Sembra che Giovanna Pedretti, la ristoratrice umanitaria, si sia suicidata per una questione di onta sociale. Come può capire il lettore, riduciamo la questione ai minimi termini sociologici: ristoratrice umanitaria e onta sociale. Termini neutrali, che non racchiudono alcun giudizio di valore.
Umanitarismo: atteggiamento individuale di aiuto e comprensione verso gli uomini. Onta sociale: disonore avvertito dal singolo, a causa di un comportamento individuale ritenuto socialmente deprecabile.
Per quale ragione si sarebbe uccisa? Perché i “social” avrebbero messo in discussione la sua figura pubblica di ristoratrice umanitaria. Di qui l’onta sociale. Non entriamo nel merito della questione sulla falsità o meno del post omofobo, come pure delle polemiche destra- sinistra, eccetera, eccetera.
Una persona si è uccisa – come sembra – perché non ha retto alla pressione sociale. Terzo termine, sociologico, neutrale, con il quale si indica l’influenza che la società esercita sull’individuo modificando i suoi giudizi e comportamenti.
Riassumendo: umanitarismo, onta e pressione sociale. L’umanitarismo rinvia all’ altruismo, sentimento insito nell’uomo, come del resto l’egoismo. Quanto all’’onta e alla pressione sociale si può risalire alle società più antiche, in Oriente come in Occidente. Meccanismi ovunque presenti, sebbene con accenti diversi, in base all’intensità del controllo sociale sull’individuo. Massima in Oriente, minore in Occidente. Cina e Giappone non hanno mai conosciuto il diritto romano, né, almeno fino a un secolo fa, il diritto privato.
Che cosa c’è di nuovo nel suicidio di Giovanna Pedretti ? I “Social”? Gli “Influencer”? In realtà, si può ravvisare qualcosa di più profondo: la crisi di quell’individualismo che ha fatto grande il mondo occidentale.
Dietro la morte della ristoratrice si scorge l'opprimente profilo della società di massa, con il suo enorme potenziale di onta e pressione sociale veicolato attraverso atteggiamenti emulativi e reiterativi. Durkheim, in un celebre studio, uscito alla fine dell’Ottocento, scrisse del suicidio “anomico” prodotto dall’ assenza di norme e poteri sociali ( da “nomos” nel significato greco-antico di norma). Durkheim parlò di una tipologia di suicidio dettata dalla reazione dell’individuo alla crisi del legame sociale prodotta dal primo industrialismo.
In realtà, quando si parla di società di massa, si deve descrivere un fenomeno che nasce e si fonde nella Prima guerra mondiale. Durkheim non ne vide la fine. Contrariamente, alla sua pur eccellente sistematizzazione, il suicidio nella società di massa è un suicidio per eccesso di legame di sociale.
Si deve in particolare a Ortega y Gasset la teorizzazione, già negli anni Trenta del Novecento, dei guasti della società di massa, proprio nell’eccesso di socializzazione e non di individualismo: il “signorino soddisfatto”, l’uomo-massa, è un essere crudele, invidioso, conformista, ipersocializzato, viziato fino al parassitismo sociale. Inutile citare altri pensatori liberali, novecenteschi, gli ultimi difensori dell’individuo, tutti in sintonia con Ortega, tutti profeti inascoltati.
Pertanto nel caso di Giovanna Pedretti, per coniare un termine nuovo, si potrebbe parlare di suicidio “nomico”, nel senso di suicidio causato da un eccesso di poteri sociali. Quindi, ripetiamo, non da un’assenza di norme sociali. Ovviamente, come in ogni altra forma di suicidio, pesa anche l’equazione individuale. Argomento che però non è di nostra competenza.
Perciò fare la guerra ai “social”, agli “influencer” è perfettamente inutile. Se proprio di “guerra” si deve parlare, la si faccia alla “società di massa”. Insomma, “social” e “influencer” possono aver amplificato, ma non determinato. La radice del fenomeno è nella società di massa.
Concludendo, in una società di massa, che per giunta si autodefinisce umanitaria, quindi altruista, la peggiore accusa è quella di tradire le leggi dell’altruismo. A questo si aggiunga la pressione della società di massa. Sicché, probabilmente, a prescindere dalla verità o falsità delle accuse, Giovanna Pedretti, ristoratrice umanitaria, non ha retto. Ma, attenzione, ha ceduto non alla mancanza di legame sociale, ma a un eccesso di legame sociale.
Di qui, la natura “nomica” del suo suicidio.
Carlo Gambescia
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