mercoledì 14 marzo 2018

Il  libro di Aldo Maria Valli, 
giovedì 15 marzo la presentazione romana
Consigli di lettura



 

Nel recente romanzo  distopico di  Aldo Maria Valli, Come la Chiesa finì (Liberilibri) si rimprovera alla Chiesa di Francesco - sintetizzando -  la deriva buonista.  Valli, vaticanista del TG1,  non può essere definito  un tradizionalista, ma neppure un progressista.  Quel che egli  paventa  nel romanzo -  lo  svuotamento-travasamento del cattolicesimo in una religione mondiale dell’amore a supporto di una piatta società delle buone maniere -  rinvia, crediamo, a  un fenomeno di tipo sociologico, qualcosa, da osservare,  al di là del bene e del male.  Ovviamente, se si vuole realmente capirne il senso processuale. 
A cosa ci riferiamo?  A un processo preciso. Quale? Le istituzioni sociali (dagli stati alle chiese, dalle università alle imprese, dalla scuola alla famiglia)  rispondono a due criteri, uno ideale, uno utilitaristico.  Le istituzioni sono un impasto di idee e bisogni materiali. Se si preferisce - weberianamente -  di etica della convinzione e di etica della responsabilità.  Naturalmente, l’uno e l’altro criterio risentono dell’influenza dell’ambiente esterno, reazioni  che  seguono  una scala  reattiva che  va dal rifiuto alla condivisione. 
A che  punto della scala, per così dire,  si trova la Chiesa di Roma  guidata  dal  Pastore Francesco?  A un passo o due  dall’accettazione piena dei princìpi ambientali.  Dopo di che la Chiesa sarà un’organizzazione (criterio utilitaristico) simile, nelle idee (criterio ideale), ad altre istituzioni coeve (stato, impresa, scuola, famiglia).  
Non desideriamo entrare nel merito dei princìpi. Il lettore giudicherà secondo i propri valori. Quel che  però si può constatare è la  breve durata  del  processo di adeguamento istituzionale, che può essere fatto risalire alla morte di Pio IX,  passando, in seguito,  per l'attivismo sociale di Leone XIII fino a quello tecnologico di Pio XII e così via per giungere ai papi post-Conciliari. Quindi non solo Francesco.
L’Istituzione-Chiesa, nel suo insieme novecentesco, sembra aver mostrato scarsa impermeabilità (che cos’è un secolo e mezzo, o poco meno,  dal punto di vista storico?) alla penetrazione dei valori esterni, da quelli democratici ai sociali e scientifici. Semplificando, forse troppo: l'organizzazione sembra essere quella, ma al servizio di princìpi "altri", esterni.  Sulla bontà dei quali, ripetiamo, giudichino liberamente i lettori.
Secondo gli storici della Chiesa più attenti, soprattutto tra coloro che adottano una visione ciclica del rapporto apertura-chiusura al mondo, saremmo dinanzi  una fase aperturista alla quale potrebbe seguire una fase esclusivista   Nel Seicento, ad esempio, la Chiesa ribadì la sua diversità, nel Settecento, si aprì al mondo, nell’Ottocento si richiuse, per aprirsi di nuovo nel Novecento. 
Un simile schema, secondo altri storici, può  invece essere impiegato solo per i tempi moderni, dal momento che fino alla Riforma protestante, tra Chiesa e Mondo esterno, fu  la prima a sovrastare il secondo.  Quindi la ciclicità (apertura-chiusura), sarebbe un “prodotto” moderno. E anche questa è una tesi, da non sottovalutare. Resta inteso, che l'interpretazione sulla natura progressiva o regressiva dei processi qui ricordati rinvia ai valori condivisi dagli osservatori.  
Diciamo che l’interessante  lavoro  di Valli andrebbe letto anche alla luce di quanto abbiamo fin qui detto. “Luce” sociologica. 

Carlo Gambescia