Una storia “naturale” della Nuova Destra
Sopravvissuta a se stessa
Oggi proponiamo alcune riflessioni sul fallimento (inutile usare eufemismi) della Nuova
Destra (d’ora in avanti ND). Il post ha uno stile “didattico” e come il lettore scoprirà non
sono ricordati i nomi dei protagonisti, né si entra nel merito delle idee
propugnate. Per dirla con Hume, si tratta di una specie di storia ( o sociologia) “naturale” della ND.
Con ND, “fisicamente”, intendiamo
il gruppo di intellettuali che
ha ruotato, a partire dalla seconda metà degli Settanta del Novecento, intorno a tre riviste o
“veicoli” : “La
Voce della
Fogna”, “Diorama Letterario”, “Trasgressioni”. Mentre dal punto di vista dei “significati”, ossia della cultura
politica, intendiamo un
nucleo di idee coagulatosi intorno a tre punti: antiamericanismo,
antiliberalismo, anticapitalismo.
Ci spieghiamo meglio:
Antiamericanismo, come critica al modello statunitense e all’egemonia politica nordamericana;
Antiliberalismo, come critica all’ individualismo liberale e al
modello di democrazia rappresentativa;
Anticapitalismo come critica
all’individualismo economico e al modello di economia di mercato.
Che scopo aveva il progetto primitivo? Riformulare e veicolare culturalmente i contenuti
appena ricordati, prima
all’interno del Movimento Sociale Italiano, partito di provenienza dei
“fondatori”, e dopo ( a distacco avvenuto) all’interno della cultura politica
italiana antisistemica, sinistra
radicale inclusa, e in chiave addirittura
egemonica.
Quale il punto di discrimine con la cultura politica di
provenienza, quella neofascista? Nessuno in assoluto, perché i contenuti individuati (antiamericanismo,
antiliberalismo, anticapitalismo)
hanno sempre fatto e continuano a far parte - oggettivamente - dell’immaginario neofascista.
Da ciò proviene certa ambiguità di fondo che ha finito per giocare un duplice ruolo. E in che ambito? In quello dei processi di
inclusione-esclusione che caratterizzano la vita delle minoranze
politico-culturali in cerca di legittimazione: da un lato, la ND ,
come soggetto del discorso parlava un linguaggio infuocato,
vicino a quello della sinistra radicale, dall’altro, come oggetto del discorso continuava a pesare su di essa, la
settaria pregiudiziale antifascista.
Di qui, l’alternarsi di illusioni e disillusioni politiche cui
si è affiancata in molti membri, con riflessi sul piano dell’interazione e
della mobilitazione ( o smobilitazione), la graduale consapevolezza dello
svanire di qualsiasi prospettiva
relativa alla conquista di status e conseguenti codici, riti di deferenza,
incentivi, proprio all’interno di quella galassia antisistemica che la ND si proponeva di
egemonizzare, o comunque di avere come paritaria interlocutrice. E qui va ricordato che l’appello
alla lotta contro il nemico
esterno, può rappresentare
una strategia di successo, se si punta all’esclusione e al rafforzamento della
coesione interna, come nel
modello setta, pur con tutti i suoi evidenti limiti. Mentre rischia di non funzionare, se si punta
all’inclusione, in quanto modello movimento, di realtà settarie. Peggio ancora, quando si provi a
puntare contemporaneamente, come nel caso della ND, all’inclusione-esclusione,
nei termini di un disomogeneo modello setta-movimento, incapace, per
costituzione, di conservare la coesione interna, perché in fondo troppo
movimento a maglie larghe, e di conquistare le adesioni esterne, perché alla fin
fine troppo setta per desiderare di aprirsi
del tutto.
Purtroppo, come
insegna Arnold Toynbee, quando
una minoranza politico-culturale perde la sua “sfida” storica, o si “disintegra” o si “mummifica”. Nel caso della ND,
si può parlare di mummificazione
Qualcuno si chiederà, forse,
dopotutto, mancò la fortuna non l’onore… (per usare una terminologia cara alla
destra neofascista).
Diciamo che anche
se fosse venuta meno la pregiudiziale antifascista, le idee veicolate in Italia dalla
ND - oltre a riflettere, in
modo poco originale i contenuti (esclusa la pregiudiziale anticristiana) della sorella maggiore francese
- recepivano temi e argomenti trattati meno superficialmente da altre
culture politiche, a cominciare da quella marxista e neo-marxista. Del resto, la ND in quarant’anni
non è riuscita a produrre lavori organicamente
degni di essere accostati
ai testi pubblicati da alcuni teorici, neppure tra i maggiori, della sinistra radicale .Il che spiega il ricorso, da ultimo, alle “nuove sintesi”, quale via di fuga. La
sintesi è il contrario dell’approfondimento, cui però si ricorre inevitabilmente
quando non si hanno idee proprie da sviluppare.
Carlo Gambescia
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