La scomparsa di Frizzi
Ciao Fabrizio
Francesco
Alberoni ha dato una bellissima definizione dei protagonisti del mondo dello
spettacolo: “élite senza potere”.
Attori,
cantanti, conduttori, sono famosi, importanti, piacciono a tutti, però hanno fama ma
non potere politico, perché relegati in
un angolino del "sottosistema culturale", per seguire lo schema sistemico di
Parsons. E se qualcuno di essi riesce ad agguantare un briciolo
di potere, rappresenta la classica eccezione che conferma la regola.
Diciamo
allora che con la morte di Fabrizio Frizzi
se ne è andato un pezzettino, un bel pezzettino, quello della Tv, del "sottosistema culturale". Qualcuno,
ovviamente riderà, pensando che Gambescia riesce a infilare la sociologia
ovunque. In realtà, ero un suo ammiratore, mi piaceva come faceva televisione: stile,
garbo, rispetto per tutti, colleghi,
ospiti, concorrenti. E non solo.
Qualcuno
frettolosamente continua a paragonarlo a Corrado. Allo stesso Frizzi la cosa non dispiaceva. Però, per usare il metro
sociologico, non di Alberoni e Parsons ma del professor Bellavista riveduto e corretto, Frizzi, in realtà apparteneva a quella
categoria di persone che quando incontrano un vicino per le scale, in
prossimità dell’ascensore, salutano per primi, e tengono aperta la porta per
farsi elegantemente precedere. Corrado no. Altra specie: quella del salire in fretta, senza salutare nessuno, se non borbottando qualcosa, perché si vuole l’ascensore
tutto per sé.
Due persone, prima che conduttori, profondamente diverse.
Due persone, prima che conduttori, profondamente diverse.
Ciao
Fabrizio.
Carlo Gambescia