venerdì 14 novembre 2014

Statalismo, tributi  e dissonanza cognitiva
Troppe tasse ?  
La  colpa è (anche) del cittadino complice...



Nella ghiotta  intervista concessa al “Foglio”  Pascal Salin, di cui segnaliamo il  libro in  uscita, Liberiamoci! (Liberilibri),  ha sottolineato una questione molto interessante (*).

 «Sia Marine Le Pen sia alcune frange del Partito socialista accusano François Hollande di essere un ultralibéral. Avete capito bene, parlano in realtà di un presidente che non ha fatto altro che allargare la presenza dello stato nella società francese. Ormai la divisione non è tra destra e sinistra, ma tra socialisti di destra e socialisti di sinistra […] L’idea è che esiste sempre un problema di domanda e che deve essere lo stato a stimolarla».

Più efficacemente, parleremmo di una divisione tra statalisti di destra e di sinistra… Per dirla all'ingrosso, sono  gli stessi  politici, di estrazione cattolica e socialista,  che controllano l’Unione Europea.  E la famigerata “gente”,  così invocata nei dibattiti televisivi, che cosa fa?  Come reagisce?   Ecco la risposta di Salin:

«Dove la presenza dello stato è forte, le persone sono abituate a chiedere interventi pubblici per risolvere i problemi. Si entra in un circolo vizioso, si chiede allo stato di rimediare ai disagi che crea».
  
Perfetto.  Ora però, approfondiamo meglio il punto.  
Lo stato, sempre più affamato di risorse per gestire il consenso,  evita di  acuire,  per usare una terminologia mutuata dalla psicologia sociale, qualsiasi forma di  dissonanza cognitiva. Che pur dovrebbe affiorare nel cittadino quando per  un verso  mostra di  disprezzare il ruolo dello stato esattore e per l’altro di voler continuare, e in misura crescente, a  fruire delle prestazioni dello stato assistenziale. Dissonanza, ci spieghiamo meglio,   nel senso di dover avvertire  la contraddizione tra il pensare (“Abbasso lo stato esattore!) e l’agire (fruire dei servizi) sociali. 
Insomma,  ci si guarda bene a livello politico di ricordare che in una “natura” sociale, segnata da risorse limitate,  pagare poche tasse e godere di tanti, troppi servizi è praticamente impossibile. Gli "ordini" per così dire sono lenire, sopire e nel caso troncare. Sicché, lo stato, pur di continuare a  moltiplicare  tasse e imposte - ne andrebbe della sua stessa sopravvivenza come gruppo sociale - quando non bastano le buone,   ricorre alle cattive, ossia al meccanismo del capro espiatorio: di volta in volta,  l’ “evasore”, il “burocrate, il “corrotto, la “mela marcia” eccetera.  
E così si va avanti. Complici i cittadini.  Fino a quando?  
Carlo Gambescia
                        

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