La citazione di Salvini dal film di
Alberto Sordi
Sociologia del Marchese del Grillo
Come
condensare in poche parole quel tracollo delle
élite, di cui oggi tutti si riempiono la bocca? Ci aiuta Salvini,
astro nascente della nuova Italia populista, il quale rispondendo a Di Maio, altro politico dai profondi studi, ha citato Alberto Sordi, dal famigerato film
sul Marchese del Grillo (“io sono io, mentre voi, non siete, eccetera, eccetera”). Ora che cosa c'è di più vicino, diremmo osmotico, alla
cultura diffusa di quel "popolo" che vota Lega
e Cinque Stelle? Per abolire - come si grida ai quattro venti - vitalizi e privilegi delle élite al potere? In pratica, ragiona così un elettore su due.
Ovviamente,
il problema non è Alberto Sordi, o il contenuto della sua frase, altrimenti si commetterebbe lo stesso
l’errore di certa sinistra al
caviale, alla Nanni Moretti per intendersi, che con il
suo snobismo, per reazione, ha favorito proprio la
vittoria di politici populisti, molto ignoranti, come Salvini e Di Maio.
Il
vero problema è quello della “grande semplificazione”, che si nasconde dietro il politico che cita Sordi perché icona popolare, quale strada più breve per arrivare a tutti. Perché studiare? Perché stimolare? Perché addirittura incuriosire? Basta Alberto Sordi. Di qui la presentazione di problemi
complessi, dall ’immigrazione all' ’euro, come semplici
e risolvibili su due piedi. Un atteggiamento mentale semplicistico che
piace alla gente comune, perché azzera le distanze tra chi sa e chi non
sa, rivendicando le ragioni dell'ignoranza. E poiché coloro che non sanno sono
maggioranza, il populismo, soprattutto quando non trova ostacoli nella selezione politica, non può non vincere facile.
Perché l ’aspetto
più grave della questione, è che tra
coloro che non sanno, vanno ricompresi
anche coloro che dovrebbero sapere. Insomma, il filtro socio-culturale ( gli standard formativi richiesti per emergere) sembra non funzionare più. E qui torniamo alla citazione salviniana di
Alberto Sordi: De Gasperi avrebbe citato Maritain, Togliatti, Dante, Fanfani,
Toniolo, Nenni, Mazzini, Berlinguer, Tolstoj, e così via...
Cosa
vogliamo dire? Che, probabilmente, De Gasperi, Togliatti, Fanfani, Nenni,
Berlinguer sapevano chi era, se non Sordi, Totò, ma il punto era ed è che la
loro cultura non si riduceva a Sordi e Totò. Il filtro socio-culturale funzionava ancora. E soprattutto le élite credevano in esso.
Quali
sono le cause del livellamento culturale
tra eletti ed elettori? Probabilmente la carica eversiva della
cultura di massa - legata alla natura semplificata del suo messaggio
rivolto a tutti - ha progressivamente ridotto le distanze
tra cultura alta e bassa, in favore di quest’ultima, pervadendo i meccanismi formativi, dalla scuola all'università. E di tale appiattimento
generale non poteva non risentirne, di rimbalzo, la cultura
delle élite, sia quella tradizionale (dalle riviste, ai libri e ai giornali) sia quella innovatrice (dei nuovi media, dal Web ai Social). Oggi è norma, anche tra ciò che resta della cultura alta, farsi scudo di
semplificazioni e riduzionismi culturali "per arrivare a tutti" e così abbattere qualsiasi barriera tra coloro che sanno e coloro che non
sanno. Siamo dinanzi al vero è proprio suicidio culturale di "color che sanno" o dovrebbero sapere.
Per fare solo un esempio, di un problema non solo italiano: sui Social anche il più bravo degli scrittori è costretto, volente o nolente, a banalizzare tutto, e, cosa ancora più grave, ad assumere il tono irriguardoso dei suoi incolti interlocutori. Perché? Se non si è sui Social non si esiste: ecco l'agente motivazionale, il moltiplicatore sociale del riduzionismo culturale. Insomma, digito, ergo sum...
Per fare solo un esempio, di un problema non solo italiano: sui Social anche il più bravo degli scrittori è costretto, volente o nolente, a banalizzare tutto, e, cosa ancora più grave, ad assumere il tono irriguardoso dei suoi incolti interlocutori. Perché? Se non si è sui Social non si esiste: ecco l'agente motivazionale, il moltiplicatore sociale del riduzionismo culturale. Insomma, digito, ergo sum...
Si
può fare qualcosa? Difficile rispondere. Le trasformazioni sociali, una volta
istituzionalizzatesi, proprio per le leggi dell’ emulazione socio-culturale (quindi dei processi collettivi di inclusione-esclusione) assumono forza propria. E tornare indietro, finché il processo non si è
concluso - il che sul piano storico, di regola, rinvia a tempi lunghi - è praticamente
impossibile. Le società, anche le più rivoluzionarie, in realtà sono
conservatrici. L'uomo teme il cambiamento, fino a quando - ma anche qui con eccezioni - non deve scegliere, in termini di aut aut, tra il mutamento culturale e la sua conservazione sociale, talvolta addirittura nei termini ultimativi della pura conservazione biologica.
La
cultura della “grande semplificazione”,
per il momento sembra avere la meglio. E soprattutto, essere compresa da tutti. Anche sul piano politico, come si può notare. Il populismo,
in qualche misura, è l'autobiografia politica della società di
massa. Probabilmente, una volta
sviluppatosi compiutamente, innescherà processi, anche politici, di segno contrario. Difficile
però dire quando e come. Per parafrasare Alberto Sordi, se ci si passa la battuta, i
processi socio-culturali sono i processi socio-culturali e gli uomini, di regola, finiscono per
non contare, eccetera, eccetera.
Carlo Gambescia