Ecco un grande regista, altro che Scola...
Centochiodi di Ermanno Olmi
Ieri
si è discusso di Ettore Scola, oggi invece si parla di Ermanno Olmi. E c’è un motivo: abbiamo molto apprezzato un suo film, Centochiodi, ripescato su Tv2000 qualche sera fa. A dire il vero, non ne condividiamo, come dire,
il messaggio. Però rispetto a Scola siamo su un altro piano. E spieghiamo perché.
Prima
la trama. Un docente di filosofia della religione, abbandona improvvisamente la sua Alma Mater, università cattolica, bolognese (forse), dotata di una magnifica biblioteca, per andare a vivere in povertà sulle rive del Po. Dove viene subito cooptato in una piccola comunità, che egli affascina, ammaestra, aiuta. Ma scompare di nuovo, questa volta, come Pinocchio, tra due carabinieri... E per sempre. Cosa c'è sotto? I cento antichi incunaboli , dai lui nottetempo inchiodati, l’uno
dopo l’altro, con furore distruttivo crescente… Per poi darsi alla fuga. Il che
spiega, chiudendo il cerchio, il sopravvenire della Benemerita.
Abbiamo
semplificato, forse troppo e irrispettosamente, un ricco tessuto narrativo che lascia il segno sotto l'aspetto visivo, grazie all'eccellente fotografia. Un film filosofico ( senza la pretesa di esserlo) che avvince, recitato nella affricata koinè della Bassa, da attori non
professionisti, a parte Raz Degan, il professore: perfetto, anche fisicamente (rispetto all'iconografia tradizionale), nell'interpretare un personaggio complesso, dallo sguardo che taglia e benedice, più vicino al Gesù apocrifo che sinottico.
Al
centro del discorso concettuale di Olmi
c’è il famoso contrasto tra natura e cultura. Nulla di nuovo neppure per il regista, dal momento che si tratta della cifra cognitiva che contraddistingue la sua opera
cinematografica, fin dagli inizi come documentarista. Parliamo del conflitto tra una vita reale che si confonde
con la natura e una vita artificiale, contro-natura (molto vicina, così pare, alla zivilisation spengleriana). Il dilemma - che il professore risolve scegliendo il Po - è tra la
verità delle cose che si scopre vivendo, e la verità sulle cose, che l'uomo crede di perseguire, leggendo o studiando. Di qui, la rivolta contro il libri e la cruda crocifissione nelle prime battute del film, cui segue il viaggio, per così dire, al centro della terra. Che poi è un viaggio al centro di noi stessi.
Il
tutto narrato con una semplicità e una sincerità sconvolgenti, lontane anni
luce dal dottrinarismo sociologista, a sfondo marxista, di Scola, sempre in cattedra. Naturalmente,
chi scrive, come detto, non condivide le tesi di Olmi. A voler essere rigorosi, tra la crocifissione degli incunaboli e i roghi nazionalsocialisti c’è una differenza
di grado, non di specie. Però, la capacità
narrativa di Olmi, la sua bravura nello spiegare poeticamente per immagini, quindi per
atmosfere, lascia senza fiato ( il suo, in fondo, è un cinema puro, autosufficiente, perché non necessita di grandi attori). Senza trascurare, la capacità maieutica di favorire la riflessione, a prescindere. Un
grande regista, veramente. Altro che
Scola.
Carlo Gambescia
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