Il libro della settimana: Walter
Quattrociocchi e Antonella Vicini, Misinformation.
Guida alla società dell’informazione e della credulità, Franco Angeli,
Milano 2016, pp. 146, Euro 19,00.
Consigliamo
vivamente la lettura del sintetico ma denso studio di Walter Quattrociocchi e
Antonella Vicini, specialisti in sociologia delle comunicazioni: il primo
coordina il Laboratorio di Computational Social Science dell’Istituto IMT Alti Studi
di Lucca, la seconda è una giornalista “attenta alle dinamiche della comunicazione
contemporanea”, come si legge nella quarta di copertina (*).
Per
quali ragioni?
In
primo luogo perché è uno studio scientifico, non lascia nulla
all’improvvisazione: i Social e la comunicazione digitale sono studiati
attentamente con i metodi più aggiornati di una sociolinguistica armata di appuntiti algoritimi. Metodologie
che confermano, purtroppo, le conclusioni di un filone di pensiero che va dai Sofisti a Guglielmo di Ockham, Francis Bacon,
per giungere a Constant (quello del Commento a Filangieri), Manzoni, Pareto e Boudon. Quali conclusioni? Che l’uomo non è quel che
mangia (o non solo), ma quel che dice. E che dice, di
falso. Falsità, che talvolta decadono
al livello delle vere e proprie panzane e bufale, nelle quali però gli uomini fermamente credono, o meglio continuano a credere, discriminando su tali basi
ideologiche (le famigerate “derivazioni” paretiane) buoni e cattivi, amici e nemici. Insomma,
su Facebook trionfano narcisismo e autoreferenzialità. Non solo individuale, ma soprattutto di gruppo: le eco chambers, le “camere dell’eco” ( le famigerate Pagine Fb), non si “cacano” (se ci perdona l’espressione: chi va con lo zoppo, Fb, impara a zoppicare...) le une con le altre. E quando si tenta
il confronto "verbale" tra una Chamber e l’altra, finisce sempre per avere la meglio il dialogo
tra sordi. Che però come in ogni comunicazione tra coloro che hanno poco udito, si svolge a voce altissima. Altro che il vellutato e autoironico scambio di opinioni colte e comunque informate di Palazzo Filomarino, dove pure il rituale e latomico "munaciello" si comportava in modo rispettoso. Povero don Benedetto (Croce: per gli iscritti a Facebook). E povera pure quella "civiltà della conversazione", dei salotti parigini tra Sei e Settecento, immortalata nel bellissimo libro di Benedetta Craveri. Inciso autobiografico: su questo blog nel lontano 2005, per difendersi dall' attacco di un troll, poi finito ( e ben gli sta, nel bestiario vivente a Cinque Stelle), chi scrive, che allora ingenuamente credeva nella possibilità di un salotto on line, replicò, citando lo studio della Craveri... Patetico.
Ciò significa
- secondo motivo per leggere questo saggio - che i Social, per ragioni tecnologiche ed
economiche (istantaneità comunicativa e profitti, legati alla quantità di clic,
a prescindere), moltiplicano e
rinforzano tale meccanismo dell'aggressione verbale via guerra dei mondi, pardon, delle bufale. Il Web, in
quanto puro veicolo e strumento, ricorda una pistola carica
ultramoderna messa nelle mani di un uomo
poco più evoluto di quello di Neanderthal.
Parliamo, ovviamente, del cosiddetto uomo medio. Anche uomo-massa, per dirla con Ortega: termine, sociologicamente vecchiotto, ma sempre efficace.
Di
qui, la spirale di conflitti tra
orde digitali, superficialmente acculturate (fermo restando, che non sempre la
conoscenza si trasforma in virtù) che
si ritengono alternative e in guerra con i potenti di turno. E che si
radicalizzano (tra di loro) ballando, saltando e urlando sotto la luna al suono del tamburi delle
post-verità. Non è esattamente l'universo sociale e socievole che si illuminava intorno a Madame du Deffand... Non per nulla il
bel libro di Quattrociocchi e Vicini parla, all’’anglo-sassone, di misinformation
(e non di disinformation), cioè di informazioni che sono false, ma in cui,
coloro che le diffondono, credono. E fermamente. Altro che autoironia...
Pertanto
siamo dinanzi a una logica di natura religiosa fideistica, se si preferisce
fondamentalista, che rinvia al tipo
sociologico della setta di cui il Movimento Cinque Stelle, nonostante la natura
movimentista, come lasciano intuire gli autori, è il frutto politico più
maturo e avvelenato.
Come
uscirne? Quattrociocchi e Vicini,
dubitano - anche perché provano
esemplarmente a colpi di istogrammi la
cosa - di poter contrastare con il
solo debunking, le orde (per ora) armate di Pc: tribù digitali che credono nelle scie chimiche, nei rettiliani e nella decrescita felice. Quindi? Si auspica, anche nobilmente, per carità, il ritorno alla capacità di ascolto dell’altro. Processo
che, a nostro avviso, rinvia però alla riforma interiore - quindi, come dire, a una
pre-capacità - difficile da
perseguire mentre fuori infuria la guerra orgiastica delle parole a velocità comunicativa impensabile. Quattrociocchi e Vicini, probabilmente credono, come chi scrive, nella civiltà
liberale della conversazione. Che può valere però, tra pochi ma buoni. Ma dove
sono oggi? In tempi in cui politici e intellettuali giocano a spararle grosse sul Web,
adeguandosi al tribalismo imperante dell’insulto e delle balle spaziali. Per contro, soluzioni autoritarie (divieti, controlli,
eccetera), come alcuni propongono, in un
mondo “ipercollegato”, sarebbero puramente ridicole, oltre
che inutili. Bastano le norme esistenti.
Che
fare, allora? Raccomandarsi a Dio. Se si è
credenti. Prepararsi al peggio,
in tutti gli altri casi. E
comunque sia - invito rivolto ai pochi
ma buoni di cui sopra - leggersi assolutamente l’ottimo libro di Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini. Non
guarisce, ma aiuta.
Carlo Gambescia
(*)
Sulle attività di ricerca del professor Quattrociocchi si legga anche questa ghiotta intervista: http://www.loschermo.it/bufale-credenze-e-disinformazione-il-guru-mondiale-della-post-verita-vive-e-lavora-a-lucca/
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