Non è tutto Bolkestein quel che appare...
Il Re è nudo
di Teodoro
Klitsche de la Grange
La notevole attenzione dedicata dalla stampa
all’ “interpretazione autentica” data dall’ex Commissario U.E. Bolkestein (nella foto) alla
direttiva europea indicata col suo cognome (e che tante agitazioni ha provocato
in Italia) è un caso emblematico, anche se di sicuro non il più importante, di
come una classe dirigente pusilla e decadente si serva dell’Europa per mascherare
scelte fatte in Italia spesso in appartati
uffici ministeriali.
Ha detto l’ex Commissario europeo (si legge sulla
stampa) che le norme di recepimento in Italia della direttiva non
corrispondevano né al senso (e alla lettera) della direttiva europea; che altri
Stati (come la Spagna )
avevano tranquillamente risolto il problema rinviando di decenni l’applicazione
della stessa (chiedendo una deroga) e che in conclusione gli italiani devono
prendersela con se stessi, e in particolare con i loro “governanti” sia a
livello politico europeo che burocratico.
A me capitò, quale professionista, anni orsono,
di dare pareri in materia, e conclusi che la direttiva europea era stata
distorta con la regolamentazione nazionale di recepimento. Ho quindi una
ragione in più di rallegrarmi di quanto ha detto Bolkestein. Ma l’episodio
conferma ciò che i media di regime, notoriamente - al contrario di internet (v.
fake-news) – oracolo di verità
indiscutibili, ci propinano da tanto, cucinato in tantissimi modi, ma sempre
uguale nel senso (e nello scopo).
Il primo: “bisogna farlo perché ce lo chiede
l’Europa” e varianti sul tema come i “compiti a casa” o “come vivremmo senza
l’euro”, e giù condito di De Gasperi, Spinelli (Altiero, non fraintendete), Monnet
e chi più europeisti ha, più ne metta. Per lo più inventato perché da un lato
(v. Bolkestein) l’Europa non ci ha chiesto nulla, ma una classe dirigente priva
di autorità e consenso non ha il coraggio di decidere; e quindi fa finta che a
volerlo sia l’Europa, istituzione, fino a qualche lustro orsono, autorevole e dotata di un plebiscitario
consenso da parte degli italiani. Ed all’autorità si può applicare quel che Don
Abbondio diceva del coraggio (dote anch’essa carente nei “governanti”
italiani): che “chi non ce l’ha, non se lo può dare”. E in effetti a dargliela
devono essere gli altri, ed è comprensibile, quando manca, che la si sottragga
a chi ce l’ha.
Sottrai ora, sottrai domani, l’Unione europea
(che diverse colpe le ha, ma molte meno di quanto appaia) alla fine ne è
diventata priva, quasi quanto la classe “dirigente” italiana. La quale ha la
virtù inversa a quella di Re Mida: tutto (o quasi) quello che tocca si
trasforma in pattume: è un parassita (anche) d’autorità.
Ma ci sono altri aspetti della vicenda, meno
importanti che ripetono altri “ritornelli”, cui siamo abituati, tra i quali
spicca che i sacrificati della normativa di recepimento sono: a) piccoli
imprenditori (detti “partite IVA” nel linguaggio prevalente). Cioè evasori
fiscali, contributivi, spesso corruttori e soprattutto tarati da una
deprecabile tendenza a non votare certi partiti. Quindi vanno puniti, o, quanto
meno non (o meno) garantiti (e protetti).
Una qualche sollecitudine (per il commercio
ambulante) si segnala comunque, per le “società di capitali regolarmente
costituite e cooperative”; le quali potevano così ottenere le autorizzazioni
abitualmente date a persone fisiche; nulla di male, ma essendo le
autorizzazioni in atto praticamente tutte date a piccolissimi imprenditori e a
“termine”, in pochi anni sarà possibile per la grande distribuzione entrare
massicciamente un tale tipo di commercio, fruendo della massiccia presenza (sul
mercato) di autorizzazioni “scadute” dei vecchi concessionari.
Come in altri casi si è così alimentata una
nuova forma di lotta di classe, dato che quella “classica” borghese/proletario
è finita e quindi non “rende” più: quella tra piccoli e grandi (nelle leggi
bizantini “Penetes” e “Dunatoi”). E le élites
si lamentano poi, perché i Penetes,
nelle cabine elettorali, li abbiano mandati a casa. E per quale ragione
avrebbero dovuti tenerli in poltrona, dato che i Dunatoi vogliono mandare loro a casa? Ricambiano la cortesia.
Infine, come spesso in Italia, il tutto è
avvenuto osservando la “legalità”. La quale nel significato inteso da chi ha il
potere vuol dire osservando le procedure, ma soprattutto che il precetto sia
deciso dall’ufficio competente. Che
poi l’ufficio competente decida cose giuste o sbagliate, travalichi dai propri
poteri, disattenda (e talvolta stravolga) le direttive superiori è cosa di poco
rilievo, purché i timbri siano a posto e i comma in ordine. Alla fin fine la
normativa oggetto del contendere è stata decisa non dal Parlamento, ma
sostanzialmente da qualche ufficio amministrativo. Il legislateur caro a Rousseau è un direttore generale, con buona pace
dei diritti dei cittadini (e anche un po’ della democrazia).
Perciò bisogna essere grati a Bolkestein di
quanto ha detto; ha fatto come il bambino delle favole di Andersen, l’unico a vedere
tra tanti miopi ed ipocriti che il Re è nudo.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del trimestrale
di cultura politica “Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ).
Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il
salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia
della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va
lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).