Breve chiosa (sociologica) al post
di ieri sulla ND
A integrazione delle questioni affrontate ieri, riteniamo che sarebbe utile un
approfondimento - in termini di studio
della parabola delle minoranze creative (Moscovici) - del ricambio generazionale fra collaboratori
e lettori delle riviste ND. Ossia, dando per scontata la centralità
carismatica della figura di Tarchi (Weber), sarebbe interessante capire, per
decennio, come sono si sono succedute le generazioni in relazione alle successive “possibilità contemporanee”
(Mannheim).
Formuliamo alcune ipotesi (quindi
da verificare). Probabilmente l’età
media di collaboratori e lettori è rimasta bassa: tra i venti e i trenta anni .
Ciò è accaduto perché, con molta probabilità,
a ogni decennio, si è avuto un ricambio. Ma ecco il punto: ciò è potuto avvenire grazie alla sovrapposizione tra generazione
anagrafica e generazione politica (Riley). Ci spieghiamo meglio: mentre la
generazione anagrafica ha durata
temporale specifica (si va da cinque a venticinque anni, grosso modo) quella
politica è molto più lunga (si va da venticinque anni in su). Perciò nella storia della ND, la
generazione anagrafica si è andata a
incrociare, a livello valoriale, con la non contemporaneità della contemporaneità... Detto
altrimenti: con la struttura della trasmissione dei valori politici, quasi
sempre lentissima, addirittura secolare. Il che
potrebbe spiegare la persistenza, sul piano dei contenuti - certo reinterpretati,
eccetera - della
triade concettuale novecentesca (antiamericanismo, antiliberalismo,
anticapitalismo).
Perciò, concludendo, l’appeal della ND è rappresentato per un verso dalla sua "capacità" di restare fedele alla triade concettuale ricordata, e dall’altro dalla presenza in ogni nuova
generazione, di giovani "contemporanei! non legati alla "contemporaneità". O se si
preferisce legati a una contemporaneità, reinterpretata alla luce di valori trasmessi
da altre generazioni politiche.
Sui limiti di questa posizione - in termini formali - abbiamo cercato di rispondere ieri. Si tratta infatti pur sempre di una microcultura politica soggetta a dinamiche setta/movimento/istituzione (Troeltsch, Simmel, Alberoni) A dire il vero, l’analisi richiederebbe anche un approfondimento dei contenuti e
quindi dei valori basici trasmessi. Ma questo crediamo sia compito, soprattutto, degli storici delle
idee e non di un umile sociologo.
Carlo Gambescia
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