sabato 9 gennaio 2016

Riflessioni
Abrogare  
il reato di immigrazione clandestina?



In Italia tutto diviene materia di  scontro politico. La temperatura “partitica” sale,    si innalzano barricate verbali eccetera. In realtà, il tratto è tipico  dei  sistemi  liberaldemocratici, dove la politica viene intesa e praticata come dibattito pubblico,  ovviamente poi ogni paese ha sue specificità.   Perciò anche sulla ventilata abrogazione del reato di immigrazione clandestina  il clima si è surriscaldato (*).
La questione, se vogliamo evitare qualsiasi forma di emotività, può essere affrontata da due punti di vista:  dei principi e dei fatti.
Sotto l’aspetto dei principi, a meno che non si abbiamo conti in sospeso con la giustizia, la libertà di movimento - soprattutto all’interno di una società aperta -  è sacra.  Quindi il reato di immigrazione clandestina andrebbe abrogato. Perciò è vero, sul piano dell'etica dei principi,  nessun essere umano è illegale. 
Sotto l’aspetto pratico, dell'etica dei mezzi o della responsabilità, le cose stanno diversamente. Ed la stessa teoria economica con notevoli implicazioni di fatto, che ne sconsiglierebbe l’abrogazione. Ci spieghiamo subito, perché l’approfondimento  è interessante.
Si chiama libera circolazione dei beni e degli uomini.  Ottima cosa. Tuttavia, sotto il versante dell’allocazione dei beni e degli uomini, a ogni bene e uomo deve corrispondere un impiego economico. Tradotto:  nuovo immigrato uguale nuovo posto di lavoro. Cioè,  dietro  ogni domanda  di mobilità (ricerca di un lavoro all’estero) dovrebbe esserci una offerta (dall'estero), se ci si passa il gioco di parole, di ritrovata immobilità (un  lavoro).
Gli economisti, perciò sanno benissimo, che nel caso dell’immigrazione clandestina,  economicamente,  non c’è alcuna contropartita,  proprio perché a quella domanda di lavoro non corrisponde  alcuna offerta di lavoro.  
Ovviamente, e qui ci aiuta la sociologia, se tutti accettassero questo freddo ragionamento, non saremmo qui a discutere, alzando, anche senza desiderarlo, la posta emotiva.  In realtà, esistono gruppi di pressione, politici ed economici, socialmente attivi, come è naturale che sia, che sostengono la tesi dell’abrogazione in base a ragioni di principio (la libertà di movimento) e di fatto ( il contenimento del costo del lavoro). Su questo ultimo punto, però,  se è vero - concediamo -  che ogni domanda, prima o poi trova sua offerta e viceversa,  è altrettanto vero, che quel “prima o poi”, non ha una durata precisa. Ciò implica  la gestione interstiziale.  Di conseguenza,   i “tempi di attesa”,  pur  influendo  sul contenimento del costo del lavoro, restano gravosi sotto il profilo della assistenza sociale e dell’ordine pubblico,  perché, inevitabilmente,  comportano  costi  a  carico della collettività ed effetti di ricaduta emotiva non sempre controllabili.
Pertanto, abroghiamolo pure, però si dica prima chiaramente agli italiani che ogni immigrato clandestino rappresenta, mettiamo, un euro di tasse in più.  E quindi meno libertà per ognuno di noi. Siamo disposti a sacrificarla? Se sì, si aprano subito le porte a tutti.  Se no,  non lo si abroghi. 

   

2 commenti:

  1. Hola Carlo.
    Feliz 2016.
    Se crearán protectorados en África donde se trasladará a los inmigrantes.
    La política es el eterno retorno de lo mismo.
    http://elunicoparaisoeselfiscal.blogspot.com.es/2015/08/de-inmigrantes-colonialismo-y-politica.html

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  2. Podría ser una idea :-) Feliz 2016 para ti también!

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