Pericle sarebbe dalla parte di Luigi de Magistris. E della democrazia
Chi sceglie i governanti?
Il popolo, non i giudici
Il popolo, non i giudici
di Teodoro Klitsche de la Grange
L’ordinanza
del TAR Campania con la quale è stata sospesa la sospensione di Luigi de
Magistris dalla carica di Sindaco di Napoli e rinviato l’accertamento della
legittimità costituzionale delle relative norme della legge “Severino”, attenua,
nella tecnicità della motivazione il carattere squisitamente politico
dell’oggetto, noto da millenni, ma dimenticato (pour cause) dai giustizialisti (e non solo).
Millenni
perché, come si può leggere in Tucidide, già ne rilevava l’importanza per la
democrazia Pericle, il quale nel descrivere ed elogiare la Costituzione
ateniese, affermava: “Il suo nome è democrazia, perché affidiamo la città non a
un’oligarchia, ma a una più vasta cerchia di cittadini… per quanto riguarda gli onori, ognuno vien prescelto secondo la fama
che gode, non per l’appartenere all’uno o all’altro partito a preferenza del
valore. Né avviene che la povertà
offuschi il prestigio e arresti la carriera di chi può rendere buoni servigi
alla città”. Per cui nelle Costituzioni democratiche è essenziale sia che
il popolo scelga chi governa, e del pari che ogni cittadino possa essere scelto
e accedere alle cariche pubbliche.
Anche
la nostra Costituzione, nell’art. 51, I comma dispone “tutti i cittadini
dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle
cariche elettive, in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti
dalla legge”.
Ciò
perché l’accesso alla funzione di governo non è un carattere normale di tutti i regimi politici:
nelle forme statali aristocratiche o aristo-monarchiche, più rigidamente in
quelle più coerenti, vige l’opposto principio che ad espletare le funzioni
pubbliche siano solo gli appartenenti a determinati ceti sociali; o la regola,
del pari in contrasto con quella individuabile nell’art. 51, che a ricoprire
cariche pubbliche si può accedere solo per chiamata del sovrano. Nell’un caso
il diritto (se di diritto in senso tecnico può parlarsi) appartiene solo ad
alcuni; nell’altro a nessuno.
Il
TAR ha ritenuto che, data “l’appartenenza del diritto di elettorato passivo
alla sfera dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 della Costituzione … ogni
operazione interpretativa debba ispirarsi ad un regime di favor per chi intenda
accedere a cariche pubbliche ed elettive”; non solo ma l’interpretazione data
alla legge “Severino” “si rivelerebbe anche in contrasto il diritto di
elettorato attivo, potendo determinare un’alterazione dei risultati del
procedimento elettorale, e, quindi, della libera espressione di voto… invero,
la modifica dei requisiti di candidabilità dell’eletto successivamente
all’espressione del voto finisce per vanificare la volontà espressa dal corpo
elettorale eliminandone gli effetti per cause irrilevanti al momento in cui la
scelta elettorale si era manifestata in favore di determinati candidati, in
seguito dichiarati non più idonei”.
Nota
anche il TAR che il dubbio di compatibilità costituzionale concerne la
sussistenza di un eccessivo sbilanciamento
in favore della previsione normativa di tale misura cautelativa di salvaguardia
della moralità dell’amministrazione
pubblica rispetto all’ampio favor assicurato al diritto di accesso alle cariche
pubbliche.
Quindi
il TAR, sfrondando il discorso di ogni marginalità tecnica, ha ritenuto che
limitare un diritto, fondamentale per connotare un regime politico come
democrazia, a favore di esigenze pur condivisibili di carattere “morale” non è
conforme ai principi della forma – Stato democratica.
E
cioè che un giustizialismo da rotocalco, che dimentica qualche millennio di
pensiero politico occidentale, è lesivo della democrazia.
Quindi
ringraziamo Pericle per aver chiarito ventiquattro secoli fa quali ne sono elementi
essenziali.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura
politica“Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo
specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il
Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003),
L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).
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