A volte ci sono frasi, pronunciate da un politico, che sono rivelatrici. Perché offrono, in un attimo, il compendio di una mentalità politica. Di un modo di approcciarsi alla realtà. Quindi anche di un disegno politico.
E qui, come esempio, si pensi alle parole pronunciate da Giorgia Meloni nel corso di un intervento televisivo, oggi celebratissimo dai giornali di destra (*).
Polemizzando con la sinistra a proposito di Marcello Degni, consigliere della Corte dei Conti e autore di un post critico verso il governo, nominato dopo una delibera del governo Gentiloni, Giorgia Meloni ha dichiarato di sentirsi
“colpita dal fatto che Schlein non abbia preso le distanze, con l’argomento che prima non c’era lei alla guida dei dem. A me chiedono conto di quello che faceva Mussolini, a loro non puoi chiedere conto di quello che il Pd faceva un anno fa, siamo seri…”.
Sul piano dei contenuti si noti la parificazione tra Mussolini e Gentiloni, tra un dittatore e un uomo politico democratico. Su quello dei toni, la ridicolizzazione dell’avversario, nel caso la Schlein, dipinta come incoerente, quasi un stupida o comunque una marionetta.
Si rifletta. Chiedere conto di Mussolini, dittatore e alleato di Hitler, a Giorgia Meloni che proviene da un partito neofascista, o che comunque non ha mai veramente fatto i conti con il fascismo, avrebbe perciò lo stesso valore (ammesso e non concesso l’errore attribuito al Partito Democratico) della nomina di un consigliere della Corte dei Conti che in un post esprime un' opinione personale in un contesto democratico.
Consiglio non richiesto. La Schlein sul punto dovrebbe replicare, proprio sottolineando questo aspetto: l’enorme differenza che passa tra il colpo di stato fascista, illegale e violento, e una legalissima nomina democratica. Senza considerare i vent’anni di feroce dittatura… Che tra l’altro non possono equivalere al post di Degni, magari scritto di getto in pochi minuti…
Dicevamo della natura rivelatrice di una mentalità politica. Di un disegno. Di che si tratta di preciso? Della normalizzazione del fascismo. Che può avvenire in due modi: o, modalità uno (manifesta), sostenendo l’idea che se è giusto parlare di Mussolini è anche giusto parlare di Gentiloni. Oppure, modalità due (nascosta), che non è necessario parlare né di Mussolini né di Gentiloni.
Nei due casi, il fascismo, anche quando non se ne parla, diventa una specie di patrimonio comune argomentativo. Un escamotage che lascia passare l’idea del fascismo come governo semidemocratico, durato più a lungo dei successivi governi repubblicani. O addirittura, si rilancia l’idea, che non dispiaceva a fascisti e comunisti, di un' Italia che avrebbe visto succedersi al potere uomini forti come Cavour, Crispi, Giolitti, Mussolini, De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti, Craxi, Berlusconi. Con ciliegina sulla torta, una donna forte come Giorgia Meloni.
Sotto questo aspetto, il presidenzialismo, patrocinato dall’estrema destra, ha un contenuto autoritario. Cripto-fascista, per ora. Pertanto, alla normalizzazione del fascismo si accompagna l’idea di formalizzare lo strapotere dell'Esecutivo sul Legislativo.
Nel suo intervento la Meloni ha detto altre cose. Ma la frase chiave è quella che abbiamo appena ricordato. In sintesi: Mussolini uguale Gentiloni. E non è poco…
Carlo Gambescia
(*) Qui il resoconto del “Giornale”: https://www.ilgiornale.it/news/politica/meloni-contro-tutti-ora-carte-do-io-lattacco-agli-agnelli-2272087.html .
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