Renzi, Grillo, Berlusconi: democrazia e
polemiche politiche
Molto rumore per nulla
Esiste
un limite alla polemiche politiche? Si pensi
solo alla stampa di destra, berlusconiana o meno, che un giorno sì l’altro pure attacca Renzi,
persino sul colore della cravatte. Oppure agli
insulti dei pentastellati contro tutto e tutti. O infine al tiro al bersaglio del Tg1 renziano su Grillo.
Un lettore, un telespettatore, un cittadino quale
idea possono farsi della democrazia? Che destra e sinistra, negli insulti, pari sono; che
la politica consiste nell’urlarsi addosso; che, di volta in volta tutto va malissimo o va
benissimo; che vince chi denigra l'avversario nel modo più feroce. E non è che negli altri
paesi democratici le cose stiano andando meglio...
Insomma,
la politica ridotta a risse tra caricature umane. Si può fare qualcosa? E qui bisogna subito prendere atto di un problema. La
democrazia, proprio perché discorso
pubblico, si presta, essendo basata
sulla forza numero, alla semplificazione: bianco e nero, buoni e
cattivi, e così via. L’importante è farsi capire da tutti i cittadini: più cresce il potenziale numero degli
elettori, più il discorso politico
pubblico si semplifica. Ecco la regolarità da tenere d’occhio.
Ovviamente, esiste una corrente di pensiero interna alla
democrazia che sostiene la possibilità di educare i cittadini, eccetera. I
risultati finora sono stati scarsi. Per contro, ne esiste un’altra, contraria alla democrazia - giudicata un lusso per poche menti elevate - che vorrebbe
limitare a pochi eletti o cancellare del
tutto.
Francamente,
basta leggere un qualsiasi quotidiano,
seguire un talk show politico, assistere a una seduta parlamentare, per
scoprire l’inconsistenza e l’incoerenza del dibattito pubblico. Che, sembra consistere nell’individuazione ed elencazione, secondo un crescendo isterico, delle contraddizioni
dell’avversario: “Dici questo, fai quello”. Salvo poi una volta agguantato il
potere, incorrere negli stessi errori. E così via.
Pertanto,
per rispondere al quesito iniziale, le
polemiche politiche, anche le più violente, sono consustanziali al discorso
pubblico democratico: non è una problema di forma ( cioè non riguarda l’autocontrollo
del linguaggio e dello stile politico) ma di contenuto: la democrazia, come lotta per la conquista del numero, implica automaticamente la semplificazione
del messaggio: più un messaggio deve rivolgersi a tutti, più deve colpire l’immaginazione. Può non piacere, ma è così.
Ovviamente, oltre un certo limite, “molto" o "troppo" rumore” può provocare il discredito della democrazia e il suo rigetto. Già un volta nel Novecento politico tutto questo è avvenuto, con conseguenze catastrofiche. Come contrastare, per così dire, l'inquinamento sonoro della democrazia? Come opporsi alla logica del numero? Se tale logica è il punto di forza della democrazia? Ma anche, come abbiamo visto, di debolezza?
Ovviamente, oltre un certo limite, “molto" o "troppo" rumore” può provocare il discredito della democrazia e il suo rigetto. Già un volta nel Novecento politico tutto questo è avvenuto, con conseguenze catastrofiche. Come contrastare, per così dire, l'inquinamento sonoro della democrazia? Come opporsi alla logica del numero? Se tale logica è il punto di forza della democrazia? Ma anche, come abbiamo visto, di debolezza?
Carlo
Gambescia
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