Per la sinistra, Sanremo, come scrive oggi Giannini sulla “Stampa”, è il trionfo della “costituzione materiale”, dell’Italia in marcia, nonostante tutto, che cambia, tollera le diversità, eccetera, eccetera. Insomma, come la può immaginare un progressista.
Per la destra, come questa mattina osserva Veneziani sulla “Verità”, Sanremo è invece la rappresentazione canora e scenica della “settimana più conformista dell’anno” gestita, ovviamente dalla sinistra al caviale. Solito ritornello, meloniano e salviniano.
Ora Sanremo, non è né una né l’altra cosa. O se proprio si vuole, è tutte e due le cose insieme: dietro il Festival c’è la televisione di stato, pubblica per i puristi. Quindi il conformismo è in formato magnum, ma a gettone.
Quando governava il centrodestra, a Sanremo impazzavano Tony Renis, direttore artistico, nonché i cantautori leghisti che si esprimevano in ostrogoto. Ora, evidentemente, tocca al centrosinistra… Detto altrimenti, alla “costituzione materiale” di Giannini, che consiste nelle sviolinate al Presidente Mattarella. Tra l’altro gradite (per dirla con Manzoni, lo sventurato rispose…).
Per inciso, il non conformista Veneziani, al tempo del Cavaliere, scrisse di un Festival di Sanremo identitario. Sì proprio così: identitario.
Tra l’altro, per inciso, all’epoca, Veneziani, da raffinato studioso di Evola, era consigliere di amministrazione in quota centrodestra… Un modo come un altro di “cavalcare la tigre”.
Inutile perciò prendersela più di tanto. La televisione di stato è così. Come dicevano i nonni, attacca l’asino dove vuole il padrone. Del momento, naturalmente.
Il vero problema, mai affrontato dalla sinistra e dalla destra, è quello di andare oltre l’arcaica e autarchica logica della tv pubblica.
Come? Un taglio netto. Privatizzando un costoso carrozzone che serve il potere, e che quindi è veicolo di conformismo a colori (politici) alternati. Neppure vietato dal codice strada.
Battute a parte. Il vero conformismo è nel comune e interessato rifiuto delle forze politiche, a destra come a sinistra, di mettere la Rai sul mercato. E lasciare che se la compri il migliore offerente.
Tanto, peggio di così…
Buona domenica a tutti.
Carlo Gambescia
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