Il libro della settimana: Riccardo Scarpa, Nordici e sudici, Diana Edizioni 2014, pp. 268, Euro 15,00 (recensione a cura di Teodoro Klitsche de la Grange).
Questo
libro è uno dei (non pochi, e particolarmente aumentati da alcuni anni ad oggi)
“revisionisti” sul Risorgimento e sulle
di esso conseguenze.
I
dati citati da Scarpa sono in parte noti: l’ottima situazione finanziaria del
Regno delle due Sicilie, la consistenza della flotta mercantile (la terza in
Europa), l’eccellenza di alcune attività industriali. Altri meno noti: si
apprende che nel Nord per tredici milioni di cittadini c’erano 7.087 medici,
mentre nel Sud ne esistevano 9.390 per nove milioni di abitanti; l’opificio di
Pietrarsa, all’avanguardia europea nelle costruzioni ferroviarie, contava il
doppio di addetti rispetto agli stabilimenti genovesi dell’Ansaldo; l’industria
occupava oltre un milione di addetti. Nel giro di qualche anno la situazione si
sarebbe rovesciata; e tale è rimasta.
Così
è continuata la mala fama alimentata nei confronti del governo dei Borboni.
Anzi è stata perfezionata al punto di diventare abitudine in altre occasioni:
ogni governo o regime che s’installa nel Bel Paese comincia col criticare (e
spesso calunniare) il precedente, onde occultare o ridurre l’impatto negativo
dei propri demeriti. Il governo dei Borboni non era il massimo, ma neanche il
peggiore d’Europa: spendeva poco, specie nell’istruzione, ma tassava meno. Le
sue finanze erano sane.
A
parte economia e finanze, la guerriglia filo-borbonica provocò una serie di
reazioni che, negando il brigante come justus
hostis, ne facevano un nemico “illegittimo”, ma come spesso succede assoluto. Così le ricerche di Lombroso,
come scrive l’autore, condotte sui crani (e i cadaveri) dei briganti fucilati e
volte a dimostrare che i partigiani borbonici erano delinquenti per natura. Ma il nemico assoluto è tale proprio perché non può
non essere tale: il secolo XX ha fornite altre – e più estese varianti sul
tema: si è nemici per razza (l’ebreo) o per classe (il borghese). Tutte accomunate dal
fatto di essere tale e non poter non esserlo. Mentre il nemico “classico” è
quello che è tale per propria (e/o altrui) scelta volontaria, onde può
diventare l’alleato o l’amico di domani. Col nemico non si fa solo la guerra: si tratta
anche la pace. Cosa che al nemico assoluto non è permesso dalla natura, per cui
non si può essere in pace con lo stesso.
L’altro
carattere della lotta anti-brigantaggio, già dettato da Bettino Ricasoli in una
nota circolare (per i funzionari italiani, e soprattutto per quelli operanti
all’estero) è di minimizzare il carattere e la portata della lotta popolare
anti-unitaria. Non si sa con quali risultati (all’estero): ma sicuramente
efficaci e duraturi nella storiografia ufficiale italiana successiva.
A
tale proposito scrive Scarpa “Secondo fonti estere dell’epoca, solo dal gennaio
all’ottobre 1861 nell’ex Regno delle Due Sicilie erano stati fucilati 9.860
rivoltosi, altri 10.604 feriti, rase al suolo 918 case, bruciati per intero sei
paesi, imprigionate 13.629 persone, più di diecimila i caduti in combattimento…
Ma la verità è che quanto sia costata in termine di vite umane quella guerra
civile non si è mai potuto sapere con precisione… Alla commissione d’inchiesta
nominata per far luce sui fatti il
Generale La Marmora
confesserà che le perdite subite dall’esercito non sono mai state accertate, ma
pare che superassero quelle di tutte le campagne contro l’Austria. Più
verosimilmente, i soldati piemontesi caduti sarebbero stati circa 23.000, tutti
uccisi in combattimento.”
Un
libro interessante che, accanto a fatti noti, ne ricorda altri anche successivi,
tuttora ignorati.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la
Grange è avvocato, giurista,
direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della
cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2014).
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