Gli Indiana Jones delle scienze sociali, ovvero alla
ricerca del sepolcro perduto…
Il Michels ritrovato
di Carlo Gambescia e Carlo Pompei
Anche
le scienze sociali hanno una componente archeologica, non proprio all’Indiana
Jones, ma quasi. Detta così, la frase
risulta incomprensibile. Dobbiamo perciò cominciare dall’antefatto.
È
noto agli studiosi - o almeno dovrebbe - che Roberto Michels, grandissimo scienziato politico, morto nel 1936 all’età di sessant’anni, è sepolto al Cimitero del Verano di Roma. Ma dove esattamente? A
una nostra “formale richiesta a mezzo e-mail agli uffici preposti”, come si dice in burocratese, " i suddetti uffici" rispondono, piuttosto
rapidamente e gentilmente indicando un “riquadro”: l’area di sepoltura, delimitata da siepi, alberi, manufatti, che
in genere accomuna, per data o periodo,
le tombe. È fatta, sappiamo dove cercare. Perfetto:
cosa rapida e indolore. Non è vero, pensiamo soddisfatti, che in Italia eccetera, eccetera...
Di
mattina presto, muniti di piantina, magari non proprio abbigliati come Indiana
Jones ma con lo stesso spirito, penetriamo
- è il verbo giusto - nella
nostra ideale Valle dei Templi…
Inciso, il Verano e così antico e
suggestivo da meritare una visita, a prescindere.
Arriviamo
al riquadro indicato. Piuttosto
ampio. Un rapido sguardo alle date
indicate sulle tombe, prato
all’inglese (diciamo, "tentativo" di...), con qualche bel manufatto,
ma quasi tutte in cattive, se non pessime condizioni, un rapido sguardo
dicevamo, conferma che il periodo è
quello: gli anni Trenta.
Errico Malatesta (foto di Carlo Pompei ©) |
Qui
c’è Malatesta (l’anarchico), lì Buonaiuti, (il
prete modernista in rotta con la Chiesa ), poi
giudici, prefetti (non si sa mai), cavalieri, uno schermitore
(bellissima la statua funeraria), qualche bel bambino. Appena fuori, discosto, a un crocicchio, Ugo Spirito. Ma il Nostro non c’è… Andiamo su e giù almeno
tre volte, il “riquadro” non grande ma neppure piccolo. Niente. Contrordine: tirare fuori la piantina…
E subito le cose si complicano . Perché, ci
accorgiamo che di riquadri con quel numero ce ne sono altri tre… Due nella parte, alta,
nobile, antica, uno in quella ebraica. Che fare? Ci guardiamo, anzi scrutiamo: siamo in
condizioni pietose, le zanzare, numerosissime e assatanate ci hanno
letteralmente vampirizzato, quasi ai limiti del colpo di grazia anafilattico.
Decidiamo di continuare la ricerca. Altrimenti, che Indiana Jones saremmo?
Ernesto Buonaiuti (foto di Carlo Pompei ©) |
Si
sale: gli spazi si fanno più ridotti, la
nostra automobile, arranca per vialetti, viottoli, circondata, peggio assediata, da pini altissimi e cipressi smisurati (a Roma
“alberi pizzuti”; da qui: “andare agli “alberi pizzuti”, ossia morire), la
temperatura, anche se di settembre, sale e non perdona.
Per quattro volte, sudatissimi, e sotto i colpi di una Dresda di
zanzare, ripercorriamo su è giù i due “riquadri
nobili”, perlustrando tombe, ormai allo stato di rudere, ricoperte
di foglie e rampicanti, veri e propri
polverosi cespugli di tufo, dai nomi
illeggibili. Niente. Il Nostro sembra svanito nel nulla…
Ultima
tappa, la parte ebraica. Non si sa mai.
E qui, misteriosamente, pur non trovando nulla, ci sentiamo come in
comunione con i nostri Fratelli
Maggiori. Pace, di dentro. All’improvviso, sotto la
Stella , lo sguardo cade sulla foto di un bambino in uniforme Balilla, scomparso nel 1932: le infami leggi razziali erano ancora di là da venire.
Comunque,
niente. La grigia e malinconica cappa della spedizione “archeologica” fallita inizia a scendere su di noi… All’improvviso, si decide -
forse potevamo farlo prima – “di porre la questione agli uffici preposti”, per dirla di nuovo in
burocratese. Prima però, chiediamo qualche informazione, a un gruppo di
“seppellitori” - così definiti da un
giardiniere in canottiera spuntato all’improvviso da dietro un albero
(“Chiedete ai ‘seppellitori’, sanno tutto”) - incontrati lungo la strada: fumano e parlottano
tra di loro. E tra una
tirata e l’altra (quanto tempo è trascorso dai monatti manzoniani…), ci indirizzano all'Archivio, con autorevolezza degna di Ponzio Pilato.
Ugo Spirito (foto di Carlo Pompei ©) |
Qui,
appare il nostro Angelo Custode. Un
“responsabile”, come si dice, garbato, attento, fiero del suo lavoro. Un
vero burocrate di razza (sarebbe piaciuto a Weber). Si immerge
subito nell’archivio, non quello
elettronico: tra giganteschi tomi,
incartapecoriti e minacciosi. Riemerge, una boccata d’aria, e di nuovo sotto. Alla terza immersione il mistero è
risolto: “Sì, Roberto Michels, eccolo qui”, indicando, sulla pagina ingiallita
di un librone alla Harry Potter: colpisce la bella grafia d’epoca, stile di cui si sono perse le tracce.
“Sì, morto il due maggio 1936, ma da noi
è giunto il 5, come potete vedere”. Sgraniamo gli occhi davanti al miracolo.
“Dove è sepolto?”. “Dunque, sepoltura
speciale: per quasi un anno è rimasto in
un loculo, per poi essere trasferito nella erigenda tomba di famiglia. Ecco è
qui i dati precisi, anche delle proprietà confinanti…”. Sorpresa! Si
tratta di uno dei riquadri da noi
attentamente esplorati, così almeno credevamo… Come possibile? Colpa nostra:
non siamo laureati in archeologia.
Abbracciamo
( o quasi) il nostro caro Angelo… E torniamo sui nostri passi.
Eccoci
di nuovo: parte nobile del Verano, abbastanza antica, riquadro piuttosto piccolo. Già visitato. Ora
però abbiamo alcune informazioni più
precise sulle tombe accanto a quella del
Nostro.
Roberto Michels (foto di Carlo Pompei ©) |
Che emozione! Da archeologi. Delle scienze sociali.
Carlo Gambescia e Carlo Pompei
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