giovedì 18 gennaio 2024

Gramsci e Mussolini nemici dell’Italia liberale

 


Oggi su “La Verità” Veneziani corregge il tiro su Gramsci. “Pensatore importante”, che però definisce “un nemico dell’Italia”. La toppa sembra peggiore del buco.

Nemico dell’Italia, Gramsci, lo sarà pure stato. In nome però di un internazionalismo imperfetto, che negli anni Trenta, si convertì inevitabilmente in perfetto nazionalismo sovietico, sancendo così il predominio del partito comunista russo sui partiti comunisti di tutto il mondo, Italia inclusa.

Vendette della storia sulle utopie umane.  Però va riconosciuto che Gramsci a quel tempo era già nelle carceri di Mussolini, mentre Togliatti viveva a Mosca, ospite di Stalin.

Ecco, definire Gramsci “nemico dell’Italia”, significa essere rimasti inchiodati agli anni Trenta, alla frattura fascisti contro comunisti. In realtà fu solo una pseudo-frattura perché non impedì a Stalin di accordarsi con Hitler, scambiando l’Europa occidentale con la Polonia e i paesi baltici. Però non fu solo un atto di realismo politico. Fu qualcosa che nasceva dal comune odio profondo di Hitler e Stalin verso la liberal-democrazia. Che solo l’irrazionale fame di vittorie di Hitler riuscì a corrompere con l’invasione della Russia nel 1941. Ne seguì il "mors tua vita mea" di Stalin.

Certo nel 1939, al tempo del patto Molotov-Ribbentrop, Gramsci era morto. Però, si lasci da parte la polemica sulle targhe, sui pensatori da onorare a prescindere. In realtà, quel che sfugge a Veneziani, ideologicamente abbigliato come al tempo del cinema dei telefoni bianchi, è che se Gramsci era nemico di qualcosa, lo era della liberal-democrazia.

Gramsci era leninista (come lo era Stalin), disprezzava la democrazia parlamentare e le libertà “borghesi”, proprio come Mussolini, che a sua volta era ammiratore di Sorel (un Lenin di destra, più teorico che politico).

Sorel, Mussolini, Gramsci, Lenin, Hitler e Stalin, gli estremi politici si toccavano. Tutti uniti dall’odio verso la liberal-democrazia: il miracoloso punto di arrivo del razionalismo politico liberale. Un sistema  che invece a loro avviso andava cancellato.

Qui il nodo Gramsci. Del resto, se proprio si deve usare la categoria “nemico dell’Italia”, Mussolini, come deve essere definito un “amico dell’Italia”? Un dittatore, che oltre alla distruzione sistematica dell’edificio liberale, preziosa eredità del Risorgimento, perseguitò gli ebrei e gli avversari politici ( tra i quali Gramsci), si alleò con Hitler, portò l’Italia in guerra, anzi in due guerre, mondiale e civile? Lasciando dietro di sé solo macerie?

Su queste cose Veneziani tace.

Il vero problema di questa destra (quindi non solo di Veneziani), dalle profonde radici nella cultura irrazionale che innervò il fascismo, resta l’antico odio verso la liberal-democrazia, liquidata come il maldestro tentativo politico di sostituire alla spada del guerriero la penna dell’avvocato.

Certo, ora la destra è al governo. Ma negli ottant’anni precedenti ha dovuto mandare giù il boccone amaro del parlamentarismo, del libero mercato, del libero pensiero. In realtà, questa destra non si è mai integrata culturalmente. Odia la repubblica degli avvocati. Si leggano i libri di Veneziani, Buttafuoco, eccetera:  riciclano  quel bellicoso irrazionalismo che rimanda alle basi ideologiche del fascismo.

Insomma, concludendo, se Gramsci è un nemico d’Italia, i riciclatori dell’irrazionalismo fascista sono forse gli amici? Sì, come lo fu Mussolini…

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento