La riflessione
Legge Fornero e dispotismo orientale
I retroscenisti parlamentari sottolineano che uno dei punti d' accordo tra
Lega e Cinque Stelle è quello
dell’abrogazione delle Legge Fornero con il
relativo abbassamento dell’età
per andare in pensione. Si vive più
lungo, i sessant’anni di oggi sono pari ai
cinquanta di (appena) ieri,
eppure si fa finta di niente. Si ragiona
come se la vita, più lunga e migliore, di uomini e donne non fosse mai mutata. Si chiama politica della persistenza, o se si
preferisce della lunga durata.
Che cosa vogliamo dire? Le
cose cambiano intorno agli uomini, ma non cambia la mentalità per affrontarle. E pur di non prenderne atto, si criminalizza,
all’occasione, il portatore sano del
mutamento, nel caso, il Ministro Fornero (e predecessori politici da Dini a Treu).
Perché
questo rifiuto di cambiare?
In
primo luogo, perché si perderebbero voti, come detta il lato demagogico
della democrazia, In secondo luogo,
perché quieta non movere et mota
quietare, antico principio di conservazione politica, che ci riporta al
dispotismo tardo imperiale romano, ma soprattutto orientale (come vedremo). In terzo luogo, l’indicazione di un capro espiatorio, già bello e pronto, ricompatta sempre un corpo politico intorno al nemico comune.
Tutto bene? No, perché resta il fatto che le cose intorno agli
uomini continuano a cambiare, nonostante la retorica e i
tatticismi politici. Di
conseguenza, il principale risvolto
negativo della politica della persistenza è la cronicizzazione delle questioni non risolte. Apparente cronicizzazione, perché, per dirla brutalmente, gli "insoluti" si incancreniscono, come nel caso, per attualizzare, dell'inevitabile allungamento dell' età pensionistica. E quanto più
le questioni rinviate, o risolte in senso contrario alla necessità dei tempi, crescono di numero, tanto più le metastasi di un attendismo, spartitorio, consociativo sempre un passo indietro, si diffondono nell’organismo
politico fino a debilitarlo mortalmente.
Diciamo che la politica della persistenza, in termini comparativi, ha dominato per millenni la storia delle istituzioni politiche, dalle monarche idrauliche e dispotiche in Cina, India, Mesopotamia, eccetera, studiate magistralmente da Karl Wittfogel, allo stato assoluto delle prima modernità europea. Per poi essere scompaginata dalle rivoluzioni politiche, economiche e scientifiche che hanno introdotto la politica del mutamento, cambiando improvvisamente le regole del gioco. Una politica, insomma, del continuo adeguamento del comando alla realtà che cambia, e incessantemente. Pertanto, quando più i politici si rifiutano di prendere atto della necessità di assecondare il cambiamento, tanto più rischiano di assomigliare a sopravvissuti despoti orientali.
Diciamo che la politica della persistenza, in termini comparativi, ha dominato per millenni la storia delle istituzioni politiche, dalle monarche idrauliche e dispotiche in Cina, India, Mesopotamia, eccetera, studiate magistralmente da Karl Wittfogel, allo stato assoluto delle prima modernità europea. Per poi essere scompaginata dalle rivoluzioni politiche, economiche e scientifiche che hanno introdotto la politica del mutamento, cambiando improvvisamente le regole del gioco. Una politica, insomma, del continuo adeguamento del comando alla realtà che cambia, e incessantemente. Pertanto, quando più i politici si rifiutano di prendere atto della necessità di assecondare il cambiamento, tanto più rischiano di assomigliare a sopravvissuti despoti orientali.
In
questa discrasia tra politica del cambiamento e politica della persistenza va
ravvisato forse il maggiore fattore critico - se si vuole involutivo - del nostro tempo.
Un’ultima
cosa. Quando si parla di politica
della persistenza va assolutamente evitato
l’uso delle categorie di destra e sinistra, valide per altre ragioni, ma non in
questo caso. Ad esempio la Signora Thatcher ,
leader dei conservatori britannici, sposò intelligentemente la politica del cambiamento. Per
contro, molti politici di sinistra, benché non della stessa levatura, si pensi a
figure come Mélenchon in Francia, Iglesias in Spagna, Emiliano in Italia, propugnano politiche della
persistenza. Ereditate, e fatte proprie, anche dai movimenti populisti come Lega e Cinque Stelle, per auto-definizione al di là
della destra e della sinistra. Insomma, sono modalità di approccio politico, assolutamente trasversali.
Inutile osservare, infine, che dei dispotici monarchi orientali si è persa memoria.
Inutile osservare, infine, che dei dispotici monarchi orientali si è persa memoria.
Carlo Gambescia