sabato 12 febbraio 2022

Riforma della magistratura: dalle “porte girevoli” alle “porte di servizio”

 


Marta Cartabia, per dirla alla buona, non ci ha mai convinto. Per carità, i titoli non le mancano: professore di diritto pubblico, già presidente della Corte Costituzionale, ora Ministro di Grazia e Giustizia, membro di una lista di associazione di giuristi, nazionali e internazionali, così lunga da far paura.

Eppure cadono le braccia. Si prenda una dichiarazione del genere, proprio di ieri (*):

“Sugli obiettivi della riforma, quale mettere un argine a ‘casi Palamara’ – ha detto la Guardasigilli – c’è unanimità di vedute in Parlamento, basterebbe misurare l’applauso al presidente Mattarella quando ha parlato della necessità della riforma”.

L’applausometro come fonte del diritto. Non è una cosa seria. Ma c’è dell’altro. Si legga il seguito: “I magistrati che entrano in politica per via elettorale o per via di incarico poi non possono tornare a svolgere funzioni giurisdizionali. La modifica di oggi introdotta in consiglio dei ministri è quella per cui per gli incarichi tecnici questo divieto, vale se l’incarico stesso dura almeno un anno”.

Ciò significa che “di fatto sarà vietato esercitare contemporaneamente le funzioni giurisdizionali, e quelle legate a incarichi elettivi e governativi (a livello nazionale e locale), come invece succede oggi. I magistrati che scelgono di presentarsi alle elezioni non potranno farlo nelle regioni in cui hanno esercitato la funzione di giudice o di pubblico ministero nei tre anni precedenti. Concluso il mandato elettorale i magistrati non potranno più svolgere alcuna funzione giurisdizionale, ma saranno collocati fuori ruolo presso il ministro della Giustizia o altre amministrazioni”.

Diciamo pure che si tratta del minimo sindacale. Non più porte girevoli ( il ritorno alle funzioni di giudice o di pubblico ministero) ma porta di servizio (trasferimento fuori ruolo al Ministero o altre amministrazioni).

In realtà, quando si parla di indipendenza della magistratura, se deve essere tale, al giudice che vuole diventare onorevole, va posta l’alternativa secca: o l’uno o l’l’altro. E per sempre. Per inciso, anche sull’anno di tolleranza per “incarichi tecnici” ci sarebbe da discutere ma sorvoliamo.

Insomma, sono scelte di vita. Come non si diventa giudici per caso, dal momento che serve una forte motivazione, per le stesse ragioni si entra in politica. Se se si saltella dalla magistratura al parlamento e viceversa, evidentemente, c’è un difetto di motivazione: qualcosa non va, o prima o dopo. Un debolezza di carattere. Mai dimenticare il lato psicologico di tutte le professioni vocazionali.

Ripetiamo, se si cambia, qualcosa non funziona. E in chi deve giudicare, funzione delicatissima, l’equilibrio dipende dal carattere: da ciò che è stabile, da quel che conferisce unità psichica alla persona. E il carattere non è forte o debole: o si ha o non si ha. E chi “saltella” eccetera, eccetera, non dà alcuna garanzia di equilibrio di giudizio.

Certo, i giudici, sono essere umani come tutti gli altri, con idee proprie. Quindi è giusto, se desiderano, che facciano politica. Anche perché, come si proclama, l’elettorato passivo (la capacità di ricoprire cariche elettive) è un diritto costituzionale, eccetera, eccetera.

Quindi sì, però cambiando professione.

Si rifletta. Se, come si pontifica, la magistratura deve essere indipendente, e se la politica, come si ripete, deve rinviare a motivazioni individuali autentiche, politica e magistratura devono essere due parallele destinate a non incontrarsi mai. O giudici o politici, forever. Quindi niente “porta di servizio” al Ministero della Giustizia.

Quanto all’escamotage del giudice, di ritorno dalla politica, assegnato “fuori ruolo ad altro ministero” resta quello che è: un ripiego dal punto di vista del diritto amministrativo per evitare possibili contenziosi, ad esempio di unificazione pensionistica della carriera nei riguardi di funzionari pubblici investiti di potere giudiziari, cioè i giudici, passati però ad altro incarico.

Concludendo, il nostro personale applausometro, per la professoressa Cartabia, resta fermo sullo zero.

Carlo Gambescia

(*) Qui altri particolari sulla “Riforma”: https://www.agi.it/cronaca/news/2022-02-11/giustizia-nuove-regole-porte-girevoli-elezione-csm-15589875/

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