La scomparsa di David Bowie
L'Italia è cambiata, anche anche grazie a lui
David Bowie fu tra i
primi cantanti pop a giocare, per così dire, sull’equivoco
dell’androgino. Si era allora negli anni Settanta. In
Italia, ancora si scherzava pesantemente sui “froci”. E non
solo. Più o meno nello stesso giro di
tempo, esplose l’iconica Amanda
Lear, E poi, come dimenticare il gustosissimo
ciclo cinematografico del vizietto, con la prima
coppia en travesti Tognazzi-Serrault? Che, di
fatto, contribuì grandemente, a colpi di innocue risate, allo sdoganamento sociale del "diverso" (con o senza virgolette).
David Bowie, Amanda
Lear, Michel Serrault, l’androgino
romantico, il transessuale autoironico, il travestito
patetico, tre modelli che invitavano, magari sopra le righe, a riflettere non sui gay ma
sulla “questione omossessuale”, come allora si scriveva fin troppo seriosamente.
Oggi, nessuno fa più caso a
queste cose, o quasi. Vladimir Luxuria sta a Bowie, Lear, Serrault, come
l’istituzione sta al movimento, per dirla in sociologhese. Del resto,
quando Checco Zalone, intona “Gli uominisessuali”, si
ride tutti, non tanto per la performance del comico pugliese quanto
del “come eravamo”. Si ride di noi
stessi. Il che significa che negli ultimi quarant’anni
l'atteggiamento verso i gay è cambiato senza
bisogno di ricorrere al dirigismo legislativo. È
mutato da sé, prima di tutto nell’immaginario, nel
costume, attraverso la libera scelta di cantare certe
canzoni e vedere certi film, in allegria. Pacificamente. I
famosi “tabù” sono caduti da soli grazie a quella che potremmo chiamare la mano
invisibile del sociale: attenzione non dello stato e delle leggi. C’è una bella differenza. Mai confondere, ripetiamo, il movimento con l'istituzione: il cambiamento spontaneo con il cambiamento diretto dall'alto.
E se questo è accaduto è
anche merito di David Bowie, che ieri ci ha
lasciato. Grazie David.
Carlo Gambescia
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