domenica 20 febbraio 2022

Putin e la grassa e grossa tentazione Ucraina

 


Kamala Harris, vice di Biden, ha dichiarato che in caso di invasione dell’Ucraina la risposta dell’Occidente a Mosca sarà “precisa, dura e unitaria” e dai costi economici “significativi e senza precedenti”.

Putin invece conta proprio sulle divisioni dell’armata brancaleone euro-americana che timidamente affianca l’Ucraina sul piano economico.

Putin ha davanti a sé due modelli di intervento militare: quello ceceno e quello georgiano.

Il primo prevede occupazione totale e (probabile) successiva guerriglia; il secondo, occupazione parziale, ma sempre a seguito di una sconfitta sul campo dell’avversario, costretto, come il presidente georgiano, a fare le valige.

Putin, non teme le sanzioni economiche: 1) perché, la Russia, in termini di risorse, non è Cuba, e quindi può resistere benissimo fino a quando il mondo si sarà dimenticato dell’Ucraina; 2) perché le sanzioni possono essere usate, per rafforzare la coesione interna, e il suo potere sui russi, puntando sul nazionalismo e la sacra difesa dei beni e delle vite delle minoranze russofone.

Pertanto, come si può intuire, le minacce di Kamala Harris, con gli alleati europei che in ordine sciolto vanno e vengono da Mosca, non possono che provocare il sorriso di uomini di stato navigati come Putin, fedeli a una visione del realismo politico che non disdegna l’uso delle armi.

Perciò azzardiamo una previsione: Putin, anche questa la volta potrebbe farla franca. L’unica cosa difficile da prevedere resta la configurazione dell’Ucraina dopo l’invasione, che dipenderà dal modello scelto tra i due ricordati.

Esageriamo? Mai dimenticare il ruolo esclusivo, giocato nei conflitti, dalla forza militare, sul piano del portare a effetto la minaccia. E, nel caso dell’Ucraina, come in precedenti guerre tra la Russia e le ex repubbliche sovietiche (per semplificare), l’uso della forza militare, da minaccia, si è regolarmente tradotto in fatto: il che significa che la Russia non teme l’uso le armi. Per contro, l’Occidente euro-americano, ogni volta si è regolarmente tirato indietro.

Ricapitolando: Putin 1) non teme le sanzioni; 2) sa che l’Occidente, imbevuto di pacifismo e diviso, non reagirà militarmente. Di conseguenza, esistono fondate probabilità, sulla base dei precedenti, che Putin decida di attaccare. Dopo di che, secondo il modello scelto, eccetera,eccetera.

Ovviamente, l’ augurio è che le nostre previsioni siano sbagliate. Perché i conflitti, anche se localizzati, una volta iniziati, possono sempre riservare sorprese.

Va però anche rilevata la differenza tra il realismo politico di Henry Kissinger e quello (se così si può chiamare) di Kamala Harris e del presidente Biden. Realismi che, divergono, anche da quello di Putin.

Kissinger, non escludeva, il conflitto militare, ma lo ancorava alla teoria dell’equilibrio politico: mai avrebbe illuso l’Ucraina, sapendo di non poter prestare aiuto militare, proprio per non turbare l’equilibrio tra Stati Uniti e Russia nella sfera europea.

Invece Kamala Harris e il presidente Biden escludono a priori sia il concetto di equilibrio sia l’idea di conflitto militare: credono di poter difendere l’Ucraina, che continuano a illudere, esibendo la pistola d’ acqua delle sanzioni economiche e degli ideali democratici.

Putin, infine, sembra ignorare un fatto importante: che l’equilibrio tra Russia e Stati Uniti, quello delle due sfere in Europa, non è più quello dei tempi di Kissinger. Dal 1991, molta acqua è passata sotto i ponti: i confini si sono fatti più mobili.

Putin, sembra invece agire come se l’ equilibrio fosse stabile come un tempo. Del resto, i precedenti, legati all’inazione dell’Occidente euro-americano, incoraggiano Putin a puntare su soluzioni militari per difendere la propria sfera, un tempo definitiva oggi presuntiva.

Comunque sia, si può facilmente intuire che siamo davanti a un evidente squilibrio di forze, che crea un vuoto di potere, rappresentato dallo spazio ucraino. Una tentazione troppo grassa e grossa per Putin.

Carlo Gambescia

 

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