Renzi
neoliberista?
Ma mi faccia il piacere!
«È cambiato il clima per l’Italia, in Europa non vado a dire
per favore ascoltateci, non vado con il cappello in mano. Non vado a Bruxelles
a farmi spiegare cosa fare» (*). Come interpretare la replica di Renzi a Juncker?
Che,
se è vero che Renzi, rispetto a Monti,
Letta e Berlusconi (prima del defenestramento) rilascia dichiarazioni "politicamente scorrette" è altrettanto vero che il Premier italiano appartiene, per forma mentis, alle stesse classi dirigenti, socialiste e cattoliche che comandano l’Europa da
Bruxelles. Quindi tagli per poi poter
rilanciare la spesa pubblica ("razionalizzata" ma pubblica);
lotta all’evasione ma non riduzione preventiva e generalizzata di imposte e tasse; liberalizzazioni e privatizzazioni ma sempre con prudenza e jus primae noctis dello stato; controllo dei tassi e delle emissioni monetarie e non libera fluttuazione. Sicché, se non fosse per i tagli di bilancio (attenzione, però, sempre mirati), si potrebbe parlare di una passione neppure tanto segreta per
quelle politiche della domanda, così care ai profeti socialdemocratici (e ai cattolici di complemento) dello
Stato Provvidenza.
Purtroppo,
la retorica usata da certa pigra sinistra, copiata e rilanciata dal neofascismo e "sovranismo" più stupidi, ha favorito la leggenda del “neoliberismo selvaggio” (per non parlare di altre
imbecillità complottiste), che sarebbe praticato dall’Unione Europea.
In
realtà, socialisti e cattolici, sul piano delle politiche economiche sono
lontani anni luce dalla vulgata reaganian-thatcheriana. Nella migliore (si fa per dire) delle
ipotesi, Bruxelles è il regno dei
liberali macro-archici, ossia di coloro che continuano a scorgere nello stato il
braccio politico della bontà umana. Tradotto: il motore, in ultima istanza,
dell’economia. E
Renzi, al di là delle “sparate” appartiene
a questo mondo.
Carlo Gambescia
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