sabato 16 gennaio 2016

Gli  Indiana Jones delle  scienze sociali, ovvero  alla ricerca del sepolcro perduto…
Il Michels ritrovato
di Carlo Gambescia e Carlo Pompei



Anche le scienze sociali hanno una componente archeologica, non proprio all’Indiana Jones, ma quasi.  Detta così, la frase risulta incomprensibile. Dobbiamo perciò cominciare dall’antefatto.
È noto agli studiosi - o almeno dovrebbe -  che Roberto Michels, grandissimo scienziato politico,   morto nel 1936 all’età di sessant’anni,  è sepolto al Cimitero  del Verano  di  Roma. Ma dove esattamente? A una nostra “formale richiesta a mezzo e-mail agli uffici preposti”, come si dice in burocratese,  " i suddetti uffici"  rispondono, piuttosto rapidamente e gentilmente indicando un “riquadro”: l’area di sepoltura,  delimitata da siepi, alberi, manufatti, che in genere accomuna, per data o periodo,  le tombe.   È fatta,  sappiamo dove cercare.  Perfetto:  cosa rapida e indolore. Non è vero, pensiamo soddisfatti,  che in Italia eccetera, eccetera...
Di mattina presto, muniti di piantina, magari non proprio abbigliati come Indiana Jones ma con lo stesso spirito, penetriamo  - è il verbo giusto -   nella nostra ideale Valle dei Templi…  Inciso,  il Verano e così antico e suggestivo da meritare una visita, a prescindere.
Arriviamo al  riquadro indicato. Piuttosto ampio.  Un rapido sguardo alle date indicate sulle tombe, prato all’inglese (diciamo, "tentativo" di...),  con qualche bel manufatto, ma  quasi tutte in cattive, se non pessime condizioni, un rapido sguardo dicevamo,  conferma che il periodo è quello: gli anni Trenta.   
Tomba Malatesta - Verano Roma - Foto Carlo Pompei copyright
Errico Malatesta  (foto di Carlo Pompei ©)

Qui c’è Malatesta (l’anarchico), lì Buonaiuti, (il  prete modernista in rotta con la Chiesa), poi  giudici, prefetti (non si sa mai), cavalieri, uno schermitore (bellissima la statua funeraria), qualche bel bambino. Appena fuori, discosto, a un crocicchio, Ugo Spirito. Ma il Nostro non c’è… Andiamo su e giù almeno tre volte, il “riquadro” non grande ma neppure piccolo. Niente.  Contrordine: tirare fuori la  piantina… 
E subito le cose  si complicano . Perché, ci accorgiamo che di riquadri con quel numero  ce ne sono altri tre… Due nella parte, alta, nobile, antica, uno in quella ebraica. Che fare? Ci guardiamo, anzi scrutiamo: siamo in condizioni pietose,  le zanzare, numerosissime e assatanate ci hanno letteralmente vampirizzato, quasi ai limiti del colpo di grazia anafilattico. Decidiamo di continuare la ricerca. Altrimenti, che Indiana Jones saremmo?
Tomba Buonaiuti - Verano Roma - Foto Carlo Pompe copyrighti
Ernesto Buonaiuti (foto di Carlo Pompei ©)

Si sale: gli spazi si  fanno più ridotti, la nostra automobile, arranca per vialetti, viottoli, circondata, peggio assediata, da  pini altissimi e cipressi smisurati (a Roma “alberi pizzuti”; da qui: “andare agli “alberi pizzuti”, ossia morire), la temperatura, anche se di settembre, sale  e non perdona.  Per quattro volte, sudatissimi, e sotto i colpi di una Dresda di zanzare,  ripercorriamo su è giù i due “riquadri nobili”,  perlustrando  tombe, ormai allo stato di rudere, ricoperte di foglie e rampicanti,  veri e propri polverosi cespugli di tufo,  dai nomi illeggibili.  Niente. Il Nostro  sembra svanito nel nulla…
Ultima tappa, la parte ebraica. Non si sa mai.  E qui, misteriosamente, pur non trovando nulla, ci sentiamo come in comunione  con i nostri Fratelli Maggiori. Pace, di dentro. All’improvviso, sotto  la Stella, lo sguardo cade sulla foto di un bambino in uniforme Balilla, scomparso nel 1932: le infami leggi  razziali erano ancora di là da venire.
Comunque, niente. La grigia e malinconica cappa della spedizione “archeologica”  fallita inizia a  scendere su di noi… All’improvviso,  si decide -  forse potevamo farlo prima – “di porre la questione  agli uffici preposti”, per dirla di nuovo in burocratese. Prima però, chiediamo qualche informazione, a un gruppo di “seppellitori” -  così definiti da un giardiniere in canottiera spuntato all’improvviso da dietro un albero (“Chiedete ai ‘seppellitori’, sanno tutto”) -   incontrati lungo la strada: fumano e parlottano tra di loro.   E tra  una tirata e l’altra (quanto tempo è trascorso dai monatti manzoniani…),  ci indirizzano all'Archivio, con  autorevolezza degna di  Ponzio Pilato. 
Verano Roma - tomba Spirito - Foto Carlo Pompei Copyright
Ugo Spirito (foto  di Carlo Pompei ©)

Qui, appare il nostro Angelo Custode. Un  “responsabile”, come si dice, garbato, attento, fiero del suo lavoro. Un vero  burocrate di  razza (sarebbe piaciuto a Weber). Si immerge subito nell’archivio, non  quello elettronico:  tra giganteschi tomi, incartapecoriti e minacciosi. Riemerge, una boccata d’aria, e di nuovo  sotto. Alla terza immersione il mistero è risolto: “Sì, Roberto Michels, eccolo qui”, indicando, sulla pagina ingiallita di un librone alla Harry Potter: colpisce la bella grafia d’epoca,  stile di cui si sono perse le tracce. “Sì,  morto il due maggio 1936, ma da noi è giunto il 5, come potete vedere”. Sgraniamo gli occhi davanti al miracolo. “Dove è sepolto?”.  “Dunque, sepoltura speciale: per quasi  un anno è rimasto in un loculo, per poi essere trasferito nella erigenda tomba di famiglia. Ecco è qui i dati precisi, anche delle proprietà confinanti…”.  Sorpresa! Si tratta di   uno dei riquadri da noi attentamente esplorati, così almeno credevamo… Come possibile? Colpa nostra: non siamo laureati in archeologia.
Abbracciamo ( o quasi) il nostro caro Angelo… E torniamo sui nostri passi. 
Eccoci di nuovo: parte nobile del Verano, abbastanza antica,  riquadro piuttosto piccolo. Già visitato. Ora però abbiamo  alcune informazioni più precise sulle tombe  accanto a quella del Nostro. 
Verano Roma - Tomba Michels  - Foto Carlo pompei copyright
Roberto Michels (foto di  Carlo Pompei ©)
Sudatissimi (e con l’emocromo  massacrato dalle zanzare) ci aggiriamo, come zombi tra  stele  funerarie aggredite dall'umidità,  cappelle in rovina, anch’esse sul punto di tirare l’ultimo respiro, palme polverose  e piegate dal vento e dal tempo, cartelli con indicazioni di pericolo: ovunque si stende e protende  una  gelatinosa trama di rampicanti e fogliame verdastro da Capitano Nemo.  Niente. La nostra ricerca sta diventando un'impresa disperata.  All’improvviso,  appare una tomba, dal nome inciso quasi illeggibile, uno di  quelli riportati nel librone di Harry Potter,  che dovrebbe confinare  con il  sepolcro del Nostro.   Ma dove?  Ci guardiamo intorno.  Vediamo solo un cespuglio. Sotto non può esserci una tomba… E invece sì. Scostiamo le foglie. E subito si legge“ Figlio di Colonia”. È lui. Roberto Michels.
Che emozione! Da archeologi. Delle scienze sociali.

Carlo Gambescia e Carlo Pompei               
                 


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