Il libro di Aldo Maria Valli,
giovedì 15 marzo la presentazione romana
Consigli di lettura
Nel
recente romanzo distopico di
Aldo Maria Valli, Come la Chiesa finì
(Liberilibri) si rimprovera alla Chiesa di Francesco - sintetizzando - la deriva buonista. Valli,
vaticanista del TG1, non può essere
definito un tradizionalista, ma neppure
un progressista. Quel che egli paventa nel romanzo - lo svuotamento-travasamento del cattolicesimo in una religione mondiale dell’amore a
supporto di una piatta società delle
buone maniere - rinvia, crediamo, a un fenomeno di tipo sociologico, qualcosa, da osservare, al di là del bene e
del male. Ovviamente, se si vuole realmente capirne il senso processuale.
A
cosa ci riferiamo? A un processo
preciso. Quale? Le istituzioni sociali (dagli stati alle chiese, dalle
università alle imprese, dalla scuola alla famiglia) rispondono a
due criteri, uno ideale, uno utilitaristico. Le istituzioni sono un impasto di
idee e bisogni materiali. Se si preferisce - weberianamente - di etica della convinzione e di
etica della responsabilità. Naturalmente,
l’uno e l’altro criterio risentono dell’influenza dell’ambiente esterno,
reazioni che seguono
una scala reattiva che va dal rifiuto alla condivisione.
A
che punto della scala, per così dire, si trova la Chiesa di Roma guidata dal Pastore Francesco? A un passo o due
dall’accettazione piena dei princìpi ambientali. Dopo di che la Chiesa sarà
un’organizzazione (criterio utilitaristico) simile, nelle idee (criterio
ideale), ad altre istituzioni coeve (stato, impresa, scuola, famiglia).
Non
desideriamo entrare nel merito dei princìpi. Il lettore giudicherà secondo i
propri valori. Quel che però si può constatare è la
breve durata del processo
di adeguamento istituzionale, che può essere fatto risalire alla
morte di Pio IX, passando, in seguito, per l'attivismo sociale di Leone XIII fino a quello tecnologico di Pio XII e così via per giungere ai papi post-Conciliari. Quindi non solo Francesco.
L’Istituzione-Chiesa, nel suo insieme novecentesco, sembra aver mostrato scarsa impermeabilità (che cos’è un secolo e mezzo, o poco meno, dal punto di vista storico?) alla penetrazione dei valori esterni, da quelli democratici ai sociali e scientifici. Semplificando, forse troppo: l'organizzazione sembra essere quella, ma al servizio di princìpi "altri", esterni. Sulla bontà dei quali, ripetiamo, giudichino liberamente i lettori.
L’Istituzione-Chiesa, nel suo insieme novecentesco, sembra aver mostrato scarsa impermeabilità (che cos’è un secolo e mezzo, o poco meno, dal punto di vista storico?) alla penetrazione dei valori esterni, da quelli democratici ai sociali e scientifici. Semplificando, forse troppo: l'organizzazione sembra essere quella, ma al servizio di princìpi "altri", esterni. Sulla bontà dei quali, ripetiamo, giudichino liberamente i lettori.
Secondo
gli storici della Chiesa più attenti, soprattutto tra coloro che adottano una visione
ciclica del rapporto apertura-chiusura al mondo, saremmo dinanzi una fase
aperturista alla quale potrebbe seguire una fase esclusivista Nel Seicento, ad esempio, la Chiesa ribadì la sua
diversità, nel Settecento, si aprì al mondo, nell’Ottocento si richiuse, per
aprirsi di nuovo nel Novecento.
Un simile schema, secondo altri storici, può invece essere impiegato solo per i tempi moderni, dal momento che fino alla Riforma
protestante, tra Chiesa e Mondo esterno, fu la prima a sovrastare il secondo. Quindi la ciclicità (apertura-chiusura),
sarebbe un “prodotto” moderno. E anche questa è una tesi, da non sottovalutare. Resta inteso, che l'interpretazione sulla natura progressiva o regressiva dei processi qui ricordati rinvia ai valori condivisi dagli osservatori.
Diciamo
che l’interessante lavoro di Valli
andrebbe letto anche alla luce di quanto abbiamo fin qui detto. “Luce” sociologica.
Carlo Gambescia