domenica 23 novembre 2014


Una storia “naturale” della Nuova Destra
Sopravvissuta a se stessa


Oggi proponiamo alcune riflessioni  sul fallimento (inutile usare eufemismi) della Nuova Destra (d’ora in avanti ND).  Il post ha uno stile “didattico”  e come il lettore scoprirà  non sono  ricordati i nomi dei protagonisti, né si entra nel merito delle idee propugnate.   Per dirla con Hume, si tratta di  una specie di storia ( o sociologia)  “naturale” della ND.    
Con ND, “fisicamente”,  intendiamo il gruppo di intellettuali  che ha ruotato, a partire dalla seconda metà degli Settanta del Novecento,  intorno a tre riviste o “veicoli” : “La Voce della Fogna”, “Diorama Letterario”, “Trasgressioni”.  Mentre dal punto di vista dei  “significati”, ossia della cultura politica,  intendiamo un nucleo di idee coagulatosi intorno a tre  punti: antiamericanismo, antiliberalismo, anticapitalismo.
Ci spieghiamo meglio:
Antiamericanismo, come critica al modello statunitense e all’egemonia politica nordamericana;
Antiliberalismo, come critica all’ individualismo liberale e al modello di democrazia rappresentativa;
Anticapitalismo come  critica all’individualismo economico e al modello di economia di mercato.
Che scopo aveva  il progetto primitivo?  Riformulare e  veicolare  culturalmente i contenuti appena  ricordati, prima all’interno del Movimento Sociale Italiano,  partito di provenienza dei “fondatori”, e dopo ( a distacco avvenuto) all’interno della cultura politica italiana antisistemica,  sinistra radicale  inclusa, e   in chiave addirittura egemonica.
Quale il punto di discrimine con la cultura politica di provenienza, quella neofascista? Nessuno in assoluto, perché i contenuti  individuati (antiamericanismo, antiliberalismo,  anticapitalismo) hanno sempre fatto e continuano a far parte - oggettivamente -  dell’immaginario neofascista.
Da ciò proviene  certa  ambiguità di fondo  che   ha finito per  giocare  un duplice  ruolo. E in che ambito?  In quello dei  processi di inclusione-esclusione che caratterizzano la vita delle minoranze politico-culturali  in cerca di legittimazione: da un lato, la ND, come soggetto del discorso  parlava un linguaggio infuocato, vicino a quello della sinistra radicale, dall’altro,  come oggetto del discorso  continuava a pesare su di essa, la settaria pregiudiziale antifascista. 
Di qui,  l’alternarsi  di  illusioni e disillusioni politiche cui si è affiancata in molti membri, con riflessi sul piano dell’interazione e della mobilitazione ( o smobilitazione), la graduale consapevolezza dello svanire  di qualsiasi prospettiva relativa alla conquista di status e conseguenti codici, riti di deferenza, incentivi, proprio  all’interno  di quella  galassia antisistemica che la ND si proponeva di egemonizzare, o comunque di avere come paritaria interlocutrice.  E qui va ricordato che l’appello alla lotta contro il  nemico esterno,  può rappresentare una strategia di successo, se si punta all’esclusione e al rafforzamento della coesione interna,  come nel modello setta, pur con tutti i suoi evidenti limiti.  Mentre rischia di  non funzionare, se si punta all’inclusione,  in quanto modello movimento, di  realtà  settarie.  Peggio ancora, quando si provi a puntare contemporaneamente, come nel caso della ND, all’inclusione-esclusione, nei termini di un disomogeneo modello setta-movimento, incapace, per costituzione, di conservare la coesione interna, perché in fondo troppo movimento a maglie larghe,  e di conquistare le  adesioni esterne, perché alla fin fine troppo setta per desiderare di  aprirsi del tutto.  
Purtroppo,  come insegna Arnold Toynbee,  quando una minoranza politico-culturale   perde  la sua  “sfida” storica,  o  si “disintegra” o si  “mummifica”. Nel caso della ND, si può parlare di mummificazione     
Qualcuno si chiederà,  forse, dopotutto, mancò la fortuna non l’onore… (per usare una terminologia cara alla destra neofascista).
Diciamo che  anche se fosse venuta meno la pregiudiziale antifascista,  le idee veicolate in Italia dalla ND  - oltre a riflettere, in modo poco originale  i contenuti (esclusa la pregiudiziale anticristiana) della sorella maggiore francese -  recepivano temi e  argomenti  trattati  meno superficialmente da altre culture politiche, a cominciare da quella marxista e neo-marxista.  Del resto,  la ND  in quarant’anni non è  riuscita a produrre   lavori  organicamente degni di essere  accostati ai  testi  pubblicati da alcuni  teorici,  neppure tra i maggiori,  della sinistra radicale .Il che spiega  il ricorso, da ultimo,  alle  “nuove sintesi”, quale  via di fuga.  La sintesi è il contrario dell’approfondimento, cui  però si ricorre inevitabilmente quando non si hanno idee proprie da sviluppare.  
La ND, ormai,  sopravvive a se stessa.   

Carlo Gambescia  

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