Quali sono veri problemi di questa fase storica? L’intelligenza artificiale? La transizione ecologica? Il razzismo e la disuguaglianza? La pace? Il fondamentalismo?
Qui ci fermiamo, perché la lista è molto lunga. Del resto ognuno di noi può aggiungere, togliere, sostituire altre “voci”.
La vera domanda in realtà è un’altra. C’è un elemento, fattore, idea che distingue, riassume, spiega sintetizza, nel bene e nel male, questa fase storica, rispetto alle altre? Sì. E di quale idea si tratta?
Si pensi intanto alla “possibilità” di comunicare e trasferire velocemente uomini e merci da un lato all’altro del pianeta. Non ci si soffermi però sugli aspetti tecnologici, ma sull’idea di “possibilità”.
Infatti è questa la parola d’ordine che può designare il nostro tempo: possibilità. Nelle due accezioni del termine: a) come la caratteristica di ciò che può esistere, realizzarsi, avvenire; b) come potere di fare e conseguire qualcosa.
In nessun altro periodo storico il concetto di possibilità ha goduto di una tale importanza. Ovviamente accettare l’idea di possibilità significa accettare il cambiamento continuo intorno a noi. O comunque vuol dire accettare la possibilità che il cambiamento avvenga.
Non è una questione di crescita della tecnologia, ma di disposizione mentale. Pensiamo a una mentalità favorevole all’uso della tecnologia per accrescere le possibilità umane. La possibilità è il fine, la tecnologia il mezzo.
Ora, il principale problema del nostro tempo è nel conflitto tra coloro che accettano l’idea di possibilità e coloro che la rifiutano. La domanda che ci si pone è la seguente: le possibilità dell’uomo sono finite o infinite?
Per capirsi, un ecologista risponderà che sono finite. La stessa tesi sarà sostenuta dal religioso. Uno scienziato invece parlerà di possibilità infinite. Un filosofo, uno storico, un sociologo, un economista suggeriranno di procedere pure avanti, ma con giudizio, dal momento che gli uomini sono portati ad autoingannarsi.
E la gente comune? Non ha un baricentro preciso, tende a oscillare da un estremo all’altro, dalla fede assoluta nelle possibilità umane, al pessimismo più nero. C’è chi crede nelle possibilità umane fino in fondo. Chi si ripiega su stesso. Chi si rialza e combatte, chi si tiene a galla, chi affoga. “Eppur si muove”, per dirla con una espressione attribuita a Galileo. Ci stiamo ovviamente riferendo alla società umana composta di miliardi di individui che interagiscono tra di loro, perseguendo fini particolari. Una realtà umana che a prima vista può apparire immobile e che invece si muove, muta, cambia. Così è stato, così sarà. Non esiste una “cristallizzazione” delle possibilità umane. Sono un farsi continuo: siamo davanti alle sempre cangianti acque del fiume eracliteo, per dire una banalità filosofica.
E la politica? Qui torniamo alla domanda iniziale, quali sono i veri problemi del nostro tempo? Si chieda alla politica. Perché è l’agenda politica a recepirli, fissarli in normative, implementando soluzioni. Andando però contro Eraclito. Ma anche contro Galileo. Si chiama cultura welfarista della fissazione ufficiale delle possibilità.
In realtà, la politica oscilla, senza un baricentro, come del resto la gente comune. La politica però nutre la pretesa di implementare, mettere in pratica. Sicché l’idea di possibilità si allarga e si restringe in base agli umori diffusi, mediati, per così dire, politicamente, e spesso tradotti in costosi servizi e istituzioni, che proprio perché tali, non tengono il passo, con una società eraclitea che al tempo stesso però si condanna alla ciclotimia: nel senso che è la stessa politica ad asserire, a giorni alterni, che l’uomo può tutto o niente
Prevale, insomma, un paralizzante clima di sbalzi umorali, indotto dalla politica, a proposito delle capacità individuali. Quindi delle possibilità dell’individuo. Un specie di mix, banalizzando, tra Eraclito e Schopenhauer…
Il vero problema del nostro tempo è quello di una politica che invece di fare un passo indietro, permettendo agli individui di interagire liberamente, ne fa due, tre, quattro avanti, interferendo e delimitando.
Il problema non è quello di decidere ciò che sia possibile o meno, addirittura una volta per tutte, ma di lasciar fare, lasciar passare, permettendo agli individui di decidere liberamente, di poter fare e conseguire, quindi esistere e realizzarsi.
Certo occorre giudizio. L’uomo come detto talvolta è portato all’autoinganno. Ma si tratta di un rischio che va accettato. Perché dove non c’è rischio, non c’è possibilità.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento