Due anni di Papa Francesco
Dove va la Chiesa ?
Provare a giudicare i due anni di
pontificato di Papa Francesco è un esercizio inutile. Si tratta di un “approccio”
che può avere senso sul piano mediatico, più spicciolo. Detto brutalmente: per chi
vive di gossip, pauperismo insincero, provocazioni stupide e di “Santi subito!”. Anche perché, perfino le analisi, apparentemente più approfondite, non
vanno oltre gli ultimi cinque o sei
pontificati: diciamo che partono "serialmente" dalla “svolta”, il Concilio Vaticano
II. Limitandosi a valutare il grado di coerenza con i suoi assunti "democratici" (più avanti, il lettore capirà il perché del virgolettato).
In realtà, ogni pontificato andrebbe incasellato, strutturalmente (cosa che piace al sociologo) nel quadro ben più profondo della “Lotta per le investiture”, come del resto ha osservato Dalmacio Negro (*) . Ovviamente,
non in senso storico stretto ( evenemenziale o politico-militare), bensì come metaconflitto tra potere laico e potere religioso: un
contrasto che ha distinto la storia dei
due poteri, e che oggi vede la
Chiesa sulla difensiva, grosso modo dalla Rivoluzione Francese.
Ora, una volta assodata la natura del conflitto,
che, semplificando è quello tra un dio
mortale ( lo Stato, o comunque tra
una delle forme terrene assunte
dal “politico” ) e un dio immortale (la Chiesa come prolungamento di
un potere ultraterreno), si deve procedere nel ragionamento, individuando un
punto importante: i due sistemi obbediscono a forme di legittimazione,
assolutamente opposte, lo Stato,
all’inizio vincolato, a una
sovranità discendente proveniente dall’alto (da Dio), oggi ubbidisce a una sovranità ascendente, proveniente dal
basso (dagli uomini); la Chiesa , per contro,
continua a ubbidire, come asserisce pubblicamente, a una sovranità proveniente dall’alto. Resta difficile dire, se nella "eterna" lotta per le investiture, anche la Chiesa si “emanciperà”,
laicizzandosi del tutto, o se sarà lo Stato a fare un passo indietro.
Si può solo anticipare, che per ora - ovviamente dal punto di vista dei presupposti interni - mentre
il potere politico sembra mostrarsi perfettamente coerente con i propri, il potere religioso, come abbiamo detto sulla difensiva da almeno un paio di secoli, non sembra più sicuro dei suoi presupposti.
Non interessa qui discutere circa la bontà dei valori
degli uni o degli altri, ma più semplicemente dei livelli di coerenza del “Sistema-Stato” e del
“Sistema-Chiesa”, rispettivi
prolungamenti, ripetiamo, del potere
politico e religioso. Diciamo allora che
la Chiesa , per
quello che riguarda i principi, quale sistema a struttura aristocratica e gerarchica, basato sulla sovranità ultraterrena, rischia di somigliare sempre di più allo Stato che invece, sempre a livello
di principi, è un sistema a struttura democratica,
razionale-legale, fondato sulla sovranità terrena. Per inciso, uno Stato che va perdendo i
suoi confini, tornando a farsi universale, come la Chiesa , e quindi ancora più minaccioso. Che poi nei fatti esistano
costanti, che mostrano che i due sistemi, non sono completamente aristocratici
(la Chiesa ) né
democratici (lo Stato), è un’altra
questione: metapolitica. E chi ci legge sa che cosa intendiamo.
Si tratta di un bene? Si tratta di un male? Dipende dal punto di vista ideologico. Non possiamo che rispondere, come Papa Francesco: “Chi sono io per giudicare?". Con una differenza fondamentale però: che il Santo Padre, in quanto parte in causa, a differenza di un puro e semplice studioso come chi scrive, dovrebbe giudicare. Eccome.
Carlo Gambescia
Debe el Papa juzgar, como "parte", sin duda, pero sobre todo porque tiene "auctoritas".
RispondiEliminaMuy correcto. Gracias!
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