Sondaggi. Riparte l’offensiva contro
Renzi
L’Italia di don Ferrante
Si è riaperta la caccia a Renzi. Appena l' ex premier ha pronunciato la parola
elezioni ( con qualche possibilità, insistiamo sul concetto, di superare il
famoso 40 per cento) è
partita l’offensiva. Anzi due.
Quella
dei sondaggi, talvolta diffusi ad arte per influenzare l’elettorato o comunque
influire sul dibattito politico. E qui sembra evidente, proprio per la tempistica, l'uso del fucile a pallettoni algoritimici per dare il colpo di grazia all'ultimo dei Medici, ramo di Rignano sull'Arno.
E quella degli
opinionisti del ma-chi-te-lo-fa-fare. Uno per tutti: Galli della Loggia, editorialista sempre dentro le righe, che però questa volta consiglia a
Renzi, senza tanti complimenti, di ritirarsi in alta montagna a meditare.
Stupisce, ma fino a un certo punto, l’ atteggiamento
autodistruttivo di una classe politica (e giornalistica) di post-nani e post-ballerine, che critica, critica, critica, senza però offrire alcuna alternativa reale alla proposta riformista di Renzi. Il quale, mai dimenticarlo,
unico nella storia della Prima e della Seconda Repubblica, era riuscito ( o
quasi) a liberare gli italiani da un Senato perfetto doppione della Camera, tirato su all'epoca per evitare nuove marce su Roma. E invece? La Costituzione del 1948, quando non ti clonavano la carta di credito ma ti rubavamo la biclicletta, è ancora lì, però
ci ritroviamo con Grillo, un cripto-fascista
a un passo dal potere e con il Senato che fa chic ma non funziona. Perfetto, per la serie come farsi del male da soli.
Qual
è la strategia degli anti-Renzi? Nessuna.
Vivere alla giornata, buttarla in caciara (pardon per il romanesco) sulla legge elettorale, promettere
tutto e il contrario di tutto pur di arraffare il potere. Poi si vedrà. Inciso: in Italia si critica Trump a reti unificate, per carità il personaggio non convince, però fa quello che in Italia non si usa fare: cerca di mantenere, piacciano o meno, le
promesse elettorali.
Tornando
ai programmi, per quel che riguarda Cinque Stelle, l’esperimento di Roma ha
valore politicamente dirimente, ma in negativo. Quanto
al progetto, che si comincia
a scorgere, di D’Alema, cosa si può
dire? Che rinvia a un centrosinistra stracotto,
guidato in tandem con Prodi: roba da rimpatriata tra amici. E il centrodestra di Berlusconi, Salvini e
Meloni? Roba da ridere. Non ha più
alcuna credibilità. E poi perché votare per la copia populista, penserà l'elettore di destra (modello classico con bava alla bocca), quando è possibile eleggere l’originale? Ossia Grillo?
La
tesi degli anti-renziani - il che dovrebbe far riflettere coloro che votavano il Cavaliere - è che
Renzi sia l’erede di Berlusconi. Aggiudicato. Ha quarant’anni di meno. E non va a
mignotte (pardon). Due ragioni in più per votarlo, no? E invece i teocon
italiani, che con i dignitosissimi cattolici liberali dell’Ottocento non hanno nulla a che fare (tradotto:
Alessandro Manzoni), sabato erano in piazza con la fascistella Meloni
(tradotto: Gaetano Quagliariello). Così
va il mondo, qui in Italia (tradotto: da Manzoni a Quagliariello). Evidentemente, non si perdona a Renzi, la legge
sulle unioni civili. Altro segno rivelatore di una destra
illuminata…
Del
resto, il Silvio, quello autentico, non vuole
andare in pensione. E sogna impossibili
recuperi, a costo di sfasciare tutto e consegnare
l’Italia a Grillo (come Roma). In un’intervista al “Messaggero” Berlusconi rivendica il merito di aver fatto vincere il no. Complimenti! Chi
scrive, spera fervidamente, che le “oggettine”
(e i giudici) gli tolgano pure le
mutande.
Qualcuno
si chiederà il perché dell’ anti-renzismo. Sarebbe come chiedersi il perché dell’anti-degasperismo
(contro lo statista democristiano, già anziano e malato, scese addirittura in
campo Guareschi, pur di screditarlo), dell’anti-fanfanismo (finito in barzellette), dell’anti-moroteismo (finito nel sangue) dell’anti-craxismo (finito
in tribunale), dell’anti-berlusconismo (idem con patate).
Il
punto è che gli italiani ( se ci si perdona l’antropologia un poco frettolosa), come il don Ferrante manzoniano, non
vogliono comandare né obbedire. E i leader politici che hanno provato a invertire la tendenza sono finiti
male. Va però ricordato, che don Ferrante,
morì di peste, proprio per non dar retta a nessuno, se non alle proprie bislacche teorie. Sicché, come si legge, “non prese nessuna precauzione contro la peste:
gli si attaccò: andò a letto, a morire, come un eroe del Metastasio,
prendendosela con le stelle”.
Qui invece bisognerebbe prendersela con i Cinque
Stelle, la nuova peste populista. Ma subito, prima, molto prima, di mettersi a letto e morire. Capito il
messaggio?
Carlo Gambescia