Al di là delle singole misure, che il lettore può scoprire da solo (*), va denunciato che l’annuale DDL per il Mercato e la Concorrenza non aiuta la concorrenza ma la massacra, se ci si passa l’espressione. Perché, in buona sostanza è una legge a difesa del consumatore.
Si dirà, ma come, che c’è di più sacro della libertà del consumatore? In realtà, non è proprio così. Perché con la scusa di difenderlo si introducono, nei settori più diversi, fino alle bancarelle degli ambulanti, regole su regole che in realtà ingessano la concorrenza e penalizzano il consumatore.
Si rifletta. Il concetto di regola rinvia a regolamento, e quello di regolamento alla legge che lo prevede, e la legge che lo prevede impone obblighi, recepiti dai regolamenti, che costituiscono le regole.
Ogni nuova regola per le imprese è un costo. E i costi aggiuntivi sono scaricati sui prezzi. Sicché invece di difendere il consumatore, gli si rende la vita più difficile imponendo, per via indiretta, prezzi più elevati a causa di regole che, come si dichiara, dovrebbero invece rendere la sua vita più facile. Ma così non è, perché i prezzi lievitano e così vincolano le libere scelte del consumatore.
Il punto è che il mercato risponde alla logica dei prezzi mentre le regole alla logica giuridica. Il prezzo implica un’opzione (cioè un bene può essere acquistato o meno in base al rapporto qualità-prezzo), invece una norma implica un obbligo (cioè si deve ubbidire a un comando, punto e basta).
Quanto più in un sistema di mercato le norme sono sostituite ai prezzi tanto più si atrofizza il mercato stesso. Pertanto il concetto di tutela del consumatore attraverso le norme finisce per ottenere l’effetto contrario. Le buone intenzioni dei governi e dei parlamenti non bastano.
Si dirà, ma allora le norme sulla sicurezza del lavoro e sull’igiene pubblica? Sono costi, per quanto giustificati, che influiscono sui prezzi. Si tratta di stabilire, dal punto di vista del parlamento e del governo, fin dove ci si può spingere con l’attività regolamentatrice.
Il che però è molto difficile da stabilire. Perché un parlamento e un governo socialisti, come pure un governo socialmente conservatore, tutti e due diffidenti verso la libertà di mercato, spingeranno al massimo sul pedale della regolamentazione e della difesa del consumatore. Come però? Caricando, come detto, i costi sui consumatori. O peggio ancora sul debito pubblico, penalizzando due volte i consumatori, come consumatori e come contribuenti.
Naturalmente, poiché le nostre sono società, almeno ufficialmente ancora liberal-democratriche, si parlerà, gonfiando il torace, di difesa del consumatore e della libera concorrenza. La famosa foglia di fico. Di qui il DDL Concorrenza annuale, che rispecchia la scelta socialista-conservatrice, dell’Unione Europea, come pure dei vari governi europei, tra i quali quello italiano. Sono scelte regolamentative a cascata legate alla concessione di fondi pubblici europei e nazionali, come ad esempio il Pnrr. Un meccanismo infernale: finanziamenti pubblici contro regole. Difficile se non addirittura impossibile uscirne.
La cosa assurda è che si continua a parlare di concorrenza nello stesso momento in cui la si sopprime. Di qui le tragicomiche battaglie italiane ed europee sulla libertà dei venditori ambulanti, mentre ad esempio il settore energetico nel nostro paese resta nelle mani di un prepotente gigante pubblico come l’ Eni che spende e spande in autopromozioni, campagne di stampa e altro ancora.
Il consumatore lo si difende riducendo le regole, non aumentandole. Anzi tagliandole. Un eventuale decreto concorrenza, l’ultimo, anzi il finale, si dovrebbe comporre di un solo articolo: "I prezzi dei beni sono fissati dal mercato, nel senso della legge della domanda e dell’offerta".
E i furbi? Saranno messi fuori mercato da un cattivo rapporto qualità-prezzo. E i disonesti? Basterà il codice penale. Leggi penali, che guardano al caso generale, non al caso singolo. Su quest’ultimo interverranno i giudici. Non un parlamento e un governo che legiferano persino su bancarellari e bagnini.
Si tratta della scoperta dell’acqua calda. Eppure sembra così difficile capire.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.ansa.it/documents/1636051142145_concorrenza.pdf .
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