che fosse Sant’Antonio, la nipote se ne accorge e riporta la cosa sulla sua pagina Fb. E come si dice, "subito la
notizia diventa virale" (1).
Che dire? La cosa è così interessante (ed
esemplare), al punto da
usarla come argomento per una (piccola) lezione di sociologia.
Come
insegna il teorema di William Thomas, influente membro della scuola sociologica di
Chicago: se per un attore sociale un certo fenomeno è reale (Elrond =
Sant’Antonio), tutto quello che lo concerne (il pregare) diventa reale. Quindi,
la nonnina, pregava Sant’Antonio. E non poteva non essere così.
Un
antropologo, salendo di livello,
parlerebbe di totemismo, eccetera. Altri specialisti di sopravvivenze, superstizioni, eccetera. Il sociologo, invece, di specifico sociologico. Ci spieghiamo
subito.
Il
credere (quel che si vuole credere, più facile da mettere in pratica), socialmente parlando, tende sempre a prevalere, soprattutto a livello collettivo, come collezione (seriale) di singoli comportamenti individuali, sul capire (quel che implica la messa in discussione del credere, più
difficile da praticare), di conseguenza: le strutture del credere, nel caso della nonnina ( religione, preghiere, eccetera), tendono ad
acquisire forza propria, e sospingono a scambiare, quasi naturalmente, come nel
caso della nonnina, Elrond per Sant’Antonio. Tradotto: la nonnina, non sarà la prima né l'ultima...
Ciò,
ad esempio significa, salendo a nostra volta di livello teorico, che se in una società, come talvolta storicamente accade, ogni segno viene, socialmente interpretato, come un sintomo di
decadenza, ogni persona, proprio perché socialmente più facile, sarà sospinta a considerare la decadenza come un fatto reale, e scorgerla ovunque, a prescindere, da come le cose effettivamente stiano
andando o sono. Insomma, l’idea di decadenza, acquisisce forza propria, si struttura, ad esempio in interpretazioni ( o narrazioni, come si dice oggi), di tipo istituzionale, conducendo, quasi per mano, gli uomini a
credere che la decadenza sia un fatto reale, come l’Elrond scambiato (e pregato) dalla vecchina per
Sant’Antonio.
Naturalmente,
quello del pessimismo, del catastrofismo (per alcuni disfattismo) è solo uno dei lati del fenomeno decadenza, che, ovviamente, ha altre componenti, se ci si passa il bisticcio, "realmente reali" che
vanno studiate a fondo. In definitiva, sono tutti aspetti - incluso quello importantissimo dello specifico
sociologico, di cui rivendichiamo ufficialmente il copyright... - che sviluppiamo nel nostro ultimo
libro Passeggiare tra le rovine (2), cercando di fornire a studiosi e lettori una "cassetta
degli attrezzi" che permetta di approfondire il fenomeno.
Per
tornare alla nonnina, la successiva viralità della notizia spiega invece il funzionamento dei
meccanismi dei Social, attentissimi al lato superficiale e (perché no?) comico
della vicenda, ma capace di
moltiplicare, a prescindere dalla qualità dei contenuti, la velocità di circolazione di un messaggio e
quindi della forza manipolativa, nei riguardi della realtà, di una certa credenza (3). E di riflesso dello
specifico sociologico.
Certo,
il caso della vecchina che scambia Elrond per Sant’Antonio, non implica, per dirla scherzosamente con il
Walter Matthau di È ricca, la sposo e
l’ammazzo, una minaccia immediata per la Civiltà Occidentale, così come l' abbiamo finora
concepita… Altre notizie, sì però.
Come
fare allora? Come vietare o limitare la
diffusione di notizie che possono essere credute reali - si pensi alle fake
news - in una società aperta? Al di là dei possibili espedienti giuridico-legali, come parlare di censura e
controlli in una società libera? Difficile rispondere. Perché anche l’idea di società
libera ha le sue conseguenze in termini di specifico sociologico. Dal momento che ci sono coloro che ritengono, appoggiandosi emotivamente all'etica dei princìpi, che anche la libertà sia una forza reale ed assoluta, a prescindere dalle
conseguenze.
Concludendo, come scrive l’amico Carlo
Pompei, occorrerebbero equilibrio, buon senso, etica della responsabilità (4). Ma dove trovarli, se oggi le
stesse classi dirigenti sembrano
più portate a credere che capire?
Carlo Gambescia
(3) In argomento si
veda il bel libro Walter Quattrocchi e Antonella Vicini, Misinformation. Guida alla società dell’informazione e della credulità,
Franco Angeli, Milano 2016 : http://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?CodiceLibro=666.9 .
(4) http://carlopompei.blogspot.it/2017/01/liberta-di-espressione-e-bufale.html .
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