venerdì 21 novembre 2014

Dibattiti. La recensione di Alessandro Litta Modignani  al  libro di  Tristam Engelhardt, Dopo Dio
Pluralismo armato



Richiamiamo all’attenzione dei lettori  l' articolo  di Alessandro Litta Modignani  apparso sull'Agenda Liberale del Centro Einaudi (*Per quale ragione? Perché  vi si affronta, recensendo un ghiotto  libro di Tristram Engelhardt  (Dopo Dio. Morale e bioetica in un mondo laico, Claudiana 2014), una questione fondamentale: quella, per farla breve, della laicità interventista dello stato contemporaneo, soprattutto in Occidente,  criticata e condannata da Enghelardt.   Ora,  pur non avendo  letto  "questo" libro, conosciamo la tesi di fondo del suo autore.  Tra l’altro, chiaramente riassunta da Litta Modignani:

« [Scrive Engelhardt:] Il disegno di surrogare Dio  e la morale con lo Stato e la politica, è privo di fondamento e porta inevitabilmente al “declassamento e ridimensionamento della morale”. La morale laica, sostiene Engelhardt, non può essere “canonica” perché irriducibilmente plurale, ridotta cioè a un insieme di “stili di vita” inevitabilmente soggettivi e intercambiabili. Una morale laica sarebbe plausibile solo nella condizione del cosiddetto “Stato minimo”, cioè in una situazione nella quale lo Stato fosse legittimato ad agire solo con il permesso dei governati. In questo caso i cittadini, pur essendo “stranieri morali” l’uno rispetto all’altro, non si vedrebbero mai costretti ad agire contro i propri convincimenti e la propria coscienza. Ma questo Stato minimo, aggiunge maliziosamente l’autore, non esiste in nessuna parte del mondo. Nella realtà, esiste solo lo Stato “non minimo”, che Engelhardt chiama “socialdemocratico”. »  

In realtà, al di la dello stato minimo o massimo,  lo studio delle costanti  politiche ( o metapolitiche come ci piace dire),  insegna che la religione viene usata dalle élite politiche  come  strumento di legittimazione, sia in uscita (quando la si contrasta) sia in entrata  (quando la si impone).  Perciò, se  è  vero come sostiene Engelhardt  che  “bioetica  laica” sia sempre destinata a trasformarsi in “biopolitica”,  è  altrettanto vero che si tratta di una sorte che accomuna qualsiasi forma di credenza  quando la si trasferisce dagli azzurri  cieli della teoria alle assolate e aride  pianure della  pratica politica,  regno incontrastato delle passioni collettive e delle conseguenti  risposte organizzative. 
Indubbiamente, come sostiene Litta Modignani, il “pluralismo morale”, garantito dai moderni “sistemi  liberali e costituzionali”,  a differenza di quanto ritiene Engelhardt,  non va assolutamente considerato “come una disgrazia”. Diciamo che si tratta  di un bel  passo in avanti. Però, ecco il punto, come comportarsi  con i nemici reali del pluralismo? Con coloro che  vogliono imporre un solo punto di vista? Anche con  metodi violenti? Non pensiamo, ovviamente al “fondamentalista”  Engelhardt, profeta disarmato, per dirla con Machiavelli,  bensì ai  reali processi collettivi e organizzativi, segnati da  conflitti  quasi sempre   frutto di quell'  ineliminabile dialettica fra  stato nascente e istituzioni. O se si preferisce:  tra violenza movimentista  dal basso e forza istituzionale dall'alto.  Processi che riguardano la sfera interna ed esterna di ogni società. Perché, purtroppo, il "libero convincimento", bellissimo in teoria,  non è la regola...  Pertanto anche il pluralismo deve difendersi.  Insomma,  non può  non essere  un pluralismo armato…  O no? 


Carlo Gambescia


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