giovedì 20 novembre 2014

Il libro della settimana: Pascal Salin, Liberiamoci!, Liberilibri, Macerata 2014,  pp. 60, euro 12,00. 



In francese il titolo dell’avvincente  saggio di Pascal Salin,  Liberiamoci!, meritoriamente tradotto da Liberilibri, suona  come una carica di cavalleria: Libérons-nous!  Purtroppo,  il punto è che, come ricorda l’antica saggezza popolare, non c’è sordo peggiore di chi non vuol sentire… Detto  altrimenti: in Italia come in Francia (dove è anche peggio), patria dell’economista liberale, si continua a confidare, cittadini inclusi,  nell’interventismo  dello  stato e  nella spesa pubblica. Ignorando, o meglio fingendo di ignorare,  che  la mano visibile dello stato, sempre troppo lunga, come quella dei ladri,  conduce, prima o poi, alla schiavitù tributaria. Tema, quest’ultimo, affrontato da Salin, e in modo memorabile, ne  La tirannia fiscale, uscito sempre per i tipi di Liberilibri (*).
Quel che colpisce di Liberiamoci!, saggio a metà strada tra la doverosa esortazione  e il brillante pamphlet, è l’approccio, come dire, pre-economico. Ci spieghiamo meglio, citando dal saggio stesso.

Voi siete essere umani, vale a dire esseri in grado di scegliere ciò che sembra meglio per voi e per i vostri figli, in grado di decidere le azioni da intraprendere, in grado certamente, di sbagliare, ma anche di imparare ai vostri errori. In una parola di essere responsabili, vale a dire in grado di approfittare delle conseguenze favorevoli delle vostre decisioni o di sopportare quelle che non sono troppo conformi ai vostri desideri. Questa è le condizione umana. (p.15)
   
Occorre recuperare il nostro  senso di responsabilità. Ecco il punto.  Si parla di una virtù morale,  senza la quale nessuna iniziativa, economica o meno,  potrà  mai decollare.   Ciò significa, osserva giustamente Salin,  che non ci si deve aspettare 

nulla dallo Stato, il quale, anche se non ne siete perfettamente consapevoli, vi mantiene in schiavitù.  (Ibid.)  

E come?

Gli uomini dello Stato -  politici e burocrati -  vi dicono: “Avete il diritto alla salute, all’istruzione, all’abitazione o persino agli svaghi e alla cultura”. Ma, con il pretesto di soddisfare questi bisogni umani, essi confiscano decisioni che, per natura, dovrebbero appartenervi. Poiché sostengono di pagare per questi  beni essenziali che voi legittimamente desiderate, essi decidono al vostro posto la scuola dove andranno i vostri figli o l’ospedale  che si prenderà cura della vostra salute.  (p.16)

Un circolo vizioso -  si crea  uno pseudodiritto soggettivo per controllare meglio i cittadini -  che tra imposte e contributi sociali assorbe  «la metà della ricchezza  creata ogni anno dal lavoro di tutti» (p. 17).  Paradossalmente, il cittadino paga di tasca propria  per essere asservito e trattato male, visto anche il cattivo  funzionamento dei servizi pubblici… Sicché,  più paga, più lo stato si estende, ed estendendosi,  accresce i suoi bisogni finanziari  insieme  alla necessità di spremere sempre più  i cittadini. I quali, apparentemente, ignari del funzionamento del meccanismo che li sta stritolando, continuano a tendere la mano, addirittura invocando più diritti ancora.  Un caso da manuale di  masochismo sociale.  Ma lasciamo la parola a Salin:

Non è una libertà umana fondamentale quella di poter decidere da sé l’organizzazione della propria vita? E non sarebbe più dignitoso che possiate decidere voi stessi (…) sia l’età in cui volete andare in pensione che il vostro numero di ore di lavoro settimanali? Non siamo le api intercambiabili di un grande alveare umano. Riconoscere e rispettare la diversità delle persone, la diversità delle loro aspirazioni e della loro possibilità vorrebbe dire rispettare la dignità umana (p. 19).

Perciò,  per  entrare nel concreto,  Salin propone di recuperare la libertà  di contrattare, libertà che implica, la massima autonomia tra privati e di riflesso,  la totale  neutralità dello stato,  non più “dispensatore” di privilegi,  perché

se ciascuno, pensando di perseguire il proprio interesse personale, ottiene un privilegio a spese degli altri  grazie all’esercizio della coercizione statale, tutti finiscono per essere vittime dei regali e delle protezioni fornite agli uni e agli altri.  (p. 34)

Dal momento che gli uomini politici, pur asserendo di agire per il bene comune, in realtà,

essi agiscono per interesse poiché la loro prima preoccupazione consiste nell’ottenere il voto di coloro che pretendono di soddisfare. Essi non difendono l’interesse generale ma interessi molto particolare e, peraltro, la loro azione rischia davvero di nuocere a tutti (Ibid.).

In effetti, come Tocqueville insegna,  quando la  democrazia  non  favorisce la  responsabilità individuale, apre la strada all' interventismo statale,  rischiando di  trasformarsi nella peggiore tirannia, animata, di volta in volta,  da pseudomaggioranze di cittadini favoriti  e asserviti,  mai casualmente. Soprattutto in campo economico. E in quale modo?  Puntando su divieti, regolamentazioni e finanziamenti a pioggia, rigorosamente ad hoc..  Di qui però,  disoccupazione, tasse elevatissime, zero innovazione.   
Insomma, serve un cambio di mentalità:  un fatto morale,  prima che politico ed economico.  Che deve partire dal basso: dall'individuo.  Mai dall'alto ovviamente, come invece avviene  in sede europea,  dove infatti  domina il paternalismo vecchia maniera  di  socialisti e cattolici: altro che neoliberismo selvaggio… A Bruxelles di selvaggio c'è solo lo statalismo al quadrato.  
Insomma, i  cittadini devono capire da  soli: urge una rinascita morale. Di qui, il valore maieutico della denuncia  di Pascal Salin:

Liberateci! Liberateci delle vostre reolamentazioni soffocanti! Liberateci delle vostre imposte schiacciati! Lasciateci fare e vedrete cià che siamo in grado di fare. E voi cari lettori, spezzate le catene della schiavitù ideologica  in cui politici, media, scuole e università cercano di rinchiudervi e proclamate incessantemente questo grido: LIBERIAMOCI! (p. 56)

Che altro aggiungere? Buona lettura.      

Carlo Gambescia   




2 commenti:

  1. Parola per parola, sottoscrivo, per quel che può valere ;)

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  2. Carlo buondì e grazie.. Vale, vale, vale... :-)

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