Spiavano i
politici, arrestati Maria e Giulio Occhionero
Verità sì, ma con juicio
Non
sappiamo come andrà a finire l' inchiesta sul cyberspionaggio esplosa ieri sera e oggi abbondantemente commentata dai
mass media. Però tre riflessioni, di tipo sociologico, capaci di andare oltre la cronaca di queste ultime due ore, non possiamo non farle.
La
prima, riguarda la neutralità della tecnica.
Che cosa vogliamo dire? Una banalità (non sempre però accettata a
scatola chiusa, si pensi ai tecnofobici).
Che la tecnica è a disposizione
di tutti. Dai fratelli Occhionero, in
odore di massoneria, e quindi poco amati già in partenza dai media “democratici”, a Julian Assange, personaggio celebratissimo dalla romantica dietrologia del rivoluzionario
digitale. Pertanto prima c’è lo strumento inerte, poi il suo
uso, e infine l’interpretazione sociale, quasi sempre ideologica (di
parte) di quell’uso. La tecnica è la classica pistola carica, messa lì, a
disposizione di tutti, dal benefattore al furbo e al cretino.
Il
che ci porta alla seconda osservazione. Lo spionaggio, cyber o meno, in
democrazia o meno, non ha mai smesso di
essere una risorsa politica: uno strumento per ricattare, controllare, influenzare e
dominare l'avversario (il nemico, schmittianamente). Con una variante però. Che riguarda i regimi
democratici, dove, caso unico nella storia, la verità ha assunto, retoricamente
si intende, un valore assoluto, in base
al collegamento tra virtù e conoscenza,
già affrontato dai i filosofi pre-moderni, ma in chiave squisitamente teorica, se non del tutto astratta. I moderni (non tutti fortunatamente)
invece ci credono. Quindi per i creduloni, soprattutto quelli di massa (chiamiamoli così), il cittadino
informato non può non essere anche moralmente buono. Più si è informati, a prescindere dal discernimento, più si è cittadini perfetti. Insomma, quantità, uguale qualità.
Di
qui - e giungiamo alla terza osservazione - la sua trasformazione in risorsa politica. Da
alcuni infatti, la verità è ritenuta addirittura rivoluzionaria. Sicché, andrebbe usata per
favorire la rivoluzione, giudicata ingenuamente (quando in buona fede) come il trionfo finale della verità. Di
conseguenza, il passo dalla ricerca della verità al fondamentalismo
veritativo può essere brevissimo. Inoltre, la verità-risorsa politica, come
tutte le risorse, può essere manipolata. Tuttavia, quanto più la si politicizza tanto più ci si
allontana dalla verità, perché la si piega, inevitabilmente, agli interessi di
parte. Però, quanto più una società è
complessa, sul piano degli interessi, dei valori, dei conflitti distributivi, tanto più diventa necessaria una qualche forma
di manipolazione, come dire, fisiologica.
Di che cosa parliamo? Di una zona franca, dove la classe dirigente mostri di essere a conoscenza del fatto che la rispondenza
tra conoscenza e virtù non esiste a livello individuale e (a maggior ragione) a livello di massa. Ma anche di un altro fatto importante: della necessità di fingere che invece esista, evitando però accuratamente di cadere nel fondamentalismo. Si tratta di un equilibrio molto difficile da perseguire, perché richiede politici e comunicatori sociali dotati di grande senso di responsabilità, capaci di imporre una doppia verità, per se stessi (quella vera) e per il popolo (quella formulata nella zona franca). Infatti, per una classe dirigente mentire due volte ( a se stessi e al popolo), è molto pericoloso, quasi come dire sempre la verità. Ed è un segno di decadimento.
La zona franca, come insieme di verità parziali a livello conoscitivo e sociologico, rappresenta la reintegrazione ( il necessario omaggio che l’ipocrisia paga alla virtù) di una verità, che si sa parziale, pura convenzione, in una società relativistica, ma di massa, dalle molteplici e altrettanto parziali verità. E che deve convivere, se vuole durare nel tempo, con le mezze verità. Anche perché, alla verità unica (o intera) non può non corrispondere l’assolutismo politico, con tutte le conseguenze negative del caso. Certo, per il credente, può esistere la verità che libera. Ma in un altro mondo...
La zona franca, come insieme di verità parziali a livello conoscitivo e sociologico, rappresenta la reintegrazione ( il necessario omaggio che l’ipocrisia paga alla virtù) di una verità, che si sa parziale, pura convenzione, in una società relativistica, ma di massa, dalle molteplici e altrettanto parziali verità. E che deve convivere, se vuole durare nel tempo, con le mezze verità. Anche perché, alla verità unica (o intera) non può non corrispondere l’assolutismo politico, con tutte le conseguenze negative del caso. Certo, per il credente, può esistere la verità che libera. Ma in un altro mondo...
Sintetizzando, la doppia verità sta alla società complessa e libera, come la verità unica sta alla società totalitaria e chiusa. Ciò non significa che il cyberspionaggio, nel caso di violazioni, non debba essere punito. Tuttavia, mai
aspettarsi troppo. Verità sì, ma con
juicio.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento