Viva
Mark Zuckerberg!
Maledetto mondo, ingrato. Tempi
duri per Mark Zuckerberg, uno dei più
geniali imprenditori, tra l'altro giovanissimo, dei nostri tempi. Un bellissimo esempio di individualismo non
protetto, libero e creativo. Ora invece tutti sembrano condannarlo. Eppure ha
inventato Facebook. Un bene immateriale di cui tutti ormai facciamo uso, quotidiamente e liberamente. Uno strumento di libertà, veramente prezioso.
Però, per apprezzarlo, ci si deve sentire liberi, di dentro, veramente. Dunque responsabili. E qui sorgono i problemi. Piccola
premessa.
Il
nodo fondamentale che la nostra società, ritenuta a torto (come vedremo) individualistica, non ha mai sciolto, è quello del collegamento tra libertà e responsabilità.
Ci spieghiamo subito.
Modernità,
certo, parola grossa. Tuttavia, al suo
interno, l’individuo, gode, storicamente, di uno statuto filosofico, (Umanesimo e
Rinascimento), religioso (Riforma), politico (Rivoluzioni inglese, americana e
francese). Detto altrimenti: una tradizione moderna che attribuisce all'individuo piena e consapevole libertà di decidere. Si chiama, libero arbitrio. Dunque, ufficialmente, si è dinanzi a un essere ritenuto perfettamente consapevole delle proprie libere scelte (e conseguenze).
Per farla breve, altro che fesso... Tutto bene allora? No. Perché, per contro, sul terreno della presuntiva "deresponsabilizzazione" (come ora vedremo), quindi del ritenere invece l’individuo un po’ fesso e un po’
vittima della società, si sono mosse, totalmente a proprio agio, le dottrine socialiste, socio-cristiane e totalitariste (comunismo e nazionalsocialismo
con a rimorchio il fascismo). Veri e propri "blocchi ideologici" ben felici di scaricare su una società ritenuta corrotta dal punto di vista di un'idea presuntiva di bene comune, le colpe aggiuntive di un individuo giudicato a priori pure fesso.
Questa
visione di un individuo, a rischio imbroglio, quindi bisognoso di tutele, ha impedito - il famoso nodo, cui accennavamo.. - all’individualismo di sviluppare tutta la sua potenza creativa. Una palla al piede, soprattutto per una società libera. E per statuto filosofico, come dicevamo.Quindi altro che trionfo dell'individualismo...
Ora
è verissimo che la società tende sempre a cristallizzarsi, come giustamente insegna la sociologia, imponendo
le proprie regole, che influiscono sui singoli. Ma una cosa è prenderne atto, stare a guardia dei fatti, insomma, un' altra trasformare concettualmente la
società in un "tutto" capace di determinare, regolarmente, le scelte della "parte", ossia dell’individuo. Un fessacchiotto, che, di conseguenza, come ritengono i "deresponsabilizzatori" di cui sopra, andrebbe difeso e protetto, da se stesso
e dalla società.
Se le cose stanno così, come commentare la vicenda dei “dati personali” “venduti” da
Facebook , non si sa bene ancora a chi, per
scopi, come dicono, politico-elettorali?
Siamo
davanti, soprattutto se guardiamo alle reazioni, a un classico caso di individualismo socialmente protetto, che
comprova, purtroppo, la schizofrenia di un individualismo, dimezzato, per così dire “a mezzo servizio”, imperfetto.
Infatti la stessa pubblica opinione che si
scaglia contro il "complotto" ordito contro l’individuo, per un verso inneggia quotidianamente alla libertà di
scelta e alle responsabilità che ne
conseguono per l’individuo. Per l’altro, sembra invece ritenere lo stesso individuo, incapace
di scegliere: un fesso che si fa
imbrogliare, quindi anche incapace di votare. Sicché si chiede l’introduzione di controlli e regole, dopo
processi, magari in piazza, dei
diabolici colpevoli. In primis, Zuckerberg, che invece andrebbe annoverato tra i
benefattori dell’umanità. Certo, ci guadagna, ma la sua invenzione ha messo tutti in contatto con tutti. E poi, come osservava Adam Smith, non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il
nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno per il proprio
interesse...
Insomma,
si reclamano, in modo contraddittorio, libertà e protezione dalla libertà... Evocando controlli che difendano, ripetiamo, l’individuo
da se stesso. E che nella fattispecie lo proteggano da Facebook, micro-personificazione di una macro-società,
quella in cui tutti viviamo, che ottunderebbe
le capacità di scelta, già mediocri, dell’individuo.
Ora,
se un individuo è capace di iscriversi a Facebook, si suppone, se il
termine individualismo ha un senso proprio, che lo stesso sia in grado di votare secondo il proprio libero arbitrio. E quindi di
infischiarsene, per così dire, della pubblicità politica, occulta o meno. Se invece, si
ritiene, come pare, che l’individuo, sia
costitutivamente un fesso, allora non saranno regole e regolette introdotte a
tamburo battente, per imbrigliare la società "corrotta", a impedire che un fesso si comporti da fesso, iscrivendosi a Facebook e
votando per il candidato che gli viene "ordinato" di votare.
Tertium
non datur. Viva Mark Zuckerberg!
Carlo Gambescia