domenica 24 gennaio 2016

Famiglie arcobaleno in piazza
Diritti o diritto? 



L’Arcigay ha parlato di un milione di persone in piazza. Nei resoconti si parla di cento  piazze  con più o meno  duemila persone l'una: il tutto fa duecentomila...  Non è serio, però la politica nelle democrazie  si regge sulla forza del numero,  quindi  si tratta di un peccato veniale…     
Invece i diritti sono una cosa seria,  ma il diritto ancora di più. Cosa vogliamo dire? Che la modernità liberale, e giustamente, ha  indicato nell’espansione  dei diritti individuali la sua meta più importante. Senza però tenere adeguatamente conto - con alcune eminenti  eccezioni -  di una cosa:  gli effetti di ricaduta del diritto come fatto sociologico e quindi organizzativo, all'interno della modernità democratica.  Effetti non proprio piacevoli.  Sicché, come vedremo, anche nel caso delle unioni civili, i conti potrebbero non tornare.  E perché?    
In primo luogo, perché  i diritti, sociologicamente parlando,  dipendono dal diritto, ossia dalla loro trasformazione in leggi, che ne  consentono l’esercizio, ossia in diritto positivo. Il che nelle democrazie rinvia alle maggioranze politiche, che approvano  le leggi  sulle basi di un consenso maggioritario, ma comunque parziale.  Per contro,  quanto meno una legge divide la pubblica opinione, tanto più è  facile  approvarla.  Il che,  tuttavia,  è un’ arma a doppio taglio: perché una legge liberticida -  parliamo in generale -  resta tale anche se approvata dalla totalità dei cittadini. Pertanto il consenso totalitario va temuto ancor più di quello maggioritario.      Però,   come si sente dire: "le cose vanno così", "tutti fanno così", "funziona così",  "in fondo, la democrazia eccetera, eccetera".  E si va avanti.   Si chiama, inerzia politica.
In secondo luogo, dopo le leggi, vengono i regolamenti, che, a loro volta, per l’attuazione dipendono dalle burocrazie,  il cui rendimento economico,  sociale e morale  è scarso o nullo. Quindi ritardi, costi elevati, conflitti,  corruzione, eccetera.  Però, nessuno protesta, perché, come si sente dire, "le cose miglioreranno",  "tanto a me non capita” eccetera, eccetera.  E così si tira avanti.   Si chiama,  inerzia sociale.
Riassumendo, la  nobilissima lotta liberale  per  i diritti, una volta trasformata in diritto a colpi di maggioranze democratiche, rischia di trasformarsi  in  sottomissione ai tempi, ai costi, alle prepotenze delle burocrazie  pubbliche. Poi, figurarsi in Italia, paese statalista...     
Qual è il succo di tutto questo?  Che la risposta è nella libertà negativa. Meno lo stato legifera, più il cittadino è libero.  Il che implica rischi. Certo. Ma quale libertà, vera libertà, ne è priva? Ciò significa - e finalmente veniamo al punto -  che  i manifestanti per le unioni  civili,  puntando sulla libertà positiva e consegnandosi  all'abbraccio tentacolare dello Stato, rischiano di farsi del male da soli.  
E poi, una domanda:  ma la sinistra, alla quale preme tanto la legge  sulle unioni civili, una volta non era per l’amore libero? 


Carlo Gambescia

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