Riflessioni
Abrogare
il
reato di immigrazione clandestina?
In
Italia tutto diviene materia di scontro
politico. La temperatura “partitica” sale,
si innalzano barricate verbali eccetera. In realtà, il tratto è
tipico dei sistemi
liberaldemocratici, dove la politica viene intesa e praticata come
dibattito pubblico, ovviamente poi ogni
paese ha sue specificità. Perciò anche
sulla ventilata abrogazione del reato di immigrazione clandestina il clima si è surriscaldato (*).
La
questione, se vogliamo evitare qualsiasi forma di emotività, può essere
affrontata da due punti di vista: dei
principi e dei fatti.
Sotto
l’aspetto dei principi, a meno che non si abbiamo conti in sospeso con la
giustizia, la libertà di movimento - soprattutto all’interno di una società
aperta - è sacra. Quindi il reato di immigrazione clandestina
andrebbe abrogato. Perciò è vero, sul piano dell'etica dei principi, nessun essere umano è illegale.
Sotto
l’aspetto pratico, dell'etica dei mezzi o della responsabilità, le cose stanno diversamente. Ed la stessa teoria economica
con notevoli implicazioni di fatto, che ne sconsiglierebbe l’abrogazione. Ci
spieghiamo subito, perché l’approfondimento è interessante.
Si
chiama libera circolazione dei beni e degli uomini. Ottima cosa. Tuttavia, sotto il versante
dell’allocazione dei beni e degli uomini, a ogni bene e uomo deve
corrispondere un impiego economico. Tradotto: nuovo
immigrato uguale nuovo posto di lavoro. Cioè, dietro
ogni domanda di mobilità (ricerca
di un lavoro all’estero) dovrebbe esserci una offerta (dall'estero), se ci si passa il gioco di
parole, di ritrovata immobilità (un lavoro).
Gli economisti, perciò sanno benissimo, che nel caso dell’immigrazione clandestina, economicamente, non c’è alcuna contropartita, proprio perché a quella domanda di lavoro non
corrisponde alcuna offerta di lavoro.
Ovviamente,
e qui ci aiuta la sociologia, se tutti accettassero questo freddo ragionamento, non saremmo qui a discutere, alzando, anche senza desiderarlo, la posta emotiva. In realtà, esistono
gruppi di pressione, politici ed economici, socialmente attivi, come è naturale che sia, che sostengono la
tesi dell’abrogazione in base a ragioni di principio (la libertà di
movimento) e di fatto ( il contenimento del costo del lavoro). Su questo ultimo
punto, però, se è vero - concediamo - che ogni domanda,
prima o poi trova sua offerta e viceversa, è altrettanto vero, che quel “prima o poi”,
non ha una durata precisa. Ciò implica la gestione interstiziale. Di conseguenza, i “tempi
di attesa”, pur influendo sul contenimento del costo del lavoro, restano gravosi sotto il profilo della assistenza sociale e dell’ordine
pubblico, perché, inevitabilmente, comportano costi a carico della collettività ed effetti di ricaduta emotiva non sempre controllabili.
Pertanto,
abroghiamolo pure, però si dica prima chiaramente agli italiani che ogni immigrato clandestino rappresenta, mettiamo, un euro di tasse in più. E quindi meno libertà per ognuno di noi. Siamo disposti a sacrificarla? Se sì, si
aprano subito le porte a tutti. Se no, non lo si abroghi.
Hola Carlo.
RispondiEliminaFeliz 2016.
Se crearán protectorados en África donde se trasladará a los inmigrantes.
La política es el eterno retorno de lo mismo.
http://elunicoparaisoeselfiscal.blogspot.com.es/2015/08/de-inmigrantes-colonialismo-y-politica.html
Podría ser una idea :-) Feliz 2016 para ti también!
RispondiElimina