lunedì 9 gennaio 2017

Nonnina prega un Elfo invece di un Santo
Sociologia di Elrond, di Sant’Antonio ( e della decadenza)



La notizia, come riportano i media, è curiosa. Una vecchina brasiliana prega per anni davanti a una statuina  di Elrond,  personaggio del  tolkieniano Signore degli Anelli, credendo che fosse Sant’Antonio, la  nipote  se ne accorge e  riporta la cosa sulla sua pagina Fb.  E come si dice,  "subito la notizia diventa virale" (1).
Che dire?  La cosa è così interessante (ed esemplare),  al punto  da  usarla come  argomento per  una (piccola) lezione di sociologia.
Come insegna il teorema  di William  Thomas, influente membro  della scuola sociologica di Chicago: se per un attore sociale un certo fenomeno è reale (Elrond = Sant’Antonio), tutto quello che lo concerne (il pregare) diventa reale. Quindi, la nonnina, pregava Sant’Antonio. E non poteva non essere così. 
Un antropologo, salendo di livello,  parlerebbe di totemismo, eccetera. Altri specialisti di sopravvivenze, superstizioni, eccetera. Il sociologo, invece,  di specifico sociologico. Ci spieghiamo subito.
Il credere (quel che si vuole credere, più facile da mettere in pratica), socialmente parlando, tende sempre a  prevalere, soprattutto a livello collettivo, come collezione (seriale) di singoli comportamenti individuali, sul capire (quel che implica la messa in discussione del credere, più difficile da praticare), di conseguenza:  le strutture del credere, nel caso della nonnina (  religione,  preghiere, eccetera),  tendono ad acquisire forza propria,  e  sospingono a  scambiare, quasi naturalmente,  come nel caso della nonnina,  Elrond per Sant’Antonio. Tradotto:  la nonnina, non sarà la prima né l'ultima...
Ciò, ad esempio significa, salendo a nostra volta di livello teorico,  che se in una società, come talvolta storicamente  accade,  ogni segno viene, socialmente interpretato, come un sintomo di decadenza, ogni persona, proprio perché socialmente più facile, sarà sospinta a considerare la decadenza come  un fatto reale, e scorgerla ovunque,  a prescindere, da come le cose effettivamente stiano andando o sono.  Insomma,  l’idea di decadenza, acquisisce forza propria, si struttura, ad esempio in interpretazioni ( o narrazioni, come  si dice oggi),  di tipo istituzionale,   conducendo, quasi per mano,  gli uomini a credere che la decadenza sia un fatto reale, come l’Elrond scambiato (e pregato)  dalla vecchina  per Sant’Antonio.
Naturalmente, quello del pessimismo, del catastrofismo (per alcuni disfattismo) è solo uno  dei lati del fenomeno decadenza, che, ovviamente,  ha altre componenti, se ci si passa il bisticcio, "realmente reali"  che vanno studiate a fondo. In definitiva,   sono tutti aspetti -  incluso quello importantissimo dello specifico sociologico, di cui rivendichiamo ufficialmente il copyright... - che sviluppiamo nel nostro ultimo libro Passeggiare tra le rovine  (2), cercando  di fornire a studiosi e lettori una "cassetta degli attrezzi" che permetta di approfondire il fenomeno.
Per tornare alla nonnina, la successiva viralità della  notizia spiega invece il funzionamento dei meccanismi dei Social, attentissimi al lato superficiale e (perché no?) comico della vicenda, ma  capace di moltiplicare, a prescindere dalla qualità dei contenuti,  la velocità di circolazione di un messaggio e quindi della forza manipolativa, nei riguardi della realtà,  di una certa credenza (3). E di riflesso dello specifico sociologico. 
Certo, il caso della vecchina che scambia  Elrond per Sant’Antonio,  non implica, per dirla scherzosamente con il Walter Matthau di È ricca, la sposo e l’ammazzo, una minaccia immediata  per la Civiltà Occidentale, così come l' abbiamo finora concepita…  Altre notizie, sì però. 
Come fare allora? Come vietare o limitare  la diffusione di notizie che possono essere credute reali - si pensi alle fake news - in una società aperta? Al di là dei possibili espedienti giuridico-legali,   come parlare di censura e controlli in una società libera? Difficile rispondere. Perché anche l’idea di società libera ha le sue conseguenze in termini di specifico sociologico. Dal momento che ci sono coloro  che ritengono, appoggiandosi emotivamente all'etica dei princìpi,  che anche la libertà sia una forza reale ed assoluta,   a prescindere dalle conseguenze.  
Concludendo, come scrive l’amico Carlo Pompei, occorrerebbero equilibrio, buon senso, etica della responsabilità (4).  Ma dove trovarli,  se oggi  le stesse classi dirigenti  sembrano più portate a credere che capire?

Carlo Gambescia                                  



(3) In argomento  si veda il bel libro Walter Quattrocchi e Antonella Vicini, Misinformation. Guida alla società dell’informazione e della credulità, Franco Angeli, Milano 2016 : http://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?CodiceLibro=666.9 .
(4) http://carlopompei.blogspot.it/2017/01/liberta-di-espressione-e-bufale.html  .

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