sabato 2 gennaio 2016

Il Mein Kampf torna in libreria
Da Hitler a  Mattarella?





Il titolo può apparire curioso se non strambo. Ma se il lettore avrà la pazienza di seguire il nostro ragionamento... Ora, il Mein Kampf torna in libreria.  In Germania, dove non poteva circolare.  Corredato si legge, «da 3500 note preparate da un pool di illustri storici che serviranno a contestualizzare le tesi contenute nel volume», che  «assicurano gli addetti dell'istituto di storia contemporanea di Monaco (Ifz), distruggeranno il mito che circonda il manifesto hitleriano» (*).
Crediamo, non esistano libri pericolosi. Nessuno obbliga a leggere il Mein Kampf  o altre opere, di segno politico opposto. Sono scelte individuali.  Tuttavia,  se proprio si vuole parlare, e seriamente,  della pericolosità di un libro del genere si deve porre l’accento sul suo costruttivismo. Oltre ovviamente al disgustoso  antisemitismo  che contraddistingue l’opera, però così accentuato da sfiorare il ridicolo, per il macchiettismo ossessivo, certo dalle conseguenze storiche tragiche, che anima la scrittura hitleriana quando traccia  il ritratto del semita, nemico assoluto. Sarebbe bastato  (e basterebbe)  il semplice buon senso  per screditare le castronerie nazionalsocialiste sugli ebrei. Purtroppo non è stato così.  Perché?
Talvolta, le comunità, sociologicamente (e qui torniamo sul “punto costruttivismo”),  si costruiscono e rafforzano  intorno  alla figura del nemico e alla celebrazione di un entità collettiva salvifica e protettiva (il partito, lo stato, il grande fratello dell’assistenza pubblica)  contro qualcuno o qualcosa. Perciò la vera pericolosità dell’opera hitleriana è nel meccanismo  protezione-dal-nemico-attraverso-la-costruzione-di-una-comunità-di-puri. Dinamica che può riprodursi all’interno di qualsiasi società, in nome della  protezione sociale e politica di una qualche entità collettiva. Perché - attenzione, si tratta di un fatto antropologico e sociologico - l’individuo se messo, drasticamente, davanti alla scelta tra libertà e protezione (da qualcuno, da qualcosa) sceglierà sempre la protezione, rinunciando alla libertà.  E qui il discorso si fa più interessante e attuale.
C’è un bellissimo libro di  Wolfgang Schivelbusch (**) dove sono studiati come esempi di costruttivismo e protezionismo sociale, fascismo, nazionalsocialismo e welfarismo roosveltiano (il padre, via Keynes,  di tutti gli "assistenzialismi" post-bellici). La tesi è che  fra i  tre regimi esiste una differenza di grado ma non di specie.
Semplificando  ( e sviluppando) le sue analisi:  se per il fascismo e il nazismo il nemico era l’Ebreo, o comunque  « l’elemento antinazionale e disfattista», per il  welfarista  (non solo roosveltiano) il nemico è l’evasore fiscale.  Il difensore dello Stato Sociale ( e Protezionista), un moloch costruito intorno alla retorica dei diritti sociali e di una inevitabile pressione tributaria, crescente e insostenibile per i singoli e per l’economia, come sostengono numerosi economisti (il lettore non sorrida, ma rifletta seriamente sulla questione): purtroppo per molti imprenditori, soprattutto piccoli e medi, l'alternativa è tra il fallimento o l'evasione fiscale. Il difensore dello Stato Sociale, dicevamo, indica nell’evasore,  il disonesto  nemico del popolo degli onesti. Il "free rider":  quello che non collabora, usurpando fantasmatici "beni pubblici", secondo la tipologia colpevolista coniata dalla sociologia welfarista.  Da un lato la comunità dei  puri (quelli che pagano le tasse) dall’altra gli impuri (quelli che non le pagano). Ripetiamo,  il capro espiatorio dell'insicurezza sociale (frutto del trade-off protezione-libertà) è cambiato - l'Evasore non l'Ebreo - ma il principio è lo stesso. 
E qui, si pensi all'anatema lanciato contro l'evasione fiscale  dal Presidente Mattarella nel discorso di fine anno. Il Capo dello Stato anche per ragioni di famiglia (non solo politica), proviene  da un partito (la Democrazia cristiana, in particolare la sinistra democristiana) da sempre amico dello Stato Sociale e nemico dei valori liberali, in politica e in economia.  E si vede.
Da Hitler a Mattarella?  La parola ai lettori.
Carlo Gambescia


                       
(*) http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2015/12/27/il-mein-kampf-di-hitler-torna-in-libreria_5f61a496-ce7e-4224-bfa5-b289b244a54c.html . Si vedano anche i commenti: si discute di tutto, ma  non si affronta il cuore della questione, il costruttivismo hitleriano.  
(**)  W. Schivelbusch, 3 New Deal. Parallelismi tra gli Stati Uniti di Roosevelt, l’Italia di Mussolini e la Germania di Hitler. 1933-1939, Tropea, Milano  2008.      
     



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