Le notizie di queste ore, come ovvio, sono frammentarie e imprecise, ma militarmente non può esserci partita tra la Russia al 2° posto nella graduatoria mondiale degli gli eserciti e l’Ucraina al 22° (*).
La Russia sembra aver puntato al bersaglio grosso: alla sconfitta e all’occupazione militare dell’Ucraina. Ovviamente non è ancora noto se l’occupazione sarà temporanea o meno. E se si procederà alla immediata rimozione dell’attuale presidente e all’ eliminazione, anche fisica, di qualsiasi altro ostacolo politico all’egemonia russa sull’Ucraina.
L’Occidente euro-americano, caratterizzato da un atteggiamento per metà passivo e per metà isterico, parla di sanzioni economiche durissime. Con più convinzione gli Stati Uniti, con meno l’Unione Europea, che dipende,e in modo rilevante, a differenza degli Usa, per le forniture di gas dalla Russia (45 per cento), come del resto l'Italia (40 per cento).
Va subito sottolineato che le precedenti sanzioni per l’occupazione della Crimea non hanno finora causato gravi danni sociali ed economici. Per quale ragione? La popolazione russa è abituata da sempre a tirare la cinghia e fare i conti, sopportando, con un basso tenore di vita e di consumi.
Permane naturalmente la debolezza costitutiva della Russia in non pochi settori. Ne indichiamo tre: 1) dipendenza dal settore degli idrocarburi, l’andamento del prezzo del barile, condiziona, di volta in volta verso l’alto o verso il basso l’economia russa; 2) instabilità finanziaria e deflussi di capitale; 3) volatilità del rublo e insufficiente livello degli investimenti pubblici e privati (**).
A fronte di questo quadro, un atteggiamento più fermo, e per tempo, dell’Ue, degli Stati Uniti, quindi della Nato, perciò sul piano militare, avrebbe costretto Putin a rivedere i suoi calcoli.
In realtà, l’Occidente, man mano che si sviluppava la crisi, soprattutto dopo l’occupazione della Crimea, non ha saputo appoggiare apertamente l’Ucraina, cooptandola nella Nato, né abbandonarla, altrettanto pubblicamente, al suo destino. Si è temporeggiato, non per ragioni strategiche, né tattiche, ma per pura incapacità politica di pensare la guerra.
In questo modo, si è permesso alla Russia di puntare sulla politica dei colpi di mano successivi (la prossima volta potrebbe toccare alle repubbliche baltiche… ), incoraggiata dalla passività chiacchierona e uterina dell’Occidente.
Sotto questo aspetto, la politica delle sanzioni economiche, frutto di una controproducente politica dell’indignazione (molte parole, pochi fatti), peggiorerà la situazione economica di tutti (in particolare dei più sfavoriti: russi ed europei), come pure i rapporti, già complicatissimi, tra Stati Uniti e Russia. Senza migliorare quelli con i paesi dell’Europa dell’Est che, dentro la Nato o meno, non possono non scorgere nel triste destino dell’Ucraina, anche simbolicamente, la sintesi perfetta, ripetiamo, dell’incapacità dell’Occidente euro-americano di pensare la guerra.
Purtroppo, in questa profondissima crisi, la differenza fondamentale tra la Russia e l’ Occidente è rappresentata dal pacifismo. Ossia dall’incapacità dei leader europei e americani di considerare la guerra come uno strumento normale della politica internazionale. Ecco cosa significa “pensare la guerra”. L’esatto contrario della vulgata pacifista che ritiene si possa abolire la guerra per legge.
Come in Italia, dove probabilmente facendo di necessità virtù, ci si nasconde, come i famosi porcellini del cartone di Walt Disney, dietro la casetta di paglia del rifiuto della guerra scolpito, come si proclama gonfiando il torace, nella Costituzione.
Putin invece continua a considerare la guerra come un fatto normale. Di conseguenza, ogni volta che l’Occidente si siede al tavolo delle trattative, si accomoda con un braccio legato dietro la schiena (se non due). Il che lo rende un partner inaffidabile, comunque poco credibile. E soprattutto una preda facile per chiunque continui a scorgere nella guerra la prosecuzione della politica con altri mezzi. Proprio come Putin.
Ciò non significa, come abbiamo visto, che il leader russo sia invincibile. La Russia ha i suoi punti di deboli, economici e sociali e forse pure militari. Inoltre, ogni espansione trova la sua soglia augustea, il punto limite, dopo il quale inizia la discesa, come provano il tracollo sovietico nel 1991 e il processo europeo di decolonizzazione, dopo il 1945, per citare esempi abbastanza vicini a noi.
Però, la questione è che c’è uno spazio temporale – di tempo storico – tra l’avvio del processo egemonico e il perseguimento della soglia augustea. Uno spazio che può essere storicamente più o meno lungo. Distinto, per così dire, dalle conseguenze dispotiche del caso: guerre, occupazioni, deportazioni, spoliazioni economiche, eccetera, eccetera.
Ora, quanto più si facilita al nemico il processo di conquista, tanto più si favorisce lo scatenamento dei suoi appetiti, dal momento che l’espansione del potere nudo, basato sulla pura costrizione, come nel caso di una conquista militare, trova un limite solo in un altro potere nudo di forza superiore. Non esistono vie di mezzo.
Si ripete, soprattutto da qualche secolo, anche nobilmente per carità, che il potere nudo può essere contrastato con il potere legale, con la forza del contratto, insomma dei trattati, intorno al tavolo, eccetera, eccetera.
Perfetto, allora, in queste ore, si provi a spiegarlo a Putin…
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.forzeitaliane.it/gli-eserciti-piu-potenti-al-mondo-classifica-aggiornata-2022 . L’Italia è all’11° posto.
(**) Per una rapida rassegna di questi aspetti si veda qui:https://www.infomercatiesteri.it/rischi_economici.php?id_paesi=88 . Sulla questione della dipendenza energetica europea e in particolare italiana si veda qui:https://www.avvenire.it/economia/pagine/che-succede-se-la-russia-chiude-i-rubinetti-del-gas-all-europa-e-all-italia ;
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