La triste vicenda del piccolo Alfie Evans
Il socialismo sanitario della serva
Nella
vicenda del piccolo Alfie Evans, in
pochi hanno notato che in gioco vi era
qualcosa di più. Certo, si è discusso, e giustamente, dell'annosa questione del chi deve decidere se,
come, dove e quando staccare la spina, perché
ha grande rilevanza etica per il cristiano. O comunque per chiunque ritenga che la vita umana sia
parte di un disegno divino e provvidenziale. Lo stesso però si può dire di coloro che, prescindendo dal credo religioso di ognuno, scorgano nel diritto di vita e di morte
una questione individuale, privata, intima.
In realtà, il
punto sfuggito a molti è che Alfie e i
suoi genitori sono stati brutalmente risucchiati da un sistema sanitario di tipo socialista
( universalista, secondo certa sociologia ancella del welfare state). Dove i medici, per potestà regolamentare decidono
autonomamente della vita e della morte
dei pazienti. E per giunta, in caso di contrasti con pazienti e famiglie, sembrano trovare sempre
sostegno tra i magistrati. Altro che "c'è un giudice a Berlino"...
Molti
osservatori italiani, prendendo come al solito lucciole per lanterne, hanno sostenuto che
purtroppo i medici britannici sono stati costretti a queste dure
decisioni, per ragioni di risparmio, rivolte
a tutelare i malati con maggiori speranze di vita. E in questo, giustamente, seguiti a ruota da giudici (per inciso, il sistema di common law
spesso è un’arma a doppio taglio). Sicché, per riprendere il filo delle argomentazioni welfariste italiane, se le
strutture sanitarie inglesi e britanniche - si dice - venissero finanziate adeguatamente, invece di subire
tagli, certe cose non accadrebbero. Siamo
davanti al classico argomento del socialismo buono che non può non avere la
meglio sul socialismo cattivo. Auguri.
In
Gran Bretagna, dove il NHS (National
Health Service) fu una bella pensata socialista post-seconda guerra mondiale, negli ultimi anni si è cercato, considerati costi crescenti e disservizi, di favorire la concorrenza tra strutture sanitarie pubbliche. Di qui
però, quella corsa ai tagli e alle
mortali discriminazione tra pazienti.
Nel Regno Unito esiste anche una sanità privata, basata su
assicurazioni individuali, ovviamente mai cresciuta, perché schiacciata dal
gigantismo pubblico, nonché dalla concorrenza, però introdotta tardivamente. Attenzione però: concorrenza non tra pubblico e privato ma tra pubblico e
pubblico. Insomma, per dirla terra
terra, se la cantano e se la suonano da
soli.
Come
è noto, neppure la Thatcher provò a riformare
integralmente il Servizio Sanitario Nazionale. In
seguito, Blair e Cameron hanno introdotto quegli elementi di rigore e
concorrenza (nel senso sopra indicato) che hanno però prodotto, se ci si passa l’espressione,
una specie di socialismo dei conti della
serva.
Tuttavia,
per molti inglesi e britannici la sanità pubblica resta una specie di credenza
religiosa, una “religione nazionale”, come talvolta capita di leggere, ovviamente sul “Guardian”.
Chissà
se lo è ancora, per i genitori di Alfie?
Carlo Gambescia